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Scontro Urso-Prodi, ministro: “Errore vendere Alfa Romeo alla Fiat”, l’ex premier: “Non si è documentato”

Botta e risposta tra il ministro Urso e l’ex presidente del Consiglio Romano Prodi sull’Alfa Romeo.
A cura di Annalisa Cangemi
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Botta e risposta tra il ministro delle Imprese e del Made in Italy Urso e l'ex presidente del Consiglio Romano Prodi sull'Alfa Romeo, e in particolare sulla scelta di venderla alla Fiat, nel 1986. Tutto è partito da una dichiarazione del membro del governo Meloni, che ieri, a margine del convegno del 38° convegno dei Giovani Imprenditori di Confindustria a Capri, ha detto: "Spero di poter dare buone notizie per quanto riguarda l'automotive italiano anche nella prossima settimana. Stiamo lavorando per recuperare la latitanza e gli errori dei precedenti governi che non intervennero in maniera significativa".

"Il grande errore della politica delle auto è quando il presidente dell'Iri di allora decise di vendere l'Alfa Romeo alla Fiat e non di accogliere l'investimento della Ford", ha precisato Urso. "Proprio per questo oggi in Italia abbiamo un'unica casa automobilistica mentre gli altri Paesi, come Francia, Germania, Polonia, ne hanno tre-quattro-cinque. Lì sta il grande errore della politica italiana e ha un nome e cognome: Romano Prodi".

Oggi l'ex premier Romano Prodi ha risposto alle critiche del ministro con una nota: "Sono stupito per la lapidaria sicurezza con cui il Ministro Adolfo Urso ieri, al convegno dei giovani imprenditori, ha deciso di attribuire a me la responsabilità del fatto che in Italia abbiamo una sola casa automobilistica a causa della mancata acquisizione dell'Alfa Romeo da parte della Ford. Sono quindi costretto a rinfrescare la memoria del Ministro su quel tratto di storia industriale del nostro Paese. Il mio obiettivo non è mai stato vendere alla Fiat l'Alfa Romeo: non sono mai stato un monopolista. Presi invece contatti con tutti i possibili acquirenti e solo la Ford si mostrò interessata. Le trattative, magistralmente condotte dai tecnici di Finmeccanica, approdarono ad una richiesta, da parte della Ford, di colloqui con me. Quando il loro piano fu pronto avvisai Alex Trotman, presidente di Ford Europa, che una volta reso pubblico tutti in Italia, sotto la spinta della Fiat, avrebbero reagito, dai sindacati ai sindaci agli imprenditori. E così fu. La Ford, nonostante questo, aveva deciso che non avrebbe offerto un solo dollaro in più. La Fiat si fece avanti mettendo sul tavolo più denaro e offrendo di comperare anche tutte le azioni, a differenza della Ford che, come aveva promesso, non rilanciò. A quel punto Finmeccanica non aveva alternative che vendere al miglior offerente, secondo gli obblighi di legge".

"La successiva gestione che la Fiat ha fatto dell'Alfa non ha raggiunto nessuno degli obiettivi proclamati, così come avevo previsto e l'Alfa ha perso continuamente quote di mercato. Questa vicenda è nota, è stata raccontata molte volte, riportata dalle cronache e da ultimo sul libro di Marco Ascione, edito da Solferino. Mi rammarico del fatto che il ministro non si sia preso un minuto per documentarsi e per rileggere quanto, anche dopo queste vicende, ho sempre scritto circa la sciagura italiana di avere una sola casa automobilistica che non ha evidentemente rispettato, nemmeno nel corso degli anni successivi, gli accordi sottoscritti con il Paese", ha aggiunto Prodi.

La replica di Urso

"Nessuna polemica con il presidente Prodi, allora presidente Iri di cui faceva parte anche Finmeccanica. Lui stesso sottolinea che quella scelta fu un grave errore che ha compromesso gli interessi nazionali sull'auto, perché non si dovrebbe mai cedere il competitore a quello che diventerebbe l'unico attore di mercato, di fatto monopolista", ha precisato in una nota il ministro delle Imprese e dela Made in Italy.

"Nessun altro Paese al mondo l'ha fatto. Persino la Francia, in cui lo Stato in diverse forme è azionista nella case automobilistiche, in Renault, in Peugeot e anche in Stellantis, ha mantenuto più concorrenti nello stesso mercato, come esistono in tutti i Paesi europei produttori di auto. In Germania, in Polonia, in Spagna, persino in Gran Bretagna, e ovviamente anche in Ungheria e Slovacchia la politica industriale è sempre stata accorta nel favorire la presenza di più produttori, tra loro in concorrenza", ha aggiunto Urso.

"Se poi aggiungiamo a questo che, anche nella scorsa legislatura, quando fu creata Stellantis, l'allora governo della sinistra preferì non proferir parola mentre gli altri attori garantivano i propri interessi nazionali, la storia è questa e non può essere riavvolta né smentita. Ora al lavoro, tutti insieme, per rilanciare l'automotive nel nostro Paese e consentirgli una piena riconversione industriale cogliendo la sfida della transizione elettrica, particolarmente impegnativa per l'indotto. Per farlo stiamo cambiando anche i dossier europei, come dimostra il regolamento sui veicoli leggeri e ancor più quello su euro 7 in cui è prevalsa la ragione sull'ideologia e quindi la posizione italiana. È un chiaro indirizzo di politica industriale, in Italia come in Europa, spero finalmente largamente condivisa".

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