Scontro tra Renzi e Calenda, quando si separano in Parlamento e quanti soldi rischiano di perderci
Già da qualche giorno Matteo Renzi ha annunciato che il divorzio tra Italia Viva e Azione – ormai netta dal punto di vista della comunicazione – arriverà anche in Parlamento. I due gruppi di Azione-Italia Viva alla Camera e al Senato, che fino ad ora sono rimasti uniti, si separeranno. Questo almeno ha detto l'ex presidente del Consiglio, ma la procedura probabilmente non sarà così semplice. In mezzo ci sono dinamiche politiche e anche economiche che potrebbero obbligare a prendere le cose con più calma.
Innanzitutto, il versante politico. Alla Camera, i problemi potrebbero essere pochi. Azione e Italia Viva possono formalmente separarsi e farsi ciascuno il suo nuovo gruppo. I deputati renziani hanno già scritto al presidente della Camera, Lorenzo Fontana, per comunicargli la loro intenzione di separarsi.
Al Senato, invece, gli esponenti di Iv hanno votato per cambiare nome al gruppo, in modo da convincere gli ex alleati di Azione ad andarsene. Come ha fatto sapere Renzi, il nuovo nome dovrebbe essere "Italia Viva-il Centro-Renew". A Palazzo Madama la separazione sarebbe più problematica per Calenda: infatti, i renziani sono sette e potrebbero formare un nuovo gruppo da soli. Invece Azione ha solo quattro senatori, e il minimo per formare un gruppo è di sei.
Perciò, i calendiani (con Calenda stesso) finirebbero nel gruppo misto. Dove, però, il presidente è Peppe De Cristofaro, di Alleanza Verdi-Sinistra. Non proprio uno schieramento in linea con Azione. Così ci sarebbe meno tempo per parlare in Aula, meno spazio in tv, meno strutture organizzative, meno visibilità politica in generale e anche meno fondi.
Il capogruppo di Italia viva Enrico Borghi ha già comunicato al presidente La Russa la scelta di cambiare nome. La Russa quindi avrebbe convocato i rappresentanti dei due partiti, la settimana prossima, per cercare di ricomporre la questione. Di fatto per il momento resta un gruppo unico anche al Senato.
Qui però entrano in gioco gli aspetti economici, e la contestazione di Calenda. Secondo il Corriere della Sera, il leader di Azione – che ha definito Renzi "infantile" – avrebbe fatto sapere ai suoi che il gruppo è formalmente suo, e quindi non intende lasciarlo: "Se ne dovrebbe andare via Matteo, non io. Ma non lo vuole fare perché teme di perdere il residuo del finanziamento della scorsa legislatura, 400mila euro. Eppure io gli ho anche scritto in un pezzo di carta che non gli toglierò quei soldi".
Anche la questione del cambio di nome non sarebbe pacifica, perché "per quel passaggio ci voleva l’autorizzazione dei due terzi dei senatori, che non c’è. Quindi per quanto mi riguarda il gruppo si chiama ancora Azione-Italia Viva-Renew Europe". Poi avrebbe lanciato una frecciatina a Renzi: "Io anche se decide di chiamare il gruppo “Il Riformista saudita” non mi muovo. Ho fatto anche ricorso e vediamo che succede".