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Scontro Conte-Grillo, cosa succede ora nel Movimento 5 Stelle tra votazioni e rischio scissione

Lo scontro tra Beppe Grillo e Giuseppe Conte apre allo scenario di una scissione nel Movimento 5 Stelle. La prima tappa, il primo passo verso una frattura sempre più ampia, potrebbe essere la votazione del comitato direttivo sulla piattaforma Rousseau, come indicato dal garante. Ma cosa succederà nei prossimi giorni e quali potrebbero essere le conseguenze di questo scontro tra i pentastellati?
A cura di Stefano Rizzuti
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Il rischio scissione è più concreto che mai, la frattura nel Movimento 5 Stelle dopo lo scontro tra Beppe Grillo e Giuseppe Conte appare difficilmente risanabile. Anche se nelle ultime ore è arrivato qualche segnale leggermente più distensivo rispetto ai giorni precedenti. L’assemblea della Camera e quella del Senato hanno fatto emergere la speranza dei parlamentari pentastellati di una mediazione che eviti la scissione. Un auspicio che deriva anche dai toni più concilianti dell’ultimo video di Grillo. Intanto i parlamentari chiedono di poter vedere ed eventualmente votare lo statuto messo a punto da Conte.

Grillo ribadisce di voler essere il garante del Movimento, così come era stato finora. “Il custode dei valori” e non un “padre-padrone”, dice lui. Che intanto fa ritornare il Movimento più vicino a Davide Casaleggio, rimasto alleato di chi dai 5 Stelle è uscito o è stato espulso di recente, come Alessandro di Battista. Dall’assemblea dei senatori viene fuori un documento nel quale si spera di trovare “una sintesi e una mediazione”. Mentre i deputati chiedono al Movimento di non dividersi e di valutare, comunque, lo statuto di Conte.

Il rischio scissione nel Movimento 5 Stelle

Nonostante le richieste di deputati e senatori, il rischio di una scissione è quantomai reale. Da una parte c’è chi non nasconde la sua vicinanza all’ex presidente del Consiglio, come Vito Crimi, ma anche gli ex ed attuali ministri Patuanelli, Bonafede, Fraccaro e D’Incà. Altri, invece, sono più critici verso Conte e sembrano stare dalla parte di Grillo: a loro si aggiungerebbero anche gli espulsi, come Barbara Lezzi e Nicola Morra. C’è anche chi, come Luigi Di Maio, non prende posizione.

Le possibili votazioni tra statuto e comitato direttivo

Altro scontro si è aperto ieri sulla votazione indetta da Grillo per l’elezione del comitato direttivo. Il reggente Vito Crimi sostiene che la decisione di Grillo impedisca “una discussione e una valutazione della proposta”, motivo per cui non concorda con questa scelta. Crimi sostiene anche che la votazione non possa avvenire sulla piattaforma Rousseau “poiché è inibita al trattamento dei dati degli iscritti al Movimento”. Da qui lo scontro con Grillo, che scrive a Crimi:  “Ti invito ad autorizzare, entro e non oltre le prossime 24 ore, la piattaforma Rousseau al trattamento dei dati”.

Lo scontro è aperto, con il garante che sostiene che Crimi sarà “ritenuto direttamente e personalmente responsabile per ogni conseguenza dannosa dovesse occorrere al Movimento”. Per Grillo, infatti, prima di votare su una nuova piattaforma “è necessario modificare lo statuto con una votazione su Rousseau”. Inoltre, spiega ancora, “l’unico autorizzato ad indire le elezioni” dell’organo direttivo è il garante, ovvero lui stesso. Grillo, quindi, insiste nel mettere ai voti l’organo direttivo su Rousseau, mentre dall’altra parte c’è chi ipotizza di ricorrere alla nuova piattaforma per una votazione. Idea, comunque, che al momento sembra da scartare.

Caos M5s, le conseguenze sull’alleanza col Pd e sul governo Draghi

Più a lungo termine ci sono poi due conseguenze indirette del possibile scisma a 5 Stelle. La prima riguarda l’alleanza con il Pd e il campo di centrosinistra largo che si sta creando in questi mesi. Il segretario dem, Enrico Letta, osserva con preoccupazione i tumulti interni del M5s. Anche per il timore che possano sfumare gli accordi elettorali chiusi per l’autunno, con l’intesa trovata su Napoli e sulla Calabria, dove a metterci la faccia è stato soprattutto Conte. Minori, invece, i rischi che l’accordo salti a Bologna, dove l’operazione non è stata condotta solamente dall’ex presidente del Consiglio come in Calabria, mentre a Napoli la garanzia potrebbe essere la firma di Luigi Di Maio.

La seconda conseguenza riguarda il governo Draghi: una scissione del Movimento potrebbe portarlo fuori dalla maggioranza. Tutti assicurano che nulla cambierà, ma in caso di scissione probabilmente non sarà così. Chi resterà fedele a Grillo, infatti, potrebbe chiudere qui la permanenza nel governo, che invece potrebbe essere sostenuto dall’area che fa riferimento a Conte, in caso di creazione di un nuovo progetto politico. In ogni caso la maggioranza non trema: anche senza il M5s i numeri sono solidi e il governo terrebbe senza problemi. Peraltro la rottura potrebbe arrivare solamente ad agosto, ovvero quando sarà scattato il semestre bianco e il ritorno al voto non sarà più in discussione. Un’eventuale abbandono, quindi, senza reali ripercussioni.

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