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Sci, ora le Regioni vogliono rimandare la partenza degli impianti e aprirli solo in zona gialla

Le Regioni hanno scritto una lettera ai ministri Speranza e Boccia per chiedere di far slittare la riapertura degli impianti di sci dal 7 al 18 gennaio: “Allo stato attuale si ritiene non ricorrano le condizioni tali da consentire iniziative e azioni programmabili per permettere l’apertura degli impianti il giorno 7 gennaio”.
A cura di Annalisa Cangemi
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Le Regioni hanno chiesto al governo di fissare al 18 gennaio la data per la riapertura degli impianti sciistici, invece del 7 gennaio come, era stato precedentemente previsto. La proposta è contenuta in una lettera inviata dal presidente della Conferenza delle regioni, Stefano Bonaccini, ai ministri Francesco Boccia e Roberto Speranza.

"Allo stato attuale – scrive Bonaccini – causa anche il recente andamento epidemiologico a livello internazionale che non ha agevolato l'assunzione delle necessarie decisioni, si ritiene non ricorrano le condizioni tali da consentire iniziative e azioni programmabili per permettere l'apertura degli impianti il giorno 7 gennaio".

"Pertanto – recita il testo della proposta – con senso di responsabilità e al fine di agevolare la validazione delle necessarie linee guida, quale documento indispensabile per l'avvio della stagione invernale, la Conferenza delle Regioni e delle Province autonome ha condiviso di sottoporre alle Vostre valutazioni la possibilità di ridefinire la data stabilita al 18 gennaio 2021 per l'apertura degli impianti nelle stazioni e comprensori sciistici agli sciatori amatoriali".

La richiesta arriva a pochi giorni dal 7 gennaio, data in cui, secondo l'ultimo dpcm sarebbe fissata la ripartenza degli impianti. Il Cts, nel verbale di una riunione che si è svolta prima di Natale, si precisava che "Una parte rilevante dei mezzi di risalita nei comprensori sciistici (in particolare cabinovie e funivie) presentano caratteristiche strutturali e di carico tali da poter essere assimilati in tutto e per tutto ai mezzi utilizzati per il trasporto pubblico locale (autobus, filobus, tram e metropolitane), rappresentando pertanto un contesto a rischio di aggregazione medio-alto, con possibilità di rischio alto nelle ore di punta in base alla classificazione del livello di rischio di contagio da Sars-CoV-2".

Il Comitato ha bocciato così il Piano che era stato presentato dai governatori delle regioni montane. Lo scorso 23 novembre infatti la Conferenza delle Regioni aveva approvato un insieme di regole, che sono state poi sottoposte al Comitato tecnico scientifico, per chiedere la riapertura degli impianti di risalita per lo sci dopo il 3 dicembre con specifiche linee guida anti Covid. Queste potevano essere sintetizzate così: capienza delle funivie al 50%, vendita degli abbonamenti online e mascherina obbligatoria a bordo. Poi il governo si era opposto a una ripartenza degli impianti prima di Natale. Adesso sono gli stessi presidenti delle Regioni alpine a chiedere prudenza, quando non più tardi di un mese fa spingevano per la riapertura, ritenendo che lo stop avrebbe messo in crisi un intero sistema, con un notevole danno economico, lavorativo e sociale per l’intero Paese.

Regioni chiedono di aprire gli impianti solo nelle Regioni gialle

"A seguito dei rilievi formulati dal Comitato Tecnico Scientifico nella riunione del 24 dicembre u.s., la Conferenza delle Regioni e delle Province autonome ha provveduto a riformulare le linee guida approvate il 23 novembre u.s., che trasmetto alla Vostra attenzione. In tale nuova riformulazione viene previsto che l'apertura degli impianti nelle stazioni e comprensori sciistici, potrà avvenire solo nella condizione in cui la Regione o Provincia in cui si colloca l'infrastruttura impiantistica sia collocata almeno nella cosiddetta zona gialla", continua la lettera.

"È conseguenza che se la Regione o Provincia autonoma si troverà in zona arancione o rossa gli impianti saranno chiusi agli sciatori amatoriali. Si ritiene che quest'ultima proposta, all'interno dello schema delle regole per la gestione della pandemia che caratterizza gli ultimi dpcm, possa configurare in maniera automatica, già conosciuta e strutturata una dinamica gestione delle aperture o chiusure sulla base dell'andamento degli indicatori di contagio".

"Considerato che la stagione invernale rappresenta una importante filiera economica dei territori dell'arco alpino e di montagna – continuano le Regioni – al fine di permettere ai vari attori economici e non, di organizzarsi al meglio per garantire la massima sicurezza agli ospiti e ai lavoratori del comparto, Vi chiedo che tali linee guida, siano validate dal Comitato Tecnico Scientifico entro il 7 gennaio p.v., affinché possano essere adottate e allegate al prossimo dpcm che entro il 15 gennaio sostituirà quello in scadenza".

Cosa chiedeva il Cts

Gli esperti del Cts hanno chiesto che si prendano misure per evitare le file agli impianti. Avevano dato il via libera all'occupazione al 100% delle seggiovie, "con obbligo di indossare la mascherina chirurgica o di comunità e il divieto di abbassare la calotta antivento ove presente". Nel caso in cui la seggiovia debba essere chiusa con la calotta antivento abbassata la capienza dovrà essere ridotta del 50% con obbligo della mascherina, come sulle funivie.

Mentre gli ski-pass, dovranno essere venduti solo su prenotazione, in modo da "consentire una gestione strutturata del numero di utenti che possono effettivamente accedere ai comprensori sciistici ed ai relativi impianti di risalita in ogni singola giornata, anche attraverso il coordinamento non solo (come già previsto) con i rappresentanti di categoria e le Autorità Sanitarie competenti, ma anche con i rappresentanti delle strutture ricettive".

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