Schlein toglie Piero De Luca da vicecapogruppo, è polemica: “Vendetta contro il padre”
Che sia un regolamento di conti o un cambio di direzione annunciato, l'elezione del nuovo Ufficio di presidenza del Partito Democratico alla Camera dei deputati ha fatto scoppiare un'altra polemica interna. I malumori arrivano principalmente da chi ha sostenuto Stefano Bonaccini alle scorse primarie, e ha visto nella "retrocessione" di Piero De Luca da vicepresidente a segretario – anche se con deleghe pesanti – una vendetta politica. Il deputato, figlio del presidente della Campania, ha usato toni durissimi per contestare la decisione di Elly Schlein. E al suo fianco si è schierato Lorenzo Guerini, leader di Base riformista.
"È chiaro a tutti che le logiche che hanno prevalso in questa vicenda, per quanto mi riguarda, non sono state fondate né su dinamiche politiche, né sulle competenze, né sul contributo al lavoro parlamentare, ma risentono di scorie ancora non smaltite delle ultime primarie – ha attaccato De Luca sui suoi social – Si è consumata una sorta di vendetta trasversale che non fa onore". Poi l'accusa diretta alla segretaria Schlein: "Forse ad alcuni di rafforzare il partito interessa davvero poco".
Durissimo Lorenzo Guerini: "Non accetto processi a un cognome – avrebbe detto l'ex ministro della Difesa durante il suo intervento in assemblea – È sbagliato trasformare questo passaggio nella ricerca di uno scalpo politico". Con lui non hanno partecipato al voto per eleggere il nuovo Ufficio di presidenza anche Marianna Madia – che ha parlato di "un'operazione punitiva e senza mordente" – e Enzo Amendola, che ha criticato la scelta di ridurre la quota di rappresentati eletti nel Mezzogiorno.
L'accusa nei confronti di Schlein è duplice: da un lato la vendetta contro chi ha sostenuto Bonaccini, dall'altra un segnale al presidente della Regione Campania, che non ha mai nascosto di non apprezzare la nuova segretaria del Pd. E questa mattina è arrivato anche il suo commento, affidato ai social: "In politica, come nella vita, non c’è nulla di più volgare dei radical-chic senza chic". Il messaggio è chiaro, così come il muro contro muro che si profila in Campania, dove dopo lo scandalo dei signori delle tessere Schlein ha deciso di commissariare il Pd.
E la polemica non finisce qui: tra i quattro vicecapogruppo c'è anche Paolo Ciani, del movimento cattolico Demos. Eletto con il Pd, ma fuori dal partito, a gennaio è stato l'unico del suo gruppo a votare contro il decreto Ucraina per confermare l'invio di armi a Kiev. Malumori che si sommano su altri malumori, insomma. La guida di Schlein non è in discussione, ma la spaccatura all'interno del Pd si fa sempre più evidente.