Scarpinato: “Nordio vuole magistratura controllata da politica, come chi criticava Falcone e Borsellino”
Il Senato sta per approvare la riforma della giustizia firmata dal ministro Nordio, o ‘ddl Nordio', che prevede diversi interventi: dall'abolizione del reato di abuso d'ufficio alla riduzione di quello di traffico d'influenze illecite, da regole più stringenti sulle intercettazioni e sulla custodia cautelare in carcere al divieto di fare appello per le sentenze di assoluzione nei confronti dei reati non gravi. Il voto finale a Palazzo Madama è atteso martedì 13 febbraio.
Roberto Scarpinato, ex magistrato e senatore del Movimento 5 stelle, è intervenuto più volte in Aula per criticare la norma, e soprattutto la cancellazione dell'abuso d'ufficio. In un'intervista a Fanpage.it, Scarpinato ha spiegato perché ritiene che il ddl Nordio faccia parte di una "politica classista" del governo, che protegge una visione del potere "per cui chi detiene l’autorità gode di un potere incontrollato in posizione di supremazia gerarchica sui cittadini".
Uno degli aspetti più dibattuti del ddl Nordio è l'abolizione del reato di abuso d'ufficio. Chi l'ha proposta dice che semplificherà la vita dei sindaci, cancellando la "paura della firma". Perché lei è fortemente contrario?
Dopo l’ultima riforma del 2020 il reato di abuso di ufficio non riguarda più l’attività discrezionale dei pubblici amministratori, ma si consuma solo in tre casi, che nulla hanno a che fare con la cosiddetta paura della firma, motivazione falsa addotta dalla maggioranza per giustificare l’abrogazione del del reato.
Quali sono questi tre casi?
Quando il pubblico amministratore intenzionalmente procura a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale violando specifiche regole di condotta espressamente previste dalla legge dalle quali non residuino margini di discrezionalità. Oppure quando viola l’obbligo di astenersi in presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto o negli altri casi prescritti. O, infine, quando intenzionalmente arreca ai cittadini un danno ingiusto per motivi di odio, di rancore, di ritorsione e altri motivi biasimevoli.
La maggioranza sottolinea che ogni anno migliaia di fascicoli di indagine sull'abuso d'ufficio, la grandissima maggioranza, vengono archiviati. Secondo lei il reato andrebbe perlomeno modificato?
Sono state fatte puntuali proposte di modifica del reato che non sono state prese in alcuna considerazione, perché questa maggioranza è in realtà intollerante nei confronti di tutti i controlli, siano quelli della Corte dei Conti, siano quelli dell’Anac, siano quelli della magistratura, siano quelli della stampa indipendente. Il manovratore non deve essere disturbato. Quanto ai fascicoli archiviati, in sede di audizione alla commissione Giustizia, abbiamo verificato grazie agli esperti che il tasso medio nazionale di archiviazione di tutti i procedimenti penali è del 62%.
Quello per l'abuso d'ufficio però è molto più alto. Perché?
Ha superato questa soglia perché nel corso del tempo ha subìto quattro modifiche che ne hanno via via ristretto il campo operativo. Ogni volta che il reato veniva modificato, si aveva un rialzo statistico delle archiviazioni e delle assoluzioni perché fatti che sino al giorno prima erano considerati reati, non lo erano più. L’ultimo picco statistico non a caso si è verificato nel 2021, perché nel 2020 il reato ha subìto un drastico ridimensionamento. A ciò si aggiunga che tanti cittadini non si sono ancora resi conto di questo cambiamento, e continuano a presentare denunce per abusi per atti discrezionali che vanno subito archiviate perché il fatto non costituisce più reato. In realtà le statistiche dimostrano che, dopo che il reato di abuso di ufficio è stato ridotto all’osso, cioè è stato limitato solo alle sue forme più estreme, si è registrato un progressivo e costante decremento numerico dei procedimenti definiti in giudizio.
Se non serve per aiutare i sindaci che effetto ha la cancellazione del reato?
Si rendono lecite tutte le dolose strumentalizzazioni del potere pubblico per finalità profittatrici, clientelari e nepotistiche del pubblico ufficiale e del suo gruppo politico. Si legalizza il conflitto di interesse, si privano i cittadini di ogni difesa contro abusi di potere per fini di vendetta e ritorsione. L’Italia scivola così al rango di quegli staterelli di democrazia incompiuta nei quali vige una concezione patronale tardo-feudale dell’esercizio del potere pubblico, per cui chi detiene l’autorità gode di un potere incontrollato in posizione di supremazia gerarchica sui cittadini. Si passa a un rapporto padrone-suddito.
Pensa che nel tempo sul ddl Nordio sarà chiamata a intervenire la Corte costituzionale?
Tutto ciò che ho descritto è in palese contrasto con l’art. 97 della Costituzione, che tutela il principio del buon andamento e della imparzialità della pubblica amministrazione. Ma anche con l’art. 54 che impone ai cittadini che svolgono funzioni pubbliche il dovere di adempierle con disciplina e onore, e con l’art. 24 che garantisce ai cittadini il diritto di agire in giudizio per la tutela dei loro diritti. Credo che non solo interverrà la Corte Costituzionale, ma che rischiamo una procedura di infrazione da parte dell'Unione europea, perché si violano anche le direttive dell'Ue in materia.
Allargando il discorso al ddl nel complesso, poche settimane fa ha detto che il ministro Nordio promuove una politica per "adeguare il sistema penale all’assetto classista della società". In che modo?
Le forze politiche che compongono l’attuale maggioranza governativa hanno un comun denominatore: l’avversione alla Costituzione del 1948, ai suoi valori basilari di uguaglianza dei cittadini dinanzi alla legge, al suo assetto dei poteri che si fonda sulla divisione e sul reciproco bilanciamento dei poteri, sulla centralità del Parlamento, sulla indipendenza della magistratura. Il ministro Nordio, nonostante dichiarazioni di facciata, condivide questa mancanza di affezione alla Costituzione e si è fatto promotore e interprete fedele di una politica classista caratterizzata da un doppio binario: pugno di ferro per i reati della gente comune e guanti di velluto per i colletti bianchi.
Perché l'intenzione sarebbe di "ricondurre l’ordine giudiziario sotto il controllo dei vertici politici", come ha detto lei in Aula?
Lo stesso ministro Nordio ha sempre dichiarato che secondo lui il potere di indagine dovrebbe essere sottratto ai pubblici ministeri, come prevede l’art. 109 della Costituzione, ed essere invece affidato esclusivamente agli organi di polizia che, a differenza dei magistrati, si trovano in posizione di subordinazione gerarchica nei confronti del governo.
Mi ricorda tanto coloro che accusavano Falcone e Borsellino di essere “giudici sceriffi” perché dando attuazione all’art. 109 della Costituzione, avevano assunto la direzione delle indagini, dando così, non a caso, una svolta decisiva al contrasto alla mafia. È significativo che questo tipo di critiche veniva dagli ambienti politici che temevano che il pool antimafia alzasse il tiro delle indagini anche nei confronti dei colletti bianchi, come poi avvenne con l’arresto dei potentissimi cugini Salvo, terminali politici insieme a Salvo Lima del potere politico del tempo. Arresto che diede avvio allo smantellamento del pool antimafia. È bene che queste storie del passato le ricordiamo, perché viviamo in una fase storica nella quale giorno dopo giorno rischiamo di tornare al nostro peggiore passato.
A ottobre disse a Fanpage.it che il governo Meloni stava seguendo un disegno per “mettere sotto controllo la magistratura, la libera stampa, chiudere tutte le voci di dissenso”. Anche il ddl Nordio rientra in questo disegno? Quale pensa siano i prossimi passi?
Il disegno è in piena fase di attuazione. I prossimi passi sono l’approvazione del premierato con la costruzione di una piramide che concentra tutti poteri in un solo vertice, mettendo in un angolo il Parlamento e il presidente della Repubblica, e la riforma della Costituzione per consentire al governo di mettere le mani anche sulla magistratura riconducendola sotto il suo controllo.