Scarcerazione dei boss mafiosi, governo impone richiesta autorizzazione a procura antimafia
Il Consiglio dei ministri dovrebbe approvare in serata il decreto contenente misure sulla riforma delle intercettazioni e sull’ordinamento penitenziario. Di fatto, questo provvedimento consentirà di rinviare l’entrata in vigore della riforma delle intercettazioni e, allo stesso tempo, cerca di rispondere al tema della scarcerazione preventiva di alcuni boss mafiosi, come avvenuto in questi giorni per esempio nel caso del boss Pasquale Zagaria. Il decreto prevede che la scarcerazione non possa avvenire senza prima un parere preventivo della Procura nazionale antimafia. Lo stesso decreto, inoltre, prevede le regole stabilite dal governo per l’utilizzo dell’app Immuni per tracciare i contatti delle persone contagiate da Coronavirus (qui tutti i dettagli).
Slitta l’entrata in vigore della riforma delle intercettazioni
L’articolo uno del decreto prevede la proroga dell’entrata in vigore della disciplina in materia di intercettazioni. La riforma sarebbe dovuta entrare in vigore il primo maggio 2020, ma si è deciso di rinviare questa data al primo settembre. Secondo quanto contenuto nella bozza del decreto, quindi, il termine slitta di qualche mese, evitando l’entrata in vigore durante il periodo di emergenza sanitaria tutt’ora in corso.
Scarcerazione boss mafiosi, servirà autorizzazione Dna
L’articolo due della bozza del decreto prevede che sia necessario richiedere il parere del procuratore della Repubblica del tribunale capoluogo del distretto per i casi di scarcerazione per alcuni reati. E, per i casi di persone detenute con il regime del carcere duro, il 41 bis, sarà necessario chiedere anche l’autorizzazione del procuratore nazionale antimafia. La scarcerazione non potrà essere concessa prima di 24 ore, salvo casi di eccezionale urgenza. Stesso discorso vale per l’applicazione della detenzione domiciliare, con la richiesta che va prima analizzata dalla Direzione nazionale antimafia.
Sulla questione è intervenuto oggi anche il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, durante il question time alla Camera: “Il governo risponde con i fatti e sia chiaro che non si tratta di sfiducia nei confronti dei giudici di sorveglianza che meritano rispetto e che in generale stanno facendo un lavoro importantissimo con grande sacrificio personale e impiego di energie. Si fa semplicemente in modo che il giudice abbia un quadro chiaro e completo della pericolosità del soggetto”.