Scarcerazione dei boss mafiosi, Cdm approva il decreto per farli tornare in prigione
Il Consiglio dei ministri convocato per questa sera ha approvato le nuove regole per la scarcerazione dei boss mafiosi. La novità principale contenuta nel decreto riguarda le verifiche, da effettuare 15 giorni dopo la decisione di scarcerarli, per valutare se siano ancora valide le motivazioni del provvedimento. In sostanza la norma vale per quei condannati per terrorismo, per mafia, o che comunque si trovino al 41 bis, a cui i magistrati hanno concesso la detenzione domiciliare. Il magistrato dovrà valutare la permanenza dei motivi che hanno portato alla scarcerazione entro 15 giorni dall’adozione della misura ed, eventualmente, se non ci fossero più le condizioni, ritirare il provvedimento. Poi un nuovo controllo avverrà con cadenza mensile. Inoltre, è possibile anticipare la valutazione del giudice nel caso in cui il Dap comunichi che sono disponibili strutture o reparti di medicina protetta idonei rispetto alle condizioni di salute del detenuto. La valutazione dopo 15 giorni permette soprattutto di verificare se le condizioni sanitarie legate all'emergenza Coronavirus e i conseguenti rischi siano mutati.
Secondo quanto prevede la bozza del dl il tribunale di sorveglianza, dopo la prima valutazione (quella dei 15 giorni) dovrà sentire il parere del procuratore distrettuale antimafia e del procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo con cadenza mensile. Il decreto approdato oggi in Consiglio dei ministri – e predisposto dal ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede – nasce dopo le polemiche scaturite dalla lista di boss anziani o malati che sono stati scarcerati a causa del rischio di contagio da Coronavirus in prigione.
Per i detenuti condannati in via definitiva o al 41 bis, la valutazione dovrà essere affidata al magistrato di sorveglianza che ha emesso il provvedimento: sarà lui a dover verificare se le condizioni sussistano ancora. Sulla base di quanto già previsto dal decreto del 30 aprile, i magistrati dovranno ricevere anche il parere della Direzione nazionale antimafia e delle direzioni distrettuali. Non solo, perché sarà necessario avviare anche un’interlocuzione con il Dap e con le strutture sanitarie presenti sul territorio per valutare eventuali soluzioni alternative alla detenzione e ai domiciliari. Nei casi dei detenuti in custodia cautelare le verifiche verranno svolte dal pubblico ministero, che avrà poi il compito di formulare la richiesta ai giudici competenti.