Scalfarotto si difende: “Rappresentati del popolo verifichino come lo Stato tratta criminali”
Il deputato del Pd, Ivan Scalfarotto, torna sulle polemiche provocate dalla sua visita in carcere ai giovani imputati per l'omicidio del carabiniere Mario Cerciello Rega. In rete era esplosa la bufera specialmente in seguito alle accuse di Matteo Salvini, che in un post su Twitter aveva scritto: "Il Pd va in carcere a verificare che il criminale americano non sia stato maltrattato. Non ho parole!". Scalfarotto decide quindi di rispondere, anche alla luce delle precisazioni dal segretario dem, Nicola Zingaretti, che oggi ha preso le distanze dall'iniziativa, commentando: "Quella di Ivan Scalfarotto è una sua iniziativa personale. Rientra nelle sue prerogative di parlamentare ma ripeto è una sua iniziativa non fatta a nome del Pd".
La posizione di Scalfarotto
Scalfarotto rimarca la sua posizione, definendo la sua iniziativa come "un’ispezione uguale a quella che ogni parlamentare ha diritto, e secondo me dovere, di compiere in tutte le carceri italiane, anche senza preavviso, perché è previsto dalle nostre leggi che i rappresentanti del popolo verifichino le condizioni in cui lo Stato tratta anche i criminali più efferati".
"La differenza tra la barbarie e la civiltà sta infatti in un principio che risale al 1200. Si chiama “habeas corpus” e indica che nessuna persona che si trova nella custodia dello Stato può essere punita in alcun modo se non in forza di un giudizio legale. È un principio che in Italia abbiamo custodito gelosamente ed che è profondamente parte della nostra cultura: “Siamo il Paese di Cesare Beccaria”, sentiamo spesso dire. È un principio che in questi mesi la maggioranza di governo ha indebolito inesorabilmente: promuovendo con grande successo l’idea che esseri umani possano essere lasciati a rischio di annegare in mare senza soccorso o siano abbandonati per settimane a bruciare al sole sul ponte di una nave. O rilanciando e plaudendo via Twitter a una foto certo non all’altezza del nostro paese: quella di un prigioniero, accusato di un gravissimo crimine, ammanettato e bendato. Una foto che purtroppo ha fatto il giro del mondo", commenta Scalfarotto.
Responsabilità politiche
Il deputato dem sottolinea quindi le responsabilità politiche di chi non deve cedere alle reazioni emotive dell'opinione pubblica: "Chi fa politica, se ci crede davvero, debba testimoniare i propri valori anche quando – anzi soprattutto quando – quei valori sono impopolari", afferma. Poi chiarisce rispetto al suo partito: "È la mia posizione personale. Non la posizione del Partito Democratico o del gruppo PD alla Camera, lo voglio dire con chiarezza, anche se auspico che la mia comunità voglia restare presidio inossidabile e saldissimo di questi valori, senza cedimenti, anche in questi tempi così bui e complicati. Che la salvaguardia dello Stato di diritto non sia mai, mai, messa in secondo piano per motivi di opportunità politica: farei fatica a raccapezzarmi".
Torna quindi sui termini utilizzati per descrivere la vicenda, specificando che non si è recato al Regina Coeli per visitare qualcuno, ma per "verificare che la Repubblica Italiana sia ancora quella che sta scritta nella Costituzione". Definendo quindi il suo come un "gesto politico", Scalfarotto afferma di poter testimoniare che "la nostra polizia penitenziaria sta svolgendo il proprio lavoro con la straordinaria professionalità e dedizione che ha da sempre, nonostante la carenza di risorse, il sovraffollamento, e la vetustà delle strutture". Una situazione per cui, prosegue, "l’Italia ha tutte le risorse e le caratteristiche perché il terribile omicidio che è stato commesso sia giudicato e punito qui e non all’estero. Nonostante le destre, siamo ancora un paese i cui standard di civiltà non temono alcun confronto".
Le reazioni online
E conclude: "Un’ultima cosa, ora, la più importante di tutte. Molti mi hanno chiesto se sono andato a trovare la vedova di Mario Cerciello Rega. La risposta è che no, non l’ho fatto, per discrezione e rispetto. Perché non penso che tutti i politici di ogni ordine e grado debbano sempre dire una parola su tutto o imporre la propria presenza in ogni caso – il più delle volte un silenzio composto è più rispettoso e vero di mille parole di circostanza. Certo non perché non vorrei poter portar loro la mia solidarietà, la mia costernazione e la mia profonda gratitudine per il servizio che Mario ha reso al Paese".
Al lungo post, il deputato dem allega quindi una serie di messaggi che ha ricevuto, "il cui tenore si può facilmente immaginare", con un appello al ministro Salvini:"Devo dire al Ministro e ai suoi comunicatori che la politica dell’intimidazione non funziona con tutti e che, per quanto mi riguarda, fatta una scelta sono disponibile a discuterla nel merito, anche a cambiare idea, ma certo non a rinnegarla per paura di attacchi organizzati di questo tipo".