"Nell'era dell'irresponsabilità, l'Italia è diventata il paradiso delle bolle di sapone. E del pensiero magico che le fa volare in alto". Così Curzio Maltese, nel suo "La Bolla", raccontava il berlusconismo ed il trionfo politico e culturale di Silvio Berlusconi (ovviamente nell'ottica della "psicopatologia di una nazione"). Una considerazione che, nel vortice delle dichiarazioni, dei commenti, delle analisi sulla decadenza di Berlusconi dalla carica di senatore, continua ad essere cruciale, spiazzante. Il punto è infatti questo: noi siamo ancora quel Paese, il Paese delle bolle di sapone.
Per vent'anni Berlusconi, come ci racconta il direttore Piccinini, ha tenuto in scacco il Paese, interpretando meglio di tutti quel gioco delle parti che vedeva gli italiani alla costante ricerca di bisogni da soddisfare, nemici da individuare, speranze da coltivare e sogni da rimpiangere. E lui stesso è stato sia l'italiano per eccellenza, nel suo risvolto caricaturale e grottesco da eterno "signor Bonaventura in vacanza", che il fabbricante di bisogni indotti, il manipolatore. Burattino e burattinaio al tempo stesso, insomma.
Ma non basta, perché il Cavaliere non ha solo garantito la sopravvivenza del "suo" fronte prima al furore di Tangentopoli, poi agli anni della mobilitazione civile ed infine a quelli della crisi economica (fornendo un riparo sicuro alla borghesia imprenditoriale, ai notabili, ai colletti bianchi e anche a tante tonache, grazie al sostegno dei ceti meno abbienti e delle fasce meno scolarizzate del Paese). Berlusconi ha determinato anche la conformazione della sua controparte politica, prima attraverso una contrapposizione sostanziale, poi sotto la forma di un discutibile consociativismo, infine secondo un vero e proprio rapporto osmotico e di mutua assistenza. Del resto, era tutto abbastanza prevedibile, perché il berlusconismo aggredisce concettualmente alcuni "valori" della sinistra in modo del tutto singolare: come un virus che non attacca le radici di un organismo, ma ne modifica inesorabilmente i tratti esteriori. Scriveva Michele Serra qualche anno fa: "Il berlusconismo riassume così perfettamente ciò che le persone di sinistra non sopportano (ricchezza offensiva, ignoranza del limite, spregio per la cultura, clericalismo in campo etico e classismo anticristiano in campo sociale, più il resto che non sono spiccioli) da rendere ovvia la speranza che prima o poi questo momento deprimente e pericoloso della storia italiana finisca".
E sulla speranza che "prima o poi" questo momento sarebbe finito gli oppositori di Silvio hanno impostato "pensieri, parole, opere e (o)missioni". Ci hanno costruito carriere, edificato patrimoni, giustificato errori, basato intere piattaforme programmatiche. Dimostrando di saper fare poco altro (e sarà anche qualunquista come discorso, ma me lo concederete). E sostanzialmente replicando con le stesse armi, reagendo con gli stessi argomenti e finendo con il meravigliarsi ogni volta se la gente tra la copia e l'originale preferisse inesorabilmente quest'ultimo (pur nella necessaria considerazione di un percorso condito anche da cocenti sconfitte elettorali). Insomma, se un uomo del genere è stato in grado di incidere così profondamente nella società italiana, a tutti i livelli, la "responsabilità" è comune. E l'aver ratificato una decadenza scontata non depone affatto a favore di chi per anni si è nutrito delle briciole del berlusconismo. Ne soprattutto è una indulgenza plenaria per chi ha ridotto il Paese in questo stato.
Ma soprattutto l'aver estromesso Berlusconi dal Parlamento, decadenza che (ironia della sorte) avviene proprio grazie ad una legge votata dallo stesso Berlusconi, non cancella il dubbio che questo sia ancora il Paese pronto ad innamorarsi di una nuova bolla di sapone e del pensiero magico che la fa volare in alto. La nostra epoca, come dice Virno, è quella del “cinismo, dell'opportunismo e della paura” e fino a che non ci libereremo di una zavorra concettuale e di una propaganda strumentale tese al mantenimento dello status quo, dobbiamo arrenderci al bisogno di una guida, di un leader che si faccia carico di ansie, bisogni e paure e che avalli la sospensione del giudizio sui nostri istinti più bassi. Abbiamo bisogno di "un" Berlusconi e lo sappiamo bene, è questa la considerazione più angosciante. E che rende davvero beffardo lo scacco matto al Cavaliere.