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Saviano vince in tribunale, definì il ministro Sangiuliano “galoppino” di un referente della camorra

L’attuale ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, denunciò Saviano nel 2018. Lo scrittore aveva detto che Sangiuliano era stato il “galoppino” di Nicola Cosentino, ex esponente di Forza Italia condannato in quanto referente della camorra. Il tribunale di Roma ha stabilito che non ci dovrà essere un risarcimento.
A cura di Luca Pons
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Roberto Saviano non dovrà risarcire il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, che l'aveva denunciato per un post del 2018. La sentenza di primo grado del Tribunale civile di Roma è arrivata oggi e ha stabilito che "non si dispone di alcun criterio per procedere a una liquidazione del danno lamentato", dato che Sangiuliano si è "limitato ad alludere al danno alla propria immagine e reputazione", ma in realtà "non sembra avere avuto ripercussioni nel proprio ambito professionale e sociale tenuto conto del fatto che all'epoca della pubblicazione dei post era direttore del Tg2, mentre nell'attuale governo è stato nominato ministro della Cultura".

Insomma, Sangiuliano ha detto che le parole di Saviano avevano rovinato la sua reputazione, ma la sua carriera professionale – giunta fino alla nomina a ministro del governo Meloni – ha smentito questa ipotesi. Anche per questo, la giudice Silvia Albano ha rigettato la richiesta di risarcimento.

Il commento di Saviano: "Meloni non ha niente da dire?"

Roberto Saviano ha risposto sui social con un nuovo post: "Non dicevo il falso quando riconoscevo anche Nicola Cosentino (ex politico condannato per i rapporti con il clan dei Casalesi, ndr) tra i padrini politici di Gennaro Sangiuliano e tra gli artefici delle sue fortune. Giorgia Meloni non ha nulla da dire al riguardo? Temo che nessuno chiederà conto a Meloni della sua vicinanza politica a chi ha portato la camorra al governo, una vicinanza per la quale provo disgusto".

Saviano ha concluso: "Il cerchio si chiude: sono sotto scorta perché minacciato dal clan dei casalesi e sotto processo perché la premier, che con il referente del clan dei casalesi è stata al governo (nel 2008, quando era ministra della Gioventù e Cosentino era sottosegretario, ndr), ha deciso di querelarmi e costituirsi parte civile. Inutile domandarsi perché questo governo non abbia ancora attivato la Commissione parlamentare antimafia… Sarebbe una domanda retorica. Provo pietà per il nostro Paese e un profondo disgusto perché tutto questo sembra ormai essere la nostra normalità".

Perché Sangiuliano aveva denunciato Saviano

La denuncia per diffamazione era legata a un post del 31 ottobre 2018, quando Sangiuliano fu nominato direttore del Tg2. In un post su Facebook, l'autore definì Sangiuliano "galoppino di Nicola Cosentino", ex sottosegretario del governo Berlusconi recentemente condannato in via definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa, in quanto referente del clan camorristico dei Casalesi.

Sangiuliano, come detto, aveva denunciato Saviano chiedendo che risarcisse i danni, parlando appunto di un danno d'immagine e di reputazione. Per il Tribunale di Roma non ci sono gli estremi per la diffamazione perché "non può considerarsi un fatto falso". In più, come detto, non è stato possibile individuare quale danno avrebbe subito l'attuale ministro. L'ipotesi portata avanti da Sangiuliano era che le parole di Saviano avessero collegato il ministro a "esponenti politici coinvolti in diverse inchieste giudiziarie nell’ambito della criminalità organizzata" e avessero messo in dubbio la legittimità della sua nomina a direttore del Tg2.

Tuttavia, la giudice ha riconosciuto a Saviano il diritto di critica, "garantito dall’articolo 21 della Costituzione, pilastro dello stato democratico e della effettiva possibilità per il popolo di esercitare la propria sovranità anche in ordine al controllo del potere politico in tutte le sue manifestazioni". La critica di Saviano è stata "senz'altro sferzante" e i suoi "giudizi politici" sono stati "aspri e pungenti", ma comunque parte "del diritto di libertà di manifestazione del pensiero".

La risposta dell'avvocato di Sangiuliano: "Saviano privilegiato rispetto ad altri italiani, faremo ricorso"

Silverio Sica, avvocato del ministro Sangiuliano, ha replicato: "La sentenza, lo dico ironicamente, è istruttiva perché dice che si può parlare di ‘galoppino' senza recare offesa, in quanto il termine sarebbe una critica politica aspra, pungente ma consentita e tutte le connotazioni negative scompaiono". Per l'avvocato, "sembra che a questo proposito Saviano goda di un privilegio rispetto ad altri italiani. Abbiamo chiesto specificamente al giudice di verificare un pregresso in merito ai rapporti tra il ministro e Nicola Cosentino, che non solo non erano cordiali ma di ostilità, e questo non è stato fatto. Viene dato come fatto notorio che Sangiuliano fosse in continuità con Cosentino, fino alla definizione di ‘galoppino', e non è stata ammesso come prova il fatto di aver chiesto di dimostrare con una missiva che al contrario il rapporto era di malanimo".

Il risultato del processo, quindi è "infondato ed offensivo", ha concluso Sica. "Per questo andremo in appello, sperando di trovare un giudice meno disponibile a spingere il diritto di critica fino alla definizione di galoppino".

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