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Satnam, Pierpaolo, Mirko: tanta rabbia e poi? Fra qualche giorno sarà tutto come prima

Contro le morti sul lavoro l’indignazione non basta e le dichiarazioni patriottiche di Giorgia Meloni neppure: il problema è strutturale e riguarda la violenza cristallizzata nei rapporti di forza, dal precariato all’approccio repressivo sulle politiche migratorie.
A cura di Roberta Covelli
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Pierpaolo Bodini, 18 anni, è rimasto ucciso, schiacciato da un mezzo agricolo nei campi del lodigiano. Nelle stesse ore, a Sesto Calende, in provincia di Varese, un diciannovenne è incorso nello stesso infortunio: è sopravvissuto, con fratture al bacino e al femore. L’indomani, a Cividale Mantovano, Mirko Schirolli, 35 anni, è morto risucchiato da un macchinario. Sullo sfondo c’è il caso di Satnam Singh, con elementi di crudeltà criminale così lampanti da stimolare l’indignazione di chiunque. Sul punto è intervenuta pure Giorgia Meloni: "Sono atti disumani che non appartengono al popolo italiano, e mi auguro che questa barbarie venga duramente punita".

La dichiarazione della Presidente del Consiglio, con un retrogusto di propaganda patriottica sugli italiani brava gente, rivela l’ulteriore dramma dietro queste tragedie: la violenza sul lavoro non è un’emergenza, è un fenomeno strutturale e cristallizzato, verso il quale l’indignazione non basta. E la punizione, sempre che arrivi, non resuscita nessuno: per la sicurezza serve prevenzione, non propaganda.

Meno ispezioni, più precariato: il mondo del lavoro non è sicuro

Tra qualche giorno di Satnam Singh non si parlerà più: ci saranno altre notizie, altri fatti da commentare, altra rabbia da indirizzare verso le ingiustizie del mondo. Certo, il caso di un lavoratore sfruttato, in nero, amputato da un macchinario, privato d’ogni tipo di soccorso e abbandonato agonizzante senza un braccio sembra condensare ogni torto, stimolare profonda e giusta indignazione, ma anche la ricerca di rassicurazioni: "non appartengono al popolo italiano", garantisce Meloni. E invece appartiene al popolo italiano la scelta degli ultimi governi di investire sempre meno in sicurezza sul lavoro: secondo i report dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro, negli ultimi otto anni il totale annuale di ispezioni e accertamenti si è più che dimezzato, passando dai 221.476 del 2014 ai 100.192 del 2022. Già nel rapporto del 2016, presentando il dato complessivo di ispezioni e accertamenti, gli ispettori si consolavano definendo il dato come "particolarmente positivo se si considera la fisiologica diminuzione del personale di vigilanza che da tempo interessa gli Uffici territoriali".

A questo deve aggiungersi un panorama lavorativo sempre più precario: davvero, sotto la minaccia del licenziamento (e senza più sanzioni effettive e dissuasive), i lavoratori hanno la forza di richiedere i propri diritti e pretendere le giuste tutele?

La manodopera invisibile: come la propaganda contro l'immigrazione favorisce lo sfruttamento

Alla violenza strutturale della legge del più forte, che si impone sul mercato del lavoro, specie quando chi dovrebbe controllare non ha i mezzi per farlo, s’aggiunge un’altra violenza cristallizzata.

Un’intera fetta di popolazione, in Italia, deve accettare condizioni di lavoro al limite della schiavitù, spesso in nero: lavoratrici e lavoratori stranieri, anche in possesso di permesso di soggiorno, devono tenersi stretto il proprio impiego, per quanto umiliante possa essere, per conservare il titolo per restare nel paese o per non essere denunciati e rimpatriati, qualora il titolo non l’abbiano ottenuto.

Questa violenza è confermata, quasi inconsciamente ribadita, dalle dichiarazioni del governo delle ultime ore, con la sbandierata concessione da parte del Viminale del permesso di soggiorno alla vedova di Satnam Singh: se un titolo legale fosse stato garantito prima, a lei e al marito, non sarebbero stati degli invisibili, costretti a subìre lo sfruttamento di gente senza scrupoli. Forse Satnam Singh sarebbe ancora vivo, un numero in meno nella contabilità mortale degli infortuni sul lavoro.

Se il soccorso negato (anzi, impedito) a un lavoratore agonizzante è una barbarie che non appartiene al popolo italiano, sono invece rivendicate, anche dal governo Meloni, le scelte in materia di immigrazione degli ultimi decenni. Sono politiche che rispondono a una logica miope, emergenziale e repressiva, che ha favorito e favorisce lo sfruttamento, tanto degli stranieri quanto degli italiani: i primi, invisibili e ricattati, sono preda degli sfruttatori, i secondi sono vittime della involontaria concorrenza sleale della manodopera straniera a basso costo.

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Nata nel 1992 in provincia di Milano. Si è laureata in giurisprudenza con una tesi su Danilo Dolci e il diritto al lavoro, grazie alla quale ha vinto il premio Angiolino Acquisti Cultura della Pace e il premio Matteotti. Ora è assegnista di ricerca in diritto del lavoro. È autrice dei libri Potere forte. Attualità della nonviolenza (effequ, 2019) e Argomentare è diabolico. Retorica e fallacie nella comunicazione (effequ, 2022).
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