Per settimane, anzi mesi, si è cercato di far passare quello di domani come il giorno della verità per il Porcellum e in effetti, salvo rinvii o stralci, la tanto controversa legge elettorale dovrà passare al vaglio della Consulta, chiamata in causa dalla Cassazione per possibili eccezioni di costituzionalità. In realtà, e vedremo perché, resta forte il sospetto che questa data sia stata utilizzata a mo' di spauracchio per provare in qualche modo ad esercitare pressioni sul Parlamento affinché affrontasse finalmente la questione del superamento della legge elettorale vigente. In maniera del tutto inefficace, tra l'altro.
Lo strano percorso con cui si è arrivati a questa data è ben ricostruito da Paolo Becchi sul blog di Beppe Grillo: "Nel novembre 2009, il signor X, un comune «cittadino elettore», conveniva in giudizio la Presidenza del Consiglio ed il Ministero dell’Interno perché nelle elezioni 2006 e 2008 era stato costretto a votare con modalità – previste nel Porcellum – contrarie alla Costituzione. In particolare, secondo il signor X, l’impossibilità di esprimere la preferenza ai singoli candidati sarebbe stata in contrasto con il diritto al «voto personale e diretto» e l’attribuzione di un premio di maggioranza avrebbe violato il principio di uguaglianza del voto. Il Tribunale di Milano respingeva le domande, giudicando inoltre «manifestamente infondate» le eccezioni di incostituzionalità sollevate. La Corte d’Appello rigettava a sua volta l’appello, ribadendo l'infondatezza della questione di costituzionalità. È stata invece la Corte di Cassazione a riaprire i giochi, valutando l'eccezione di incostituzionalità. La Cassazione ha preso posizione sulla «possibile obiezione secondo cui quella in esame sarebbe un’azione di mero accertamento con l’unico fine di ottenere dal giudice solo un “visto di entrata” per l’accesso al giudizio costituzionale, in tal modo rivelandosi la sua pretestuosità»"
Il problema è che la Consulta non può in alcun modo sostituirsi al legislatore e non è lecito attendersi svolte epocali dalla sentenza di domani (sempre ammesso che arrivi, lo ripetiamo). Lo stesso Becchi propende per una soluzione "pilatesca", dal momento che "nessuno, compresa la Corte, sembra avere interesse a condannare il Porcellum". E da un altro versante, è il costituzionalista Michele Ainis sul Corsera a spiegare che il terrore del "vuoto", ovvero della sparizione di qualunque legge elettorale è del tutto infondato: "Altrimenti i mille parlamentari in carica diverrebbero immortali, nessuno mai potrebbe rimpiazzarli. Loro magari ne sarebbero felici, noi un po’ meno. Sicché un sistema pronto all’uso deve pur sopravvivere, dopo che la Consulta avrà usato i ferri del chirurgo. Quale? Per esempio un proporzionale puro, se in sala operatoria verrà amputato il premio di maggioranza. Oppure il Mattarellum […] dopotutto tale soluzione suonerebbe assai meno creativa, meno invasiva. Rimetterebbe in circolo una scelta già timbrata dal legislatore italiano, mentre il proporzionale alla tedesca è roba per tedeschi".
In ogni caso la decisione non dovrebbe avere ripercussioni sulla legittimità dell'elezione del febbraio 2013 e allo stesso modo non solleverebbe dalle responsabilità politiche né il Governo, incapace di agire per decreto sulla questione, né un Parlamento in cui tra tattiche, temporeggiamenti e contraddizioni una seria discussione non è mai nemmeno iniziata. Perché, sostanzialmente, il Porcellum è sì una schifezza, ma di quelle utili, dal momento che consente ai partiti di continuare a preservare intatto il proprio peso (col meccanismo delle liste bloccate), ai fanatici delle larghe intese di speculare sul baratro dell'ingovernabilità e all'opposizione grillina per continuare a "sognare" il colpaccio del premio di maggioranza alla Camera nel caso in cui andassimo intorno ad una improvvisa crisi di Governo.
Del resto, la riflessione che manca completamente è quella sulla frammentazione del consenso. E si continua così a tacere della vera questione: nessuna legge elettorale dovrebbe / potrebbe garantire una maggioranza ampia, stabile e qualificata ad una coalizione che a stento rappresenta un terzo del Paese.