video suggerito
video suggerito

Sanità, spesa in aumento ma ancora troppo bassa rispetto al Pil: cosa dice il nuovo rapporto Gimbe

Secondo l’analisi della Fondazione Gimbe sui dati del Documento di Finanza Pubblica, nei prossimi anni la spesa sanitaria aumenterà in valore assoluto, ma senza incidere in modo significativo sul peso che la sanità pubblica ha rispetto alla ricchezza del Paese. Il rapporto tra spesa sanitaria e Pil, infatti, resterà stabile al 6,4% fino al 2028, confermando una condizione di sottofinanziamento strutturale per il Ssn.
A cura di Francesca Moriero
15 CONDIVISIONI
Immagine

Il Documento di Finanza Pubblica approvato dal governo Meloni contiene anche le previsioni relative alla spesa sanitaria per i prossimi anni. A uno sguardo superficiale, i numeri sembrerebbero positivi: la spesa continua a crescere, passando dai circa 138 miliardi del 2024 ai 143 previsti per il 2025, fino ad arrivare a 151 miliardi entro il 2027. Ma è uno sguardo più attento a rivelare le criticità: se si osserva il rapporto tra questa spesa e il Prodotto interno lordo (Pil), il quadro cambia infatti estremamente. L'aumento in valore assoluto non si traduce infatti in un rafforzamento reale del sistema, perché il rapporto tra spesa sanitaria e Prodotto interno lordo resta immobile al 6,4%. Un livello che, secondo la Fondazione Gimbe, non consente di garantire un sistema sanitario universale in grado di rispondere ai bisogni della popolazione, né di affrontare le sfide poste dall'invecchiamento demografico, dalla cronicità e dall'innovazione tecnologica.

Aumenti nominali, ma peso reale invariato

Nel 2024, rispetto all'anno precedente, la spesa sanitaria è cresciuta del 4,9%, un incremento che è stato in gran parte assorbito dai rinnovi contrattuali del personale medico e sanitario. Per il 2025, il governo prevede un'ulteriore crescita di circa 5 miliardi, pari a un +3,6%, ma nei due anni successivi l'incremento sarà più contenuto. Nonostante questo andamento crescente, la spesa sanitaria continuerà a pesare in proporzione quanto oggi: sempre il 6,4% del Pil. In sostanza, aumentano i fondi, ma resta invariato il valore reale che la sanità pubblica ha nel quadro complessivo della spesa statale. Secondo il presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta: "Siamo di fronte a un cronico disallineamento tra i bisogni di salute della popolazione e le risorse stanziate. Gli aumenti ci sono, ma servono appena a coprire l’aumento dei costi e le spese incomprimibili, non certo a potenziare i servizi".

Il rallentamento del Pil e le risorse che rischiano di non bastare

A rendere ancora più fragile la prospettiva futura è il rallentamento della crescita economica: le nuove stime contenute nel Documento di Finanza Pubblica (DFP) hanno rivisto al ribasso il quadro macroeconomico rispetto a quanto previsto nel Documento programmatico di bilancio dello scorso autunno. Per il 2025, ad esempio, si prevede una crescita dello 0,6%, contro l'1,2% stimato in precedenza, e anche per il 2026 le proiezioni sono meno ottimistiche. Questo significa che, pur aumentando nominalmente, la spesa sanitaria continuerà a rappresentare una quota marginale rispetto alla ricchezza prodotta, e che eventuali shock economici o nuovi bisogni sanitari potrebbero trovare unsistema già in difficoltà, con margini di manovra limitati. Cartabellotta sottolinea che "in un contesto di crescita rallentata, il rischio è che la sanità pubblica venga ancora una volta considerata una spesa comprimibile e non un investimento strategico".

Restano criticità nonostante gli sforzi

Nel DFP si fa riferimento a due interventi normativi, uno sulla riorganizzazione dell'assistenza sanitaria e l'altro sulla revisione delle competenze professionali, che potrebbero migliorare l'efficienza del sistema. Ma secondo Gimbe, si tratta di misure necessarie ma non sufficienti, che non affrontano alla radice i problemi strutturali. La carenza di personale, ad esempio, continua a colpire in modo particolare i pronto soccorso, gli ospedali e la medicina territoriale; i pensionamenti, poi, non sono compensati da nuove assunzioni, e le condizioni di lavoro sempre più difficili stanno spingendo molti professionisti a scegliere il settore privato o a emigrare: "La questione del personale è centrale, avverte Cartabellotta, perché senza un numero adeguato di medici e infermieri non si può garantire l'accesso tempestivo e di qualità alle cure".

Un servizio pubblico sotto pressione

Il Servizio sanitario nazionale si trova dunque a operare in un contesto in cui le risorse disponibili aumentano, ma non abbastanza da invertire la rotta. Il governo, pur evitando tagli espliciti, continua però a mantenere un livello di finanziamento che, secondo molti osservatori, non è più adeguato né alla complessità delle sfide sanitarie né alle aspettative dei cittadini.

Il rischio, evidenzia Gimbe, è che questa situazione alimenti ulteriormente la fuga verso il privato, accentuando le diseguaglianze nell'accesso alle cure e indebolendo il principio di universalità: "Finché il rapporto tra spesa sanitaria e Pil resterà così basso", conclude Cartabellotta, "sarà impossibile parlare di rilancio del Servizio sanitario nazionale. Serve un cambio di paradigma: la sanità deve tornare a essere una priorità politica ed economica, non solo un capitolo di spesa".

15 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views