Ventidue anni senza Sandro Pertini
"Non è necessario essere socialisti per amare e stimare Pertini. Qualunque cosa egli dica o faccia, odora di pulizia, di lealtà, di sincerità." Con queste parole Indro Montanelli riassumeva quello che era il sentimento degli italiani nei confronti dell’amatissimo Presidente della Repubblica, indimenticato uomo che «fece gli italiani» dopo che il Risorgimento aveva «fatto l’Italia». Sandro Pertini, nel corso dei sette anni da massima carica dello Stato, si trovò a confrontarsi le durissime tensioni che attraversavano il paese in quel periodo, riuscendo ad unire quel popolo giovane grazie al suo carisma, alla sua onestà, alla sua passione, divenendo uno dei politici più ammirati che il paese abbia mia avuto la fortuna di conoscere. Una delle emergenze che maggiormente segnò il suo mandato fu certamente quella del terrorismo che, solo pochi mesi prima della sua elezione avvenuta con la più grande maggioranza nelle votazioni presidenziali dell'intera storia italiana, aveva toccato le punte più drammatiche con l'assassinio di Aldo Moro.
Non c'è libertà senza giustizia sociale – Affrontò quelle sfide senza mai stancarsi di lottare, trasmettendo una forza ed un entusiasmo degne di un'intera folla di giovani, ma, al contempo, riconobbe sempre, con l'equilibrio del grande uomo, i confini del rispetto altrui: «io combatto la tua idea che è contraria alla mia, ma sono pronto a battermi sino al prezzo della mia vita perché tu la tua idea la possa esprimere sempre e liberamente» diceva ai giovani, citando una frase attribuita a Voltaire. Furono in molti a stupirsi quando nel 1983 si recò in visita al capezzale di Paolo Di Nella, il militante nelle file del Fronte della Gioventù, movimento di destra radicale, percosso a sangue e deceduto pochi giorni dopo; ma Sandro Pertini era forse uno dei pochi, probabilmente anche grazie alla propria esperienza personale, a conoscere il valore reale della libertà. Ai giovani diceva che «non c'è libertà senza giustizia sociale»: quanto pesano, oggi, queste parole sulle spalle delle nuove generazioni, costrette a "lottare" per quei diritti che credevano conquistati da decenni, ormai! Il monito di quel Presidente che sapeva parlare alla sua gente, e che lo faceva non solo in occasione dei discorsi di fine d'anno, è ancora più forte, attuale e significativo oggi, con la mappa delle ingiustizie che si delinea dinanzi ai nostri occhi, ogni giorno più amara e difficile da sostenere; e deve essere una volta di più ascoltato poiché esorta, al tempo stesso, a lasciar perdere la baldanza e la superbia, ad apprendere da chi ha qualcosa da insegnare e può migliorare le nostre anime. Studiare ed imparare, «per adornare la mente di cognizioni utili» e per poter riconoscere dove si annidano le storture, gli orrori e le ingiustizie; ed avere, finalmente, gli strumenti adatti, e la passione, che possano aiutare a combatterle.