Salvini vuole telecamere sulla divisa della polizia. De Petris (LeU): “È una provocazione, non si può fare”
Il personale delle Forze di Polizia non dovrà essere riconoscibile. Il ministro degli Interni Matteo Salvini annuncia novità nel campo della sicurezza, e dice no ai codici identificativi: "Il mio obiettivo è non mettere il numero sui caschi dei poliziotti che sono già abbastanza facilmente bersagli dei delinquenti anche senza il numero in testa. Mi sembra che fossero disponibili ad avere una telecamera".
Una soluzione di compromesso quella avanzata dal vicepremier, che però va in direzione opposta rispetto ai 3 ddl, poi confluiti in un solo testo, presentati in Commissione Affari Costituzionali nella precedente legislatura: uno a firma di Peppe De Cristofaro (Sel), che non è stato rieletto alle politiche del 4 marzo, uno di Marco Scibona (M5S) e l’ultimo di Luigi Manconi (Pd). Il Ddl però non è mai arrivato in Aula. Il testo prevedeva di "introdurre delle modalità di individuazione che, ove fosse richiesto dalle circostanze, tutelino quanti tengono, e sono naturalmente la maggioranza, comportamenti conformi alle norme e alle circostanze". La capogruppo del gruppo misto Loredana De Petris (LeU), contattata da Fanpage.it, ha spiegato:"Quel ddl è rimasto in Commissione. Introdurre gli identificativi non significa esporre il nome del poliziotto, ma vuol dire esibire un numero che conosce solo l'amministrazione. Così in caso di problemi i superiori, non i singoli cittadini, possono risalire all'identità dell'agente. È una norma di garanzia per tutti. Anche per gli stessi poliziotti, che spesso devono pagare per fatti che non hanno commesso. E tra l'altro è una norma che esiste in tutti i Paesi avanzati, come la Germania".
Il numero sul casco permetterebbe di rendere riconoscibili i responsabili di eventuali abusi, ma nonostante il provvedimento fosse sostenuto dal M5S, rilanciato anche con un emendamento firmato da Vito Crimi (oggi sottosegretario con delega all’Editoria), nel contratto di governo giallo-blu non è stato inserito. Alla voce Sicurezza del contratto si legge invece: "Tutti gli agenti che svolgono compiti di polizia su strada di una videocamera sulla divisa, nell’autovettura e nelle celle di sicurezza, sotto il controllo e la direzione del garante della privacy, con adozione di un rigido regolamento, per filmare quanto accade durante il servizio, nelle manifestazioni, in piazza e negli stadi".
"Questa storia della telecamera è chiaramente una presa in giro provocatoria. Un modo per difendere a priori l'operato delle Forze dell'Ordine, anche nei casi in cui vengono commesse irregolarità – ha detto la De Petris – Non credo che una misura del genere esista da qualche altra parte. Si tratta di un provvedimento in contrapposizione con i manifestanti e con i cittadini eventualmente coinvolti in scontri e colluttazioni, e in contrapposizione con la nostra proposta della scorsa legislatura. L'identificativo esiste in qualsiasi ufficio pubblico, così il superiore gerarchico sa sempre a chi fare riferimento in caso di indagini. Sarebbe stata una forma di tutela reciproca, per le forze dell'ordine e per la società civile. E poi è un deterrente per eventuali abusi fuori dalle norme. La proposta della telecamera è tutto fuorché una forma di salvaguardia. Le telecamere, le GoPro, hanno anche un costo elevato. E poi nel concreto non è realizzabile perché bisognerebbe modificare tutte le dotazioni dei corpi di polizia".
Lo stesso ministro dei Trasporti Danilo Toninelli, che in passato aveva sostenuto questa battaglia, si è astenuto dal prendere una posizione. La proposta pentastellata prevedeva originariamente che il "codice identificativo univoco di squadra" si potesse distinguere "a distanza di almeno 15 metri e anche in condizioni di scarsa visibilità". La mozione iniziale presentata dal Movimento in Senato nel 2013, prevedeva addirittura l'indicazione del "nome puntato e cognome per esteso, applicata altresì sugli strumenti di protezione individuale".
"Non mi stupisce che il M5S sia rimasto in silenzio" – ha detto Loredana De Petris – "Evidentemente i Cinquestelle adesso non hanno più nulla da dire. Mi pare incredibile che questa proposta di Salvini li soddisfi. Hanno fatto marcia indietro su tutto. Basti pensare che votavano contro le missioni militari e poi hanno messo come ministra della Difesa una reclutatrice di mercenari. Le contraddizioni sono evidenti. La matrice culturale, l'impronta, la leadership di questo governo è tutta d'ispirazione leghista, come si è visto negli ultimi giorni. Decide tutto Salvini".