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Elezioni Regionali 2025

Salvini ha due grossi problemi e uno dei due non è legato ai ritardi dei treni

Al consiglio federale della Lega Salvini si è trovato ad affrontare almeno due delicate questioni: una ha a che fare con gli attacchi che riceve da giorni per i ritardi e i disservizi nei treni, l’altra, la più delicata, riguarda il nodo terzo mandato e l’eventuale ricandidatura di Zaia in Veneto, che potrebbe far deflagrare la coalizione di centrodestra. E scontentare Meloni.
A cura di Annalisa Cangemi
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Prima la storia del chiodo, poi il pantografo di un treno. Il vicepremier Matteo Salvini è assediato dai problemi in questi giorni. I ritardi e i disservizi dalla rete ferroviaria, per cui le opposizioni stanno chiedendo da giorni le sue dimissioni, si moltiplicano. E di strategie, di medio o lungo raggio, per affrontare la situazione, diventata ormai un'emergenza anche per l'alto numero di cantieri aperti, il ministro, che secondo il suo numero due Crippa, "lavora 14 ore al giorno per efficientare e migliorare le linee non solo ferroviarie, ma di qualunque tipo di trasporto si tratti in Italia", non ne ha messa in campo nemmeno una.

Nel tentativo di uscire indenne dalla bufera, dopo gli attacchi ricevuti anche sui social, un tempo il suo campo da gioco preferito, ieri Salvini si è agganciato alla teoria del complotto ipotizzata dal Gruppo Ferrovie dello Stato, che ha depositato un esposto alla Digos della questura di Roma, sugli episodi che hanno causato rallentamenti sulla rete ferroviaria negli ultimi giorni, sottolineando l'esistenza di "circostanze altamente sospette" negli orari e nelle modalità dei guasti tecnici lamentati da tanti viaggiatori. In un tentativo disperato di farsi scudo, il ministro ieri ha rotto il silenzio su X: "Sabotaggi? Danni causati volontariamente? Ritardi organizzati? I dubbi e i sospetti di Ferrovie dello Stato sono stati depositati ufficialmente alle autorità competenti" e "auspico risposte inequivocabili e rapide, perché sarebbe gravissimo fare battaglia politica sulla pelle dei lavoratori e dei pendolari". Nessuna risposta e nessuna soluzione offerta sui disagi.

Ma le magagne per Salvini non si limitano alla complessa gestione del suo dicastero. C'è un'altra questione che Salvini si trova ad affrontare durante il consiglio federale della Lega convocato per oggi, e si chiama Veneto. Nella Regione, oggi guidata dal leghista Luca Zaia, si vota nel 2025, probabilmente in autunno. E la scelta del candidato alla presidenza è già un problema enorme per Salvini, che rischia di veder deflagrare la coalizione del centrodestra.

Fino ad ora Salvini è rimasto quasi in disparte, non ha partecipato al botta e risposta che da settimane vede coinvolti i vertici del Carroccio e Fratelli d'Italia. La disputa è molto semplice: da una parte Giorgia Meloni, da capo del governo e guida della coalizione, forte del suo quasi 30% a livello nazionale, rivendica la possibilità di far pesare il suo bacino elettorale, indicando un nome di Fdi per la corsa a governatore; dall'altra c'è il fortissimo Zaia, presidente molto apprezzato – con un gradimento del 66,8% è il governatore più amato d'Italia nel 2024 – che non intende fare passi indietro né subire il diktat sul terzo mandato, e che non accetterà facilmente che possa essergli preclusa la corsa per una ricandidatura alla Regione.

Gli attori in campo si sono già esposti in modo molto chiaro. Lo ha fatto prima Meloni, che durante la conferenza stampa di fine anno, dicendo che l'opzione un candidato di Fratelli d'Italia va "tenuta in considerazione". E probabilmente la scelta potrebbe ricadere su Andrea De Carlo, coordinatore di Fratelli d'Italia in Veneto. Dietro questa precisazione di Meloni c'è naturalmente l'urgenza per la premier di accaparrarsi almeno una delle Regioni del Nord guidate dal centrodestra.

Zaia dal canto suo è pronto a separare il suo destino da quella della coalizione. "Non auspico per forza di cose una corsa solitaria della Lega", ha detto conciliante, ma l'opzione è sul tavolo, e l'avvertimento mandato durante il punto stampa di martedì a Palazzo Balbi, non si presta a diverse interpretazioni. Il nodo è delicato, in gioco c'è la stabilità del centrodestra, e Salvini lo sa bene. Per questo non si è espresso pubblicamente, dopo le dichiarazioni di Meloni e Zaia. Non ne avrebbe la forza politica in questo momento, e rischierebbe di farsi male, autoisolandosi all'interno della coalizione. Da qui il tentativo di temporeggiare.

Del resto Forza Italia, per bocca del suo capogruppo al Senato, Maurizio Gasparri, dà già praticamente la partita per chiusa: "Troveremo un modo di sfamare Zaia, che ha fatto l'amministratore locale, il ministro, lo sfameremo", ha detto ieri. Una dichiarazione che si sposa perfettamente con quella rilasciata ai microfoni di Fanpage.it dal capogruppo di Fratelli d'Italia al Senato, Lucio Malan, secondo cui "sul Veneto, il partito, ha la legittima aspirazione ad essere presente con un presidente suo del Nord".

Cosa vuole fare Zaia per le elezioni 2025 in Veneto

Il tema del terzo mandato divide gli alleati da un po', e le posizioni sembrano essersi cristallizzate, con Fdi e Forza Italia che esprimono la loro contrarietà, sbarrando di fatto la strada a una ricandidatura di Zaia in Veneto. Gli stessi leghisti, anche se non lo dicono più ad alta voce, non nutrono più molte speranze, dopo lo stop del governo alla legge voluta da Vincenzo De Luca in Campania.

Eppure Zaia uno spiraglio l'ha lasciato aperto, "adda passà ‘a nuttata", ha detto martedì citando Eduardo De Filippo, come a dire che ora si è ancora in una fase interlocutoria. "Occorre fare una sintesi delle diverse posizioni ma c'è bisogno di serenità, il muro contro muro non porta a nulla", ha detto. Sul terzo mandato "Aspettiamo che si esprima la Consulta, ma potrebbe farlo anche il governo, c'è tutto il tempo" ha spiegato, definendo il limite di due mandati "un'anomalia che riguarda un centinaio di sindaci e alcuni governatori perché così non si creino dei centri di potere. Cosa che però non vale per deputati, senatori, ministri e tanti altri. Una motivazione inaccettabile, ancora peggio quando tali osservazioni arrivano da gente che è 30 anni che sta in Parlamento".

Il leghista è convinto di aver fatto un ottimo lavoro nella Regione e quindi di poter farcela anche da solo, con l'appoggio della Lega, senza il soccorso degli alleati. "Fondamentale però rimane che prima di tutto vadano ascoltati i veneti, senza calare nomi dall'alto sul territorio. Impensabile che arrivi qui uno e dica ‘sono io il candidato'", è l'avvertimento mandato a Meloni.

La prima opzione per lui rimane comunque una sintesi, la ricomposizione del campo del centrodestra, ovvero una sua ricandidatura serena e senza strappi. In caso contrario si corre da soli, e lo schema sarebbe già pronto.

A indicare la via sono i risultati delle elezioni del 2020: una lista Zaia Presidente a fare da traino (la scorsa volta da sola aveva avuto il 44,57%), poi la lista della Lega, insieme all'appoggio dei sindaci e degli amministratori locali, che in Veneto non sono pochi, considerato che nel 2024 il Carroccio ha avuto un tasso di riconferma dei sindaci uscenti del 97%. Numeri alla mano, la Lega può contare su 159 sindaci, 1179 amministratori comunali, 11mila tesserati. Nel 2020 la lista della Lega aveva ottenuto il 16,92%, Fdi il 9,55%, Forza Italia il 3,56%. Erano altri tempi certo, ma non sono percentuali che Meloni può ignorare del tutto.

Zaia, fanno sapere i bene informati, nel caso non si sbloccasse la questione del terzo mandato, sarebbe anche pronto a farsi da parte e a guidare la campagna elettorale, sostenendo un candidato presidente della Lega. Ma lui, continuano a ripetere i suoi, è a disposizione, e avrebbe i numeri per vincere.

Cosa potrebbe avere in cambio Zaia come ‘risarcimento' per il no a un'eventuale ricandidatura, è un altro capitolo dell'intricato dossier. Secondo indiscrezioni, non è escluso che gli venga offerto il ruolo di sindaco di Venezia, una possibilità che però, dicono fonti a lui vicine, non è stata ancora valutata dal diretto interessato. Siamo ancora nel campo della fantapolitica insomma. Girano anche voci di una sua ‘promozione' al Viminale, un ruolo che, come sappiamo, fa gola al segretario della Lega Salvini. Si parla anche di un incarico di alta rappresentanza internazionale, ancora non ben definito.

Cosa ha deciso il consiglio federale sulla ricandidatura di Zaia

All'ordine del giorno del consiglio federale Lega ufficialmente c'era il tesseramento 2025 e l'analisi della situazione politica in vista delle elezioni amministrative 2025. Ma dentro c'è finito l'affaire Zaia, il terzo mandato e la pretesa di FdI in Veneto. È difficile, dicevamo, che Salvini vada subito allo scontro aperto con la premier. Nella stringata nota diffusa dal Carroccio si legge che nel partito c'è "totale sintonia e condivisione degli obiettivi fra Matteo Salvini, Luca Zaia e l'intero consiglio federale. Il Veneto è un modello di buon governo apprezzato a livello nazionale e internazionale. Per la Lega, squadra che vince non si cambia".

Salvini insomma si è trovato tra l'incudine e il martello, e non potendo continuare a prendere tempo all'infinito, visto che il probabile election day per amministrative e regionali non è così lontano, è stato costretto dalle pressioni dei suoi a dare un segnale al governo e agli alleati. Con tutte le conseguenze che questa scelta avrà sugli equilibri del centrodestra.

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Giornalista professionista dal 2014, a Fanpage.it mi occupo soprattutto di politica e dintorni. Sicula doc, ho lasciato Palermo per studiare a Roma. Poi la Capitale mi ha fagocitata. Dopo una laurea in Lettere Moderne e in Editoria e giornalismo ho frequentato il master in giornalismo dell'Università Lumsa. I primi articoli li ho scritti per la rivista della casa editrice 'il Palindromo'. Ho fatto stage a Repubblica.it e alla cronaca nazionale del TG3. Ho vinto il primo premio al concorso giornalistico nazionale 'Ilaria Rambaldi' con l'inchiesta 'Viaggio nell'isola dei petrolchimici', un lavoro sugli impianti industriali siciliani situati in zone ad alto rischio sismico, pubblicato da RE Le Inchieste di Repubblica.it. Come videomaker ho lavorato a La7, nel programma televisivo Tagadà.
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