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Elezioni regionali 2024

Salvini e Meloni ci ripropongono la pantomima del centrodestra unito: ma sono più distanti che mai

Un mese di attacchi, ricatti, minacce, avvertimenti. Così Meloni e Salvini hanno iniziato la campagna elettorale per le europee. E mentre mettono in scena la pantomima della “famiglia affiatata”, le crepe nel centrodestra si moltiplicano.
A cura di Annalisa Cangemi
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Abbracciati sul palco del comizio di chiusura della campagna elettorale in Sardegna. Così i leader del centrodestra si sono messi in posa a favore di fotografi mercoledì sera, nell'ultimo evento elettorale a sostegno del candidato dalla coalizione, Paolo Truzzu, che corre per le Regionali di domenica 25 febbraio. Ma la tregua, se così si poteva chiamare, è durata nemmeno 24 ore.

Muro contro muro sul terzo mandato

Ieri la granitica unità del centrodestra si è dissolta davanti all'evidenza dei voti in Parlamento, e si è scontrata sull'ultimo dei tanti dossier che stanno agitando i sonni di Salvini e Meloni in queste ultime settimane, nonostante pubblicamente cerchino di minimizzare e di derubricare le tensioni a fantasiose costruzioni giornalistiche: l'emendamento della Lega sul terzo mandato è stato bocciato in commissione, e a votare contro sono stati Pd, M5s, Avs, FdI, Forza Italia. Insieme alla Lega ha votato sì soltanto Italia viva. Un esito del tutto scontato, dopo che la Lega si era rifiutata di ritirare l'emendamento sui governatori (aveva ritirato ieri mattina solo quello sul terzo mandato per i sindaci delle grandi città), e dopo un braccio di ferro tra Meloni e Salvini che va avanti da più di un mese, e che è destinato a continuare.

"Se ne parlerà nell'Aula del Parlamento", ha promesso Salvini dopo il voto. Ancora più enfatico il tono del senatore Paolo Tosato: "Per noi la partita non è chiusa. Continuiamo a ritenere che la scelta o la bocciatura di un rappresentante del popolo, ad ogni livello, debba passare dal voto dei cittadini e non da una decisione dei partiti". Insomma il nodo non è stato sciolto, e il Carroccio non intende arretrare, soprattutto perché in ballo c'è la ricandidatura di Luca Zaia in Veneto, Regione che la Lega non vuole cedere a Meloni e al suo uomo, il senatore Luca De Carlo, che è coordinatore regionale di Fratelli d'Italia.

Ma ci sarebbe anche un'altra ragione per cui Meloni è assolutamente contraria a togliere il tetto ai due mandati: consentire ai governatori di correre per la terza volta significherebbe anche spianare la strada a una ricandidatura di Vincenzo De Luca e Michele Emiliano, due figure forti che potrebbero rischiare di compromettere la vittoria del centrodestra in Campania e Puglia.

Suonano a questo punto ancora meno credibili le frasi affettuose rivolte da Salvini alla premier l'altra sera sul palco di Cagliari: "Più provano ad allontanare me e Giorgia più andiamo avanti insieme come una sola persona, per cinque anni e non un minuto di meno. Più provano a farci litigare più cementano quella che non è solo un'alleanza politica, perché in Giorgia ho trovato non solo un'ottima presidente del Consiglio ma un'amica, e in politica questo fa la differenza". E si fa fatica a credere anche alla versione della premier sui suoi rapporti con l'alleato: "Leggo le ricostruzioni e mi diverto come una matta e scambio sms divertiti con quelli con cui mi starei insultando".

Visto che alle europee si vota con il sistema proporzionale, e quindi ogni forza politica fa campagna elettorale per sé e contro tutti e conta differenziarsi su temi e priorità, le crepe sono destinate ad allungarsi, così come la lista delle criticità e delle questioni irrisolte. E la campagna elettorale non è che all'inizio. Se si riusciranno a raccogliere i cocci alla fine e a rincollarli il giorno dopo il voto per governare insieme è presto per dirlo. Ma quel che è certo è che i prossimi mesi non saranno nel segno dell'armonia per la presidente del Consiglio e per la sua maggioranza.

Del resto lo si è visto già durante le proteste degli agricoltori, quando il leader della Lega per ingraziarsi i trattori si è scagliato apertamente contro il governo (come se lui stesso non ne facesse parte), dicendo che avrebbe dovuto fare di più. Un antipasto di quello che vedremo da qui a giugno.

Un mese di attacchi: così Salvini vuole logorare Meloni

Non sono esclusi a questo punto sgambetti e ritorsioni reciproche, su due riforme cruciali per Lega e Fdi, cioè l'automonia differenziata e il premierato, due riforme che occuperanno il dibattito politico nei prossimi mesi di campagna elettorale.

Sul terzo mandato a metà febbraio era già arrivato l'avvertimento della Lega a Meloni, per bocca del leghista Rixi: "Noi portiamo avanti questa istanza del terzo mandato, ma il ragionamento è sempre complessivo e vale anche sul premierato. Altrimenti anche noi decideremo come comportarci su quel tema". Praticamente un ricatto, che Meloni ha ieri sera provato a disinnescare con la logica della coerenza, affermando di essere favorevole "al vincolo dei due mandati" per il premier, auspicando "una regola che vale per tutti", per sindaci e governatori.

Basterà questo a placare il malanimo dei leghisti? Difficile. Non dimentichiamoci tra l'altro che Matteo Salvini aveva già dovuto mandare giù il boccone amaro della candidatura in Sardegna, quando era stato costretto a cedere sulla rielezione dell'uscente Christian Solinas. E qualcuno dentro Fdi ipotizza che ora il Carroccio voglia prendersi la rivincita, e che i leghisti sardi possano disertare le urne in Sardegna, per regolare i conti.

La figuraccia di Meloni su Navalny

Anche Meloni da parte sua è sempre più irritata, avendo dovuto gestire la figuraccia mondiale a cui l'hanno esposta le dichiarazioni della Lega su Navalny, prima quelle del vice segretario Crippa e poi quelle dello stesso Salvini, il quale fino ad ora ha sempre manifestato i suoi dubbi sulle reali responsabilità per la morte del dissidente 47enne. Il chiarimento che i due avrebbero avuto mercoledì in volo verso la Sardegna non è stato evidentemente sufficiente, stando alle dichiarazioni rilasciate ieri ai nostri microfoni dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giovanbattista Fazzolari (Fdi), che ha affermato ancora una volta la posizione del governo: "La responsabilità di Putin è chiara, se Navalny non fosse stato incarcerato sarebbe vivo. Non ci sono dubbi. È morto perché è stato incarcerato e non doveva essere in carcere, non doveva essere trattenuto in condizioni disumane. È una persona che è stata uccisa dal regime putiniano".

Anche se Fazzolari ha negato che l'esecutivo sia in difficoltà a livello internazionale per le posizioni di Salvini su Putin e Navalny, dicendo che contano solo i voti in Parlamento, il messaggio politico è lampante: la Lega sulla Russia si è autoisolata, e Meloni non ha intenzione di sporcarsi l'immagine per colpa sua.

Meloni a braccetto con Schlein (e Salvini a rimorchio)

Le distanze tra Meloni e Salvini si sono poi manifestate in modo evidente la scorsa settimana, in occasione del voto sulla guerra a Gaza. In quel caso la premier ha bypassato completamente Salvini, e si è accordata telefonicamente con la segretaria del Pd Elly Schlein, dando ordine ai suoi di astenersi sulla mozione dem sul "cessate il fuoco", e permettendo così l'approvazione di una parte importante del testo, che impegna il governo "a sostenere ogni iniziativa volta a perseguire la liberazione incondizionata degli ostaggi israeliani e a chiedere un immediato cessate il fuoco umanitario a Gaza al fine di tutelare l'incolumità della popolazione civile di Gaza, garantendo altresì la fornitura di aiuti umanitari continui, rapidi e sicuri all'interno della Striscia".

A quanto risulta Salvini non sarebbe stato neanche consultato (al contrario di Tajani che invece sarebbe stato avvisato prima) e la Lega avrebbe ricevuto l'ordine di scuderia, costretta ad allinearsi all'ultimo minuto su una posizione che non condivideva. "Noi della Lega discutiamo le posizioni della maggioranza all'interno della coalizione, non con le telefonate al Pd", aveva commentato stizzito il capogruppo Riccardo Molinari.

Salvini e Meloni saranno anche la stessa persona, come dice il leader della Lega, e saranno anche una "famiglia affiatata", come dice la premier. Ma in questo momento si fa fatica a trovare anche un solo indizio che possa rendere verosimile la messinscena.

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Giornalista professionista dal 2014, a Fanpage.it mi occupo soprattutto di politica e dintorni. Sicula doc, ho lasciato Palermo per studiare a Roma. Poi la Capitale mi ha fagocitata. Dopo una laurea in Lettere Moderne e in Editoria e giornalismo ho frequentato il master in giornalismo dell'Università Lumsa. I primi articoli li ho scritti per la rivista della casa editrice 'il Palindromo'. Ho fatto stage a Repubblica.it e alla cronaca nazionale del TG3. Ho vinto il primo premio al concorso giornalistico nazionale 'Ilaria Rambaldi' con l'inchiesta 'Viaggio nell'isola dei petrolchimici', un lavoro sugli impianti industriali siciliani situati in zone ad alto rischio sismico, pubblicato da RE Le Inchieste di Repubblica.it. Come videomaker ho lavorato a La7, nel programma televisivo Tagadà.
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