Ormai sta diventando una consuetudine: ad ogni episodio di cronaca particolarmente cruento (si tratti di una rapina, un omicidio o uno stupro ha poca importanza) si attende solo di capire la “nazionalità” del presunto colpevole, prima della partenza del trenino dell’indignazione. Nulla di nuovo, si dirà. E invece, da un po’ di tempo a questa parte i trenini dell’indignazione sono due.
C’è quello classico, sempre puntuale e ben collaudato, che parte da destra e arriva in basso: alla guida, ultimamente, Matteo Salvini o altri esponenti della nuova destra. È un convoglio che si muove su binari conosciuti, dallo sviluppo elementare: immigrato / criminale / tornatene a casa; clandestino / criminale / in prigione a casa sua; rom / delinquente / sinistra buonista; migrante / delinquente / non c’è posto. Il conducente deve semplicemente spingere sull’acceleratore e magari metterci del suo: la ruspa, il nomadare, “che dice adesso la Bordini?”, “buonisti razzisti verso gli italiani”. Tutto piuttosto semplice, insomma.
C’è però anche il trenino che parte dalla direzione contraria, ma che va sempre a finire in basso, molto in basso. È un convoglio “speculare”, guidato spesso con mano mancina (anche se a volte il macchinista è renziano), che, nel suo percorso di analisi di un dato episodio di cronaca, è guidato da una ferrea logica (si fa per dire…): siccome il colpevole (?) è un italiano, Salvini e gli altri non ne parlano. E il messaggio del trenino è chiaro: non tutti i crimini sono commessi da stranieri e non tutti gli stranieri sono criminali. Una scoperta epocale, insomma.
Se questo ridicolo braccio di ferro non avesse conseguenze, non staremmo nemmeno a perderci tempo. Il problema è che ne ha, eccome. Prima di tutto abbassa ulteriormente il livello dello scontro politico, con la propaganda che non si ferma nemmeno di fronte a morti, stupri e umiliazioni. Ma soprattutto si dimentica in un colpo solo di vittime, carnefici e presunti tali. I due trenini si appropriano del dolore delle famiglie, facendone oggetto di scontro politico. Si riducono a commentare episodi di cronaca, spesso dalla dinamica incerta e poco chiara, pronti ad evidenziare quei singoli aspetti che rafforzano le loro tesi. E danno risalto e consistenza proprio a ricostruzioni incomplete, parziali, spesso erronee (una specie di effetto Streisand).
E soprattutto sputano sul concetto di garantismo, emettendo sentenze e giudizi senza un minimo riscontro e senza diritto alla difesa. Senza ritegno, insomma. Una schifezza alla quale ci stiamo assuefacendo senza nemmeno protestare. E vale per la rom che ha rubato una bambina, per l’immigrato che guidava ubriaco e senza patente e per il “branco” di italiani che ha stuprato una giovane donna. Fatti, poi rivelatisi poco più che fuffa, sui quali l'opinione pubblica è chiamata a prendere posizione, ad indignarsi, a reagire con la condanna e l'insulto.
Come si è giunti a questo? Bella domanda, che ha risposte complesse e chiama in causa la responsabilità di ognuno di noi. Ma, in fondo, è molto più semplice dare la colpa a Salvini.