Aspettate, aspettate, sentite questa perché è bella… Praticamente per Matteo Salvini, quello che ha evidentemente dimenticato il dolore causato da chi pretendeva, in nome di un fantomatico concetto di razza, la perfezione assoluta; o come quell’altro lì, l’amico, che dispensava olio di ricino e fucilate a chiunque si opponesse al suo regime, lamentarsi dei “bulli” facendo il bullo vero sarebbe una strategia consolidata. Malsana, vigliacca, stronza, ma a lui affezionata. Perciò sì, iniziamo subito col chiamare le cose con il proprio nome: Sergio Echamanov è un ragazzo con DSA, Matteo Salvini è un politico con vigliaccheria. Ma spieghiamola meglio.
Matteo Salvini è così, lo sappiamo tristemente tutti: non bastavano giovani attiviste (penso a Greta Ramelli e Vanessa Marzullo) e Capitane di navi (penso a Carola Rackete, ovviamente) troppo umane per essere difese, ex Ministre capaci e schierate dalla parte delle minoranze (penso a Laura Boldrini e Monica Cirinnà, donne meravigliose), e poi ancora ragazzini minorenni o persone con disabilità. Adesso se l’è presa anche con un giovane dislessico, Sergio, appunto.
Eppure quello che è successo al ventunenne durante la manifestazione delle Sardine a San Pietro in Casale, è un inciampo universale fatto di bellezza e umanità, di fragile forza coraggiosa. Coraggio, perché ci vuole cuore – cor habeo – a scendere in piazza e remare contro le ingiustizie, i soprusi, le discriminazioni e l’intolleranza, a maggior ragione se si deve prima lottare con una qualche sfida personale. E un politico questo dovrebbe saperlo. Soprattutto un papà, come lui ci ricorda ad ogni occasione; soprattutto un cristiano cattolico, come lui ci ostenta ad ogni occasione.
Eccolo lì dunque, su Facebook, il senatore a calpestare non solo il diritto costituzionale di manifestare, ma soprattutto quello di essere se stessi, rifiutando la tolleranza delle diversità. Ogni sfumatura viene puntualmente ridicolizzata, messa alla gogna scavalcando la legge, da tipico prepotente della classe: quello che non sta mai attento, copia i compiti per casa durante il cambio dei professori e siede ai lati della stanza per tirare ai compagni palline di carta con una cerbottana improvvisata. Ma adesso non sono palline e non si hanno più dodici anni.
L’impaccio di Sergio su quel palco è l’impaccio di tutti noi. E ne andiamo fieri, ne siamo orgogliosi, oltre ogni video tagliato e montato ad arte, ripubblicato in modo scorretto per scatenare i suoi rabbiosi adepti e le loro inguaribili frustrazioni. D’altra parte la dislessia si può correggere, la cattiveria no. Non ci resta che continuare a sperare, con ogni forza rimasta, nella giustizia. E tutto questo diventerà un altro pezzo di memoria da non ripetere.