Salvini al processo Open Arms, i periti: “Barca con migranti a bordo era in condizioni critiche”
Nuova udienza nel processo Open Arms a carico dell'allora ministro dell'Interno, Matteo Salvini. Il leader della Lega è arrivato questa mattina a Palermo, postando una foto sorridente sui social dall'aula bunker: "Da stamattina mi sto occupando di alcuni dossier come emergenza siccità, decreto ponte, Codice dei contratti, nuovo Codice della strada, sblocco di cantieri in tutta Italia". Nel frattempo in aula si è parlato a lungo del ruolo del sommergibile della Marina Militare ‘Venuti', colpevole – secondo la Ong – di omissione di soccorso. Per quasi 17 ore ha avvistato e tenuto sotto osservazione senza intervenire la nave umanitaria.
"Dalle informazioni ricevute non emergeva alcun segnale di pericolo", ha detto più volte il capitano di vascello Andrea Pellegrino, ufficiale della Marina militare, sentito come teste. Sull'operazione e sul mancato intervento l'ufficiale aveva presentato a suo tempo una relazione sulla quale è stato chiamato ora a dare chiarimenti. Si è parlato a lungo della condizione dell'imbarcazione, che secondo il capitano non era in pericolo perché aveva un assetto normale e una apparente buona navigabilità. In un passaggio della relazione Pellegrino ha detto che la Open Arms ha cambiato improvvisamente rotta, con la difesa che ha sostenuto che la nave potesse recarsi a un appuntamento con gli scafisti. Senza alcuna conferma.
Non secondo quanto dicono fonti della difesa di Salvini: "C’è grande soddisfazione perché i consulenti dei legali di Salvini hanno documentato con grande precisione come dietro il barcone vi fossero i trafficanti. Non solo. Sono emerse le molte ambiguità di Open Arms a partire dalle false notizie sulle condizioni del natante con a bordo gli immigrati – sottolineano a fine udienza – non imbarcava acqua e lo scafo non era danneggiato".
Secondo i periti, in verità, la barca era in "condizioni critiche di sicurezza". Lo stato del natante lo hanno descritto in aula i due consulenti tecnici della procura – Renato Magazzù e Dario Megna – secondo cui l'imbarcazione presentava condizioni di grande precarietà di galleggiamento. E non bastava il fatto che galleggiasse a escludere il pericolo, in una condizione di sovraffollamento pari a quattro volte la portata massima. La difesa di Salvini replica ponendo l'accento sul fatto che i consulenti dei pm hanno detto che "non c’erano falle nello scafo", a differenza di quanto riportato all'epoca da Open Arms.