Salta la correzione del governo sulle regole dell’acconto Irpef, chi rischia di pagare più tasse

Non si chiude la vicenda degli acconti Irpef. Una norma varata dal governo Meloni e denunciata dai sindacati spingerebbe, quest'anno, molti dipendenti e pensionati a pagare più tasse, oppure a ricevere un acconto più basso, per poi vedersi restituita la somma l'anno prossimo. Dopo aver inizialmente ignorato le lamentele, il governo aveva fatto sapere che sarebbe intervenuto. Ma un emendamento della Lega che avrebbe dovuto sistemare la situazione è stato respinto. Ora così si ritorna indietro, in attesa di capire se dalla maggioranza arriverà un altro tentativo di ‘correggere' le regole.
Il problema è legato alla riforma dell'Irpef varata a fine 2023. Questa ha introdotto il sistema a tre aliquote, invece di quattro, abbassando l'imposta per i redditi nello scaglione tra 15mila e 28mila euro: il 23% invece del 25%. La novità, però, doveva durare solo per un anno. Solo a fine 2024, con l'ultima legge di bilancio, il governo ha trovato i soldi per renderla strutturale, cioè permanente.
Visto che la riforma doveva essere temporanea, al suo interno c'era un articolo che sostanzialmente diceva: nel 2025 e nel 2026, per calcolare l'acconto Irpef, si useranno comunque le aliquote in vigore nel 2023. Cioè quelle pre-riforma, che facevano pagare tasse più alte a chi ha un reddito sopra i 15mila euro.
Questo articolo, poi, non è più stato modificato quando la riforma dell'Irpef è diventata strutturale. Così, per quest'anno, la legge prevede che anche se è in vigore il sistema a tre aliquote, per calcolare il rimborso Irpef si applichi il quello a quattro aliquote. Di fatto questo penalizzerebbe molti dipendenti che hanno entrate superiori ai 15mila euro l'anno.
A segnalare il problema era stata la Cgil, che aveva sottolineato come alcuni contribuenti avrebbero potuto ricevere diverse decine (o anche alcune centinaia) di euro in meno in rimborsi Irpef. Certo, i soldi sarebbero restituiti nel 2026, con la successiva dichiarazione dei redditi. Ma resta il fatto che lo Stato si prenderebbe dei soldi non dovuti, a danno di lavoratori e pensionati.
Inizialmente il ministero dell'Economia aveva sminuito il problema, sostenendo che riguardasse poche persone e che comunque fosse temporaneo. Poi ha cambiato linea, annunciando un intervento. Nel decreto Pa è arrivato un emendamento della Lega, a prima firma del presidente della commissione Attività produttive della Camera, Alberto Gusmeroli: "fine di non penalizzare i lavoratori dipendenti e pensionati, con particolare riguardo al settore del pubblico impiego", si legge, "gli acconti Irpef per il 2025 sono calcolati sulla base dei dati reddituali e di imposta riferiti all’anno solare 2024".
Sembrava che la questione andasse verso una soluzione, ma è arrivato uno stop: l'emendamento è stato dichiarato inammissibile. Il Carroccio non ha tentato di farlo riammettere, e così la proposta è caduta nel vuoto.
È probabile che ci sarà un nuovo tentativo di intervenire e sistemare le regole, visto che il governo si è impegnato a farlo. Ma per adesso si resta con le norme in vigore, e dunque con un taglio dei rimborsi Irpef. Mentre l'opposizione continua a insistere: "Il governo Meloni prima mette in difficoltà lavoratori e pensionati e poi non è in grado di risolvere i problemi che ha creato", ha attaccato il senatore di Alleanza Verdi-Sinistra Tino Magni. Il tempo stringe, ha sottolineato: "Entro il 30 aprile l'Agenzia delle entrate deve mettere la dichiarazione dei redditi precompilata nel cassetto fiscale degli italiani".