Salario minimo, Guerra a Fanpage: “Sbagliato portare discussione fuori da Parlamento. Cnel? Non è arbitro”
All'incontro con Giorgia Meloni sul salario minimo le opposizioni hanno presentato dettagliatamente la loro proposta unitaria, mentre da parte della maggioranza sono arrivati solo slogan e non idee concrete su come affrontare la questione. Lo dice Maria Cecilia Guerra, la responsabile Lavoro nella segreteria del Partito democratico, in un'intervista con Fanpage.it in cui racconta come è andato il tavolo con la presidente del Consiglio, cosa pensa del coinvolgimento del Cnel e in che modo la raccolta firme può rafforzare il lavoro dell'opposizione.
Come è andato l’incontro con il governo a Palazzo Chigi?
L’aspetto positivo dell’incontro è l’aver costretto il governo a mutare la sua posizione sul tema del lavoro povero e delle basse retribuzioni, rispetto all’atteggiamento liquidatorio nei confronti della nostra proposta, che si era tradotto nella presentazione di un solo emendamento soppressivo. Il tema è talmente sentito dalla popolazione che hanno avuto paura che questo atteggiamento fosse politicamente controproducente. Ma in tutti questi mesi la maggioranza non ha avuto la capacità di mettere a punto una proposta, condivisa, che faccia da contraltare a quella delle opposizioni.
Visto che Meloni ha ribadito che il salario minimo non sia la soluzione, che tipo di lavoro condiviso vi aspettate sulla vostra proposta?
Nell’incontro di ieri la premier ha ribadito le sue obiezioni. Quella di fondo, il rischio che l’introduzione di un salario minimo possa indurre una fuga dalla contrattazione collettiva e un appiattimento delle retribuzione sul livello minimo, riflette una carente lettura della nostra proposta, che non si limita a introdurre un livello minimo di 9 euro al di sotto del quale il minimo tabellare di nessun contratto può andare, ma introduce anche il concetto di giusta retribuzione: qualunque sia il contratto siglato dall’impresa la retribuzione complessiva riconosciuta al lavoratore non può essere inferiore a quella prevista nel contratto siglato dalle organizzazioni datoriali e dei lavoratori comparativamente più rappresentative. In questo modo i contratti pirata verrebbero sconfitti. La chiusura della premier nei confronti della nostra proposta è quindi aprioristica, in quanto fondata su presupposti sbagliati.
La sensazione che abbiamo avuta è quella usuale: di fronte a un problema difficile, su cui è in difficoltà anche al suo interno, come questo, la maggioranza prende tempo e dice che i problemi sono altri, o ben altri… Insomma il discorso non è chiuso perché il tema esiste, ma al tavolo la premier e la sua maggioranza non hanno presentato una sola proposta, e neppure individuato temi su cui ragionare. C’è solo un titolo: lavoro povero e bassi salari. È importante che abbiamo imposto questo tema, ma ci aspettavamo, oltre al titolo, almeno un indice.
Come considerate l’idea di coinvolgere il Cnel per un percorso condiviso contro il lavoro povero?
Il CNEL ha dato già un suo contributo in sede di audizioni. È assolutamente legittimo per la premier e la maggioranza attivare le competenze che ritiene. A nostro avviso il CNEL non può essere considerato una sorta di arbitro fra le parti, non è il suo ruolo. Noi siamo pronti a confrontarci in ogni momento con le proposte che la maggioranza vorrà fare, anche in itinere, se sarà possibile, non importa da chi se le fa predisporre. Ma chiederci altri due mesi quando è da marzo che il tema è incardinato in commissione, e prevedere un percorso al di fuori del Parlamento, che implicherebbe partire da zero come se la nostra proposta non fosse con forza sul tavolo non è sintomo di una grande apertura. Vorrei sottolineare che la nostra proposta non è stata una improvvisazione, nasce da un percorso serio di approfondimento.
Qual è l’obiettivo della raccolta firme?
La raccolta firme è a sostegno della nostra proposta. Vogliamo dare la possibilità alle persone che sanno che il tema di una retribuzione giusta e di un salario minimo è urgente di esprimersi e di contare. Non ci sono solo i rapporti di forza usciti dalle elezioni, c’è anche un paese che ha diritto di esprimersi, sia attraverso le proprie rappresentanze, molto spesso chiamate a tavoli pro forma, sia attraverso l’espressione diretta a sostegno delle proposte che devono essere discusse in parlamento.
Le opposizioni sono tutte sulla stessa lunghezza d’onda al termine dell’incontro?
Simo tutti d’accordo sul fatto che siamo riusciti a imporre il tema al governo e alla maggioranza, sul fatto che si stato comunque positivo che questa presa d’atto sia avvenuta anche attraverso un incontro con le opposizioni unite, sulla necessità di andare avanti sostenendo con forza la nostra proposta. Siamo anche tutti aperti al confronto. Poi c’è chi come Calenda è più fiducioso sul fatto che un confronto vero possa avere luogo e chi invece è più scettico.