Ryanair torna a minacciare e maltrattare i propri dipendenti. La compagnia aerea low cost più famosa del mondo è conosciuta sia per i bassi prezzi applicati ma anche, e forse soprattutto nell'ultimo periodo, per il trattamento poco consono riservato ai piloti e alle hostess e stewardche vi lavorano. In vista dello sciopero del prossimo 15 dicembre, con una lettera firmata dal capo del personale Eddie Wilson, Ryanair ha "invitato" i dipendenti ad astenersi dal prendere parte all'interruzione lavorativa pena sanzioni e punizioni. Nella missiva, la compagnia aerea ha scritto nero su bianco che chi non si asterrà dallo sciopero potrebbe subire "la perdita di futuri aumenti in busta paga secondo l'accordo" oppure di "trasferimenti o promozioni". La richiesta di Ryanair è stata pesantemente criticata non solo dai sindacati, ma anche dal ministro dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda, e dal presidente dell'Autorità di garanzia per gli scioperi, Giuseppe Santoro Passarelli, i quali hanno bollato l'atteggiamento della compagnia aerea irlandese come "indegno" e "fuori dalle regole della Costituzione".
"Ritengo si dovrebbe intervenire, non si può stare su un mercato, prendere i vantaggi e non rispettare le regole", ha spiegato il ministro Calenda, chiedendo una presa di posizione alle autorità competenti. Ryanair non è assolutamente nuova a questo tipo di atteggiamenti vessatori nei confronti dei dipendenti: nel mese di settembre, la compagnia fondata da O'Leary ha dovuto affrontare il malcontento di centinaia di piloti che, una volta riapertosi il mercato nel settore, hanno abbandonato in massa Ryanair dopo anni di vessazioni. Risultato? Migliaia di voli cancellati e riprogrammati, danni per milioni di euro e clienti inviperiti. Qualche mese dopo, lo scenario sembra non essere affatto cambiato. Dopo i disagi affrontati a settembre, O'Leary chiese scusa ai dipendenti e promise condizioni di lavoro migliori a chi fosse rimasto a lavorare per la compagnia, ma passati pochi mesi sembra invece che l'atteggiamento della compagnia sia rimasto il medesimo.
Insomma, appare ormai chiaro che Ryanair non ha alcuna intenzione di migliorare realmente le condizioni lavorative dei propri dipendenti e che considera i diritti dei lavoratori inutili orpelli anacronistici volti a bloccare e abbassare la produttività aziendale e di conseguenza i profitti. In sostanza, nella mentalità del patron irlandese sembra ben radicata un'idea piuttosto malsana: chi ha voglia di lavorare deve sottostare a qualsiasi umiliazione, vessazione o supplizio, ogni richiesta viene considerata una inutile lamentela, i dipendenti dovrebbero ringraziare di avere un lavoro e uno stipendio invece di chiedere diritti e protestare per le condizioni lavorative disumane. Insomma, Ryanair da anni non fa altro che esercitare un vero e proprio ricatto occupazionale e i bassissimi prezzi proposti dalla compagnia aerea non sono altro che il risultato di una politica commerciale e aziendale che ha come core business l'annientamento di qualsivoglia diritto minimo, dalle ferie allo sciopero finanche la malattia.
Da vent'anni Ryanair fa profitti sulla pelle dei propri lavoratori, che in periodo di crisi si sono visti costretti ad accettare condizione disumane in mancanza di altre opportunità, ma per quanto tempo questo gioco al massacro potrà andare avanti? Per quanto tempo hostess e piloti potranno fisicamente reggere questo tipo di pressioni psicologiche, la mancanza di ferie, la mancanza di garanzie e di diritti? Sì, Ryanair ha permesso a milioni di persone di volare a prezzi bassissimi in tutta Europa, non si può mettere in dubbio il valore che ha avuto l'entrata della compagnia low cost nel mercato aereo offrendo la possibilità di viaggiare a prezzi contenuti a persone che difficilmente avrebbero potuto pagare un biglietto aereo per intero. Ma la domanda è: a che prezzo? Chi paga realmente quei biglietti a prezzo stracciato? A quanto pare a farne le spese sono proprio i dipendenti sfruttati e spremuti fino all'osso per anni, senza diritti, senza ferie, senza malattia e pagati cifre ridicole. È sicuramente vero che non esiste lavoro senza imprese, ma allo stesso modo è vero che non esiste alcuna impresa senza lavoratori, ma soprattutto, non esiste alcuna impresa realmente produttiva se i lavoratori sono sfruttati, sfibrati e scontenti. E come si suol dire, a fare le nozze con i fichi secchi, prima o poi il conto da pagare arriva. E molto spesso è salato, e la mobilitazione dello scorso settembre, e si spera la futura del 15 dicembre, non sono altro che un assaggio di questo conto che Ryanair prima o poi pagherà.