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Russiagate. Dentro la Link University: “Mifsud era un millantatore. Non siamo un covo di spie”

Nel 2016 il professore maltese Joseph Mifsud propone allo staff del candidato alla presidenza Usa Donald Trump una dossier che metterebbe nei guai la sua competitor Hillary Clinton. Tre anni dopo, il ministro della Giustizia americano Barr arriva in Italia per capire dai nostri servizi segreti se quell’offerta non fosse in realtà una polpetta avvelenata. E i riflettori si riaccendono sulla Link University, dove insegnava Mifsud, che nel frattempo è scomparso nel nulla. Siamo entrati tra le mura dell’ateneo romano, per provare a capire i retroscena di questa spy story.
A cura di Marco Billeci
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In attesa dell’inaugurazione ufficiale dell’anno accademico prevista per fine mese, tra i vialetti immersi nel verde della Link University passeggiano pochi studenti e professori. Tra di loro, s’incontra anche l’ex ministra della Difesa Elisabetta Trenta con il suo cane al guinzaglio. L’eco delle polemiche che negli ultimi giorni è tornato a investire l’università romana sembra lontano dai giardini del campus, un’antica residenza papale che guarda la cupola di San Pietro. Da suoi balconi Pio V avrebbe avuto la premonizione divina della vittoria della flotta cristiana contro l’impero ottomano nella battaglia di Lepanto.

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Sono tutte cazzate, frutto di mascalsonaggine giornalistica, sono pronto a querelare chiunque accosti il nostro nome a quello di Mifsud”. L’umore del presidente della Link ed ex ministro dell’Interno Vincenzo Scotti è di tutt’altro tenore rispetto alla quiete che regna all’esterno dell’ateneo. A pochi metri di distanza dalla sala in cui lo incontriamo, il deputato di LeU Pier Luigi Bersani sta tenendo un intervento sul tema dell’evasione fiscale. Ma la testa di Scotti è rivolta altrove: “Quelle contro di noi sono solo fake news a cui la politica va dietro”.

L’ex ministro – soprannominato “Tarzan” durante la Prima Repubblica per la capacità di districarsi tra le diverse correnti della Democrazia Cristiana – è infuriato per le notizie che negli ultimi giorni sono tornate a tirare in ballo l’università in relazione alle vicende del misterioso professore maltese Joseph Mifsud. Secondo la ricostruzione del cosiddetto Russiagate, Mifsud nel 2016 avrebbe offerto a George Papadopoulos, membro dello staff dell’allora candidato alla presidenza Usa Donald Trump, una serie di mail compromettenti trafugate dai russi riguardanti la competitor di Trump, la democratica Hilary Clinton. Gli uomini dell’attuale presidente americano sospettano che l’accademico fosse in realtà un agente sotto copertura dei servizi segreti incaricato di proporre una polpetta avvelenata a Trump.

A riaccendere la polemica sono state nelle settimane scorse le due visite che il Ministro della Giustizia Usa William Barr avrebbe compiuto in Italia per incontrare i vertici dei nostri servizi, con il beneplacito del premier Conte. Secondo le ricostruzioni di stampa, scopo dei viaggi di Barr sarebbe stato proprio quello di raccogliere informazioni su Mifsud e sui suoi rapporti con la Link.

Già, ma quali sono le vere relazioni tra il presunto 007 e l’ateneo romano? Di certo c’è che Mifsud ha insegnato alla Link e, come rivelato da “Il Foglio” nei mesi scorsi, è stato azionista della “Link International”, una società controllata dalla fondazione a cui fa capo l’università. Ma non è tutto. Secondo quanto raccontato dallo stesso Papadopoulos e dalla sua compagna Simona Mangiante, sarebbe stato proprio Scotti a presentare Mifsud all’uomo di Trump, a margine di un convegno tenuto all’università nel marzo 2016. L’ex ministro – che annuncia di aver già querelato la coppia fonte delle presunte rivelazioni – ribatte: “Papadopoulos è venuto qua per il convegno con una delegazione la mattina ed è andato via la sera, non è successo altro”. L’incontro era organizzato in collaborazione con il London Centre of International Law Practice, per cui all’epoca lavoravano sia Mifsud che Papadopoulos. “Gli stessi protagonisti – dice Scotti -, descrivono la sede dell’organizzazione come una stanza ovale nel centro di Londra, quanto è plausibile quindi che i due non si fossero mai incontrati prima del nostro convegno?”.

Per quanto riguarda la posizione di Mifsud all’interno della Link, Scotti premette: “Non è che se un nostro professore è accusato di omicidio, ne dobbiamo rispondere tutti”. In ogni caso, la linea dell’ateneo è ridimensionare il ruolo. “Qua teneva solo dei seminari, veniva una volta al mese il giovedì e il venerdì così da agganciarci il weekend, e che weekend…”, racconta Pasquale Russo, direttore generale dell’università, descritto come l’altra cinghia di trasmissione tra il professore maltese e Papadopoulos. Chi all’interno della Link ha conosciuto bene Mifsud lo racconta così: “È un personaggio simpaticissimo, ma un pallone gonfiato, un millantatore, sempre con una donna a fianco. Non sembrava proprio avere il phisique du role della spia”.

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Per chiarire la vicenda, sarebbe essenziale sentire la versione del diretto interessato. Peccato che da quando le rivelazioni sul Russiagate sono state rese pubbliche nell’ottobre 2017, Mifsud sia diventato completamente irreperibile. Una circostanza che di nuovo chiama in causa la Link, accusata di aver offerto protezione alla ‘latitanza’ del professore, con la complicità dei servizi segreti. “Lui ha alloggiato in una foresteria che è a disposizione dei nostri docenti, ma non gli abbiamo dato alcuna protezione. Dopo la sua scomparsa è decaduto dal ruolo e non ne abbiamo saputo più niente”, ribatte Massimo Micucci, membro del cda della Fondazione “Link Campus University”.

Ufficialmente, Mifsud avrebbe abbandonato l’abitazione poco dopo lo scoppio del caso, ma fonti interne all’università non escludono che possa aver continuato ad abitare lì anche nei mesi successivi. “Qua non c’è un controllo asfissiante su queste cose – viene spiegato – se ha continuato a vivere nella foresteria per un po’ anche dopo averci detto di averla lasciata non possiamo saperlo”. In ogni caso, suggeriscono sempre dalla Link, “Chi oggi volesse trovare Mifsud dovrebbe probabilmente cercare a Malta”.

La polemica di questi giorni ha riportato alla ribalta anche il rapporto tra la Link e i servizi segreti. Diversi esponenti di spicco della nostra intelligence infatti tengono lezioni qui, al punto che alcuni commentatori hanno definito l’ateneo “un’università fantasma”, più concentrata sui rapporti istituzionali che sulle questioni accademiche. “Ma quale università fantasma? Abbiamo oltre 1900 studenti iscritti”, ribattono dalla Link. E l’attenzione per i temi legati all’intelligence viene rivendicata come motivo di orgoglio. “Ce ne occupiamo da anni, dovrebbero ringraziarci perché è anche grazie a noi che i servizi si sono aperti di più alla società civile”, spiega Pasquale Russo.

Sullo sfondo della storia rimangono i rapporti della Link con la politica. L’università è ritenuta da tempo vicina al Movimento 5 Stelle. “Semplicemente siamo stati i primi a intercettare certi temi e a discuterne, dall’antipolitica al reddito di cittadinanza –  dice Massimo Micucci -. Per questo motivo poi durante la scorsa legislatura diversi parlamentari del Movimento sono venuti a frequentare da noi dei corsi di perfezionamento, il legame nasce così”. Dall’ateneo si sottolinea comunque la trasversalità delle collaborazioni: nell’elenco dei docenti figurano nomi che vanno da Massimo D’Alema a Giulio Tremonti. D’altra parte c’è anche chi, come il leader di Italia Viva Matteo Renzi, nelle ultime ore ha rivendicato la sua distanza dalla Link e ha chiesto ai vertici dell’università di spiegare il ruolo nella vicenda Mifsud. “Eppure proprio pochi giorni qua abbiamo avuto qua ospite Gennaro Migliore, uno degli esponenti di spicco di Italia Viva”, replica Vincenzo Scotti. E Renzi? “Dice che non vuole avere rapporti con noi? Ma io non lo voglio, non gli affiderei mai i miei studenti”, conclude Scotti.

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