Rosa con il Long Covid da 2 anni: “La malattia è stata come uno tsunami, mi dicevano che era ansia”
Il Covid-19 per Rosa Carpentiero non è ancora finito, dopo più di due anni. Con le conseguenze dell'infezione continua a fare i conti, e non sono sintomi di cui ci si possa dimenticare facilmente. Rosa ha 34 anni e si è ammalata a marzo 2020, nel pieno della prima ondata e prima della campagna vaccinale, nella prima zona rossa istituita in Italia. Era un'infermiera di 32 anni impegnata in prima linea contro il Covid quando è stata contagiata, nella stessa azienda ospedaliera in cui è stato ricoverato il ‘paziente 1', il 38enne di Codogno, Mattia Maestri. Allora nessuno ancora parlava di Long Covid, per i medici questa condizione non esisteva.
La contattiamo al telefono, fa fatica a parlare, ma vuole comunque spiegarci tutto nel dettaglio, per farci capire perché e come il virus le ha cambiato la vita. Non è facile per lei accettare di non riuscire a essere più la persona dinamica che era prima, non poter più guidare la macchina e occuparsi del suo bambino piccolo da sola. Fino al 2020 faceva sport, lavorava in corsia e insegnava all'Università alla Statale di Milano, incarico che ha dovuto abbandonare.
Per lei il Long Covid ha significato una limitazione nello svolgimento delle più banali attività quotidiane, perché i sintomi non sono mai scomparsi: "Ero sana, la malattia mi ha assalita come uno tsunami. In quel momento mi hanno sottovalutata e diagnosticato l'ansia, come a molti altri pazienti, senza gli opportuni approfondimenti e capivo che i medici non avevano idea di cosa mi stesse succedendo perché le prognosi non corrispondevano alla guarigione. All'inizio mi dicevano che essendo giovane sarei guarita presto, e sarei tornata come prima".
Rosa, nonostante fosse un sanitario, appartiene al gruppo di pazienti che nella prima ondata non hanno avuto accesso ai tamponi all'insorgenza dei primi sintomi e in tempi consoni per essere attendibili, né a cure adeguate e tempestive: "Mi sono ammalata nella settimana più critica del lodigiano, ho sviluppato subito una polmonite, che però non è stata trattata tempestivamente. Presentavo una sintomatologia altamente suggestiva per Covid-19, ma quando ho fatto la radiografia al torace non ho avuto accesso ai tamponi, e questo mi ha creato un danno importante".
Rosa non viene ricoverata, ma sta male da subito: "Il mio Covid non è stato paucisintomatico o asintomatico, ho avuto sintomi molto pesanti. Sono stata a letto per 40 giorni continui, con dolori, sintomi respiratori e diarrea, che mi hanno debilitata in maniera devastante. Ho perso 7 chili in due settimane, non riuscivo più a mangiare e neanche a camminare".
Rosa ha speso migliaia di euro per curarsi
"Nonostante avessi avuto degli accessi in Pronto Soccorso nel tempo invece di migliorare andavo peggiorando. Dopo un mese e mezzo sono stata visitata dallo pneumologo di Codogno, che mi ha presa in carico, e mi ha fornito le prime cure utili. Quando sono arrivata da lui non riuscivo nemmeno a stare in posizione eretta". Rosa da quel momento comincia a fare controlli, spendendo migliaia di euro per visite, esami, farmaci e integratori, che non sa neanche quando potrà sospendere. Il Long Covid è una situazione cronica, multiorgano, molto invalidante, per cui ha necessità di vedere molti specialisti. "Quando, un anno dopo aver contratto il Covid, i medici del Gemelli di Roma mi hanno poggiato la sonda ecografica sul torace mi hanno detto ‘Qui c'è stata una forte infiammazione, che ha provocato anche una cicatrice sul cuore'".
A un certo punto prova anche a rientrare a lavoro, ma anche se le assegnano mansioni più leggere è costretta a lasciare: "Ho avuto una forte ricaduta con delle complicanze. Ad oggi le mie condizioni fisiche non mi permettono di sostenere il lavoro, anche perché a gennaio ho avuto anche una reinfezione con la variante Omicron, che mi ha causato ulteriori postumi". Attualmente è in infortunio e il suo futuro, dopo due anni di malattia, è ancora un'incognita.
Il codice di esenzione per il Long Covid non esiste, e lei non essendo stata ospedalizzata non rientra nella casistica che può utilizzare i fondi stanziati dal decreto Sostegni bis per l'esenzione dal ticket per le prestazioni di specialistica ambulatoriale (comprese nei Livelli essenziali di assistenza) dei pazienti con questa patologia. Pur essendo in lista d'attesa per la teleriabilitazione, ha dovuto anche pagare di tasca sua il percorso riabilitativo con il fisioterapista, che è durato quattro mesi, perché i tempi d'attesa sarebbero stati troppo lunghi: "Ho il codice di esenzione per infortunio, ma sono riuscita a usufruirne molto poco, anche a causa delle restrizioni delle varie ondate che hanno bloccato le prenotazioni. Soprattutto quando avevo urgenza ho fatto tutto a mie spese, non potendo aspettare i tempi del servizio pubblico. Ho avuto solo per un breve periodo l'esenzione della Regione Lombardia, la D97, che non copriva assolutamente tutte le necessità, e che poi è stata anche sospesa prima della scadenza prevista".
Chi non ha fatto il tampone spesso non ha la diagnosi di Long Covid
Il Long Covid non è legato necessariamente alla fase acuta della malattia: ci sono stati pazienti ospedalizzati che dopo cure e riabilitazione con un'adeguata presa in carico hanno ripreso a poco a poco la vita di prima, e pazienti, anche ventenni, che hanno avuto una forma leggera dell'infezione e con il tempo hanno sviluppato i sintomi del Long Covid.
Ma la maggior parte dei pazienti Long Covid non è stata ospedalizzata in fase acuta, e ha riportato ugualmente gravi sequele multiorgano che richiedono cure serie e monitoraggio nel tempo. Sono ormai noti i danni al sistema immunitario con innesco di autoimmunità e immunodepressione, danni cardiopolmonari che limitano le capacità funzionali e lavorative, sono stati dimostrati i reservoir virali che fanno persistere il virus nell'intestino e l'alterata coagulazione del sangue con sviluppo di microcoaguli.
Molte persone che non sono state testate nella prima ondata non sono state riconosciute come pazienti Covid, né successivamente sono state considerate pazienti Long Covid. Chi non ha ricevuto il tampone insomma in molti casi non ha avuto nemmeno la diagnosi di Long Covid.
Nel luglio 2021 l'Iss ha emanato delle iniziali linee guida sul Long Covid, e a proposito della diagnosi specificava di tener conto anche di tutte le persone che non hanno avuto accesso a tamponi e sierologici:
"Sebbene la storia di positività del tampone molecolare o antigenico e il test anticorpale per COVID-19 siano utili, questi non sono un prerequisito per la diagnosi. Questo perché la disponibilità di test è stata molto limitata nelle prime fasi della pandemia (marzo e aprile 2020) e poiché il titolo anticorpale tende a diminuire a distanza di mesi dall'insorgenza della malattia"
Cosa è il gruppo Long Covid Italia
Rosa ha provato a cercare sui social sostegno da altri malati come lei che accusavano sintomi persistenti. Ed è da questo scambio di informazioni tra pazienti sui social che nasce la comunità Long Covid sui social, nella primavera del 2020: "Quando non c'era nulla siamo stati noi malati a farci sentire, dal basso, a costruire un percorso", ci racconta.
Il movimento nasce con l'hashtag ‘#LongCovid', ripreso poi da tutti i Paesi in cui si formano gruppi di supporto dove i pazienti si confrontano, insieme a ricercatori e personale sanitario. Il gruppo Long Covid Italia nasce a luglio 2020, ed entra in contatto con gli altri gruppi stranieri e con l'Organizzazione Mondiale della Sanità. Il primo riconoscimento arriva nell'agosto 2020, con l'Oms che definisce ufficialmente la patologia Long Covid. A poco a poco viene creato un network europeo, e nasce Long Covid Europe, che collabora con l'ufficio regionale dell'Oms per l'Europa. A quel punto il gruppo si struttura formalmente e dà vita all'associazione Long Covid Italia. "Centinaia di persone hanno aderito – racconta a Fanpage.it una delle fondatrici, Marta Esperti, anche lei affetta da Long Covid – ma i pazienti sono molti di più. Nel gruppo siamo praticamente tutti pazienti della prima ondata. Molti di noi hanno tra i 30 e i 40 anni, i più grandi hanno 50 anni".
"Noi chiediamo che ci sia una comunicazione istituzionale ufficiale da parte del ministero della Salute sull'esistenza di questa malattia, perché non può essere solo il compito della società civile quello di sensibilizzare sulla questione".