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Roberto Saviano in un’intervista a L’Espresso: la mafia vuole il federalismo

Roberto Saviano, intervistato dal periodico L’Espresso, spiega gli interessi che la mafia mostra nei confronti di quell’istanza politica di cui la Lega Nord si fa rappresentante: il federalismo.
A cura di Danilo Massa
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Le osservazioni fatte da Saviano durante la seconda puntata di “Vieni via con me” e la reazione del ministro degli interni Roberto Maroni: su questi due assi di una medesima polemica si è mosso, per quasi una settimana, il dibattito politico.

Alla richiesta del ministro di partecipare ad un confronto con lo scrittore di Gomorra, il direttore di Rai 3, Ruffini, aveva aperto alla possibilità di ospitare un video o uno scritto di Roberto Maroni. Il ministro, intanto, avevo ricordato il giorno in cui Saviano aveva dichiarato a “Panorama” di riconoscere in Maroni uno dei “migliori ministri nella lotta alla mafia”. Proprio sulla base di questo riconoscimento, il ministro aveva invitato Saviano a ripetere “le accuse di ieri guardandomi negli occhi”.

Infelice, forse, la risposta del giornalista, che ha ricordato che lo stesso incoraggiamento gli era stato rivolto dal boss Schiavone, detto Sandokan. E da qui, nel gioco dei fuochi incrociati della polemica, subito si è inteso che Saviano abbia paragonato Maroni al boss della camorra. Ed Il Giornale parte con una campagna di firme contro Saviano.

Poi c’è stato l’arresto del latitante Antonio Iovine ed un riavvicinamento tra il politico e lo scrittore. Ebbene, se i toni si sono appena abbassati, con la pubblicazione de L’Espresso di oggi si potrebbe nuovamente incrinare il rapporto tra il dirigente della Lega ed il conduttore-giornalista di “Vieni via con me”.

Roberto Saviano rileva l’interesse che la mafia mostra nei confronti del federalismo. Per la Piovra, infatti, la divisione dei poteri centrali significa soprattutto indebolimento del potere politico e, dunque, ampliamento del proprio. Ancora una volta – così come era stato fatto durante la trasmissione di Rai 3 – Saviano ha chiamato in causa l’intellettuale della Lega, individuando in quel pensiero i segni di un errore prossimo a realizzarsi. Dopo la prima repubblica, infatti, Miglio  “benediceva – seguita Saviano – la nascita al Sud di tanti partitini autonomisti intrisi di massoneria e amici degli amici: sono fatti acclarati, non illazioni”.

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