Roberto Castelli lascia la Lega e accusa Salvini: “Ha tradito il Nord con una deriva meridionalista”
Roberto Castelli lascerà la Lega. Per annunciarlo, lo storico volto settentrionalista del partito ha scelto Pontida, il raduno che riunisce tutti i militanti dal 1990, quando ancora c'era "Nord" nel nome e Umberto Bossi era segretario. La sua testimonianza, affidata a Repubblica, è quella di chi non si riconosce nella linea salviniana: "La tessera di questa Lega ce l'ho ancora, ma è l'ultima che faccio, l'anno prossimo non rinnovo più". Dice "questa Lega" perché è iscritto anche alla Lega Nord, quella in cui ha sempre creduto.
Storico dirigente del partito, parlamentare in sei legislature (due da deputato e quattro da senatore) tra il 1992 e il 2013, ministro della Giustizia nel governo Berlusconi II e III e viceministro delle Infrastrutture e dei Trasporti nel quarto. Castelli è stato anche presidente della Lega Lombarda e vicepresidente del Parlamento del Nord, l'organo che aveva il compito di dar voce alle correnti del partito.
Questa domenica l'ex ministro era presente alla kermesse, ma solo come spettatore: "Rimango al di qua delle transenne mica per caso, questa non è più la mia Pontida", e lo dice proprio nel giorno in cui Matteo Salvini e Marine Le Pen si sono abbracciati sul palco. Per poi continuare:
C'è un'incoerenza profondissima tra il significato storico e politico con cui è nato questo raduno, e lo spirito con cui ormai si celebra da tempo. La Lega Salvini premier viene qui legittimamente, ci mancherebbe, ma su altri presupposti politici. Basta pensare alla presenza di Marine Le Pen. Vederla lì mi fa effetto, ma dovrebbe far pensare più che altro tutti quelli che stanno sotto il palco e sventolano ancora le bandiere dell'autonomia. Dalle mie parti si dice: "Dopo tre fette ha capito che era polenta". Ma come si fa a non capire che ormai la Lega è altra cosa. L'unico coerente, alla fine, è Salvini.
L'abbandono del sogno padano per Castelli è un totale voltafaccia da parte del partito, un vero e proprio "tradimento del Nord" da parte della dirigenza del post-Bossi. Risiede proprio in questo la motivazione del suo addio: "Salvini ha compiuto un'inversione a 180 gradi, ha abbandonato il programma federalista e autonomista, è passato dal verde al blu, dal ‘Prima il Nord' a ‘Prima gli Italiani'. A Radio Padania, che ora si chiama Radio Libertà, è stata pure bandita la parola Padania. E io che dovrei fare?".
L'ex ministro accusa Salvini di aver preso "una deriva vagamente meridionalista, a forza di promuovere il Ponte sullo Stretto", oltre che di aver "puntato sul centralismo". Infatti, le critiche non mancano nemmeno nei confronti di Roberto Calderoli, attualmente ministro per gli Affari Regionali e le Autonomie, e della sua riforma sull'autonomia delle regioni: "A vedere come è stata scritta la legge, speriamo non vada troppo avanti: finirebbe per diventare un'altra fregatura per il Nord. Diciamo che non ce n'era bisogno, ma serviva qualcosa da sbandierare in campagna elettorale".