Risoluzione Onu su Gaza, Scotto (Pd): “Netanyahu continuerà guerra, popolo israeliano lo mandi a casa”
Le Nazioni unite, per la prima volta dall'inizio del conflitto tra Israele e Hamas e dei bombardamenti israeliani sulla Striscia di Gaza, ha chiesto un cessate il fuoco. La risoluzione del Consiglio di sicurezza dell'Onu è stata approvata soprattutto grazie all'astensione degli Stati Uniti, che invece in passato si erano opposti a proposte simili e avevano posto il veto. La decisione segna un possibile cambio di passo della politica internazionale nei confronti della crisi, anche se gli effetti concreti a Gaza probabilmente non si vedranno, almeno nell'immediato.
Arturo Scotto, deputato del Pd che nelle scorse settimane è stato al valico di Rafah insieme ad altri parlamentari per denunciare la situazione umanitaria, ha commentato a Fanpage.it la decisione delle Nazioni unite e quali conseguenze potrà avere. In più ha condannato la decisione del governo italiano di non ripristinare i finanziamenti all'agenzia Onu per rifugiati palestinesi, Unrwa. Proprio ieri, Israele ha annunciato che non farà più entrare nella zona nord di Gaza gli aiuti alimentari inviati da Unrwa.
La risoluzione dell'Onu che chiede un cessate il fuoco a Gaza è una buona notizia?
La scelta del Palazzo di vetro oggi è molto importante. Dopo cinque mesi, 32mila morti, 70mila feriti, migliaia di dispersi, finalmente la comunità internazionale è riuscita a trovare l'unità. La risoluzione chiede tre cose fondamentali: un cessate il fuoco, per far arrivare gli aiuti ed evitare un'ulteriore carneficina della popolazione civile; il rilascio immediato degli ostaggi nelle mani di Hamas, che sono ancora più di cento; e un'iniziativa umanitaria in tutta la zona. L'Oms una settimana fa ha lanciato un allarme: senza un cessate il fuoco, si rischiano 85mila vittime nei prossimi sei mesi per carestie e malattie. C'è anche il rischio concreto di un'epidemia di colera.
Il fatto che gli Stati Uniti non abbiano posto il veto è il dato politico più importante? Che conseguenze ci saranno?
Da tempo l'amministrazione Biden dice a Netanyahu che deve evitare l'uso della forza sulla popolazione civile. La scorsa settimana, per la prima volta gli Stati Uniti avevano depositato una loro proposta per la tregua. Ora ci sarà una rottura.
Il presidente Netanyahu ha scelto di annullare l'invio di una delegazione a Washington. È un segnale di questa rottura?
È un modo per tagliare i ponti con l'amministrazione americana, un segnale preciso: Netanyahu vuole prolungare la guerra per aspettare il suo amico Trump alla Casa Bianca. È una scelta politica molto chiara.
Proprio oggi Trump ha criticato la linea di Biden, dicendo che il presidente "odia Israele e gli ebrei". Lei pensa che Netanyahu speri in una sua elezione?
Trump ha giustificato la reazione di Israele, dicendo che che dopo il 7 ottobre solo un pazzo poteva non immaginarla. Trump alla Casa Bianca è l'assicurazione sulla vita per Netanyahu, per rimanere a capo del governo di Israele.
C'è il rischio che nonostante la risoluzione sul piano concreto cambi poco? Israele ha già detto che vuole continuare in bombardamenti fin quando non ci sarà il rilascio degli ostaggi.
Così il governo israeliano rischia di condannarsi a un isolamento molto forte rispetto alla comunità internazionale. Questo isolamento c'è già nelle opinioni pubbliche: in cinque mesi di guerra è evidente che Israele è andata molto oltre il diritto legittimo alla difesa, dopo i barbari attentati del 7 ottobre. È entrata nel campo ignoto della punizione collettiva. Di un popolo, non di un'organizzazione politica terroristica come Hamas.
Io credo che sia interesse del popolo israeliano liberarsi rapidamente di un governo che ha un disegno ben preciso: nessuna iniziativa per la pace, nessuna soluzione che veda due popoli e due Stati. D'altra parte, Netanyahu stesso lo ha confessato più di una volta: il suo obiettivo politico è sempre stato far saltare gli accordi di Oslo. Sabotare l'Autorità nazionale palestinese e alimentare uno scontro che ha visto Hamas protagonista quasi quanto la destra oltranzista israeliana.
Il governo israeliano ieri ha anche deciso di bloccare tutti gli aiuti alimentari inviati dall'agenzia Onu per i rifugiati Unrwa al nord di Gaza. Una scelta grave?
Quando siamo stati a Rafah abbiamo incontrato tutte le organizzazioni umanitarie che operano sulla Striscia di Gaza e le principali agenzie delle Nazioni unite. Nessuno, nessuno ha avanzato nei confronti dell'Unrwa una critica per come sta gestendo questa situazione eccezionale. Al contrario, hanno sempre detto che qualora saltasse l'Unrwa dalla Striscia di Gaza la situazione peggiorerebbe in maniera drammatica. Saremmo di fronte a un collasso. Oggi, sono 1.500 i camion spiaggiati al valico di Rafah che Israele non fa entrare. La reazione di Israele è inquietante.
Il governo italiano però ha ribadito che non intende ripristinare i fondi a Unrwa.
Il governo italiano – che non è in continuità con la comunità internazionale, come insistono a dire Giorgia Meloni, il ministro Tajani e il viceministro Cirielli – ha scelto una linea in contrasto con l'Unione europea, perché l'Ue ha ripristinato il finanziamento all'Unrwa. Lo hanno fatto Portogallo, Spagna, Finlandia…Soltanto il governo italiano si è messo su una linea di isolamento. Tra l'altro senza dare spiegazioni concrete: fino a un anno e mezzo fa noi davamo 7 milioni di euro all'Unrwa, e quei soldi servivano per pagare medici, strutture sanitarie, scuole…
Per di più, il governo italiano ha congelato dieci progetti umanitari nella Striscia e in Cisgiordania, già banditi e già esecutivi. Li ha sospesi, unico Paese a farlo, in nome dell'emergenza. Anziché premiare chi opera lì, li si punisce e li si mette ai margini. D'altra parte, è una logica già conosciuta: la stessa che questo governo applica a chi con le navi salva persone nel mare. Uno schifo.