Rischiamo davvero di perdere i soldi del Pnrr?
È stato uno degli argomenti di chi, nei giorni scorsi chiedeva la responsabilità ai partiti: continuare a sostenere il governo di Mario Draghi, altrimenti si rischiano di perdere i soldi del Pnrr. Ma è davvero così? Proviamo a fare chiarezza per capire se realmente l'erogazione dei fondi europei del Recovery Plan era legata alla permanenza in carico di Draghi o del suo governo e quali sono i rischi ora che il presidente del Consiglio si è dimesso e il governo è caduto.
Cosa dicono i partiti
L'ultima dichiarazione che avvertiva sui rischi legati al Pnrr è quella di Luigi Di Maio: "Prima le elezioni si fanno e meglio è, perché almeno cerchiamo di salvare la legge di bilancio. Non credo che salveremo il Pnrr ma allo stesso tempo dobbiamo provare a salvare la legge di bilancio ed evitare l'esercizio provvisorio". Un commento che ha subito suscitato le polemiche. Carlo Calenda ha replicato: "Queste dichiarazioni improvvide e pericolose per l'Italia dimostrano l'inadeguatezza di Di Maio. Neanche a Topolinia il ministro degli Esteri si darebbe la zappa sui piedi in questo modo".
Non sono stati gli unici a parlare di questo tema. "Tutti i partiti devono rispettare il processo delle riforme legate al Pnrr, è impossibile non farlo con questi soldi. Proporrò a tutti partiti in campagna elettorale di firmare un patto, affinché tutti rispettino questo programma e queste scelte, perché questi soldi sono per l'Italia ma sono soldi europei", ha detto il segretario del Pd, Enrico Letta, intervistato da Bloomberg. Il deputato di Italia Viva Luigi Marattin, in un'intervista con Fanpage.it, rispondendo a delle domande sui provvedimenti che ora, con la caduta del governo, potrebbero saltare ha detto: "Decadono alcune riforme strutturali che erano ad un passo dall’approvazione: dalla delega fiscale alla giustizia civile, dalla giustizia tributaria alla concorrenza, passando dalla riforma del codice degli appalti. Come conseguenza, il Paese non avrà modo di rispettare gli obiettivi del Pnrr al 31 dicembre, pertanto perderà la rata di circa 20 miliardi. Con anche un leggero rischio, a mio modo di vedere, che ad essere compromesso sia l’intero Pnrr".
Diversi esponenti della Lega, invece, nei giorni scorsi si erano espressi in senso totalmente contrario. Il viceministro alle Infrastrutture Alessandro Morelli aveva definito una "supercazzola" l'ipotesi che con la caduta del governo le risorse Ue sarebbero state a rischio: "Prima o poi la sospensione dei lavori parlamentari per le elezioni avviene, che si voti il 2 ottobre o a primavera. Chi lancia allarmi lo fa solo per motivare il mantenimento della poltrona". Sulla stessa linea il sottosegretario al Mef leghista Federico Freni: "In una fase così delicata, è necessario confrontarsi senza inquinare il dibattito: anche in caso di elezioni anticipate non sono a rischio né l'attuazione del Pnrr, né le Olimpiadi, né tantomeno i fondi contro il caro energia ed il caro carburanti. Il Paese avrà sempre un Parlamento ed un governo in carica: la conversione dei decreti attualmente in Parlamento, così come l'attuazione degli obiettivi Pnrr non è in discussione né lo saranno nella primavera 2023".
Come stanno davvero le cose?
Insomma, le forze politiche hanno posizioni opposte sulla questione: ma come stanno davvero le cose? A metà, come spesso accade. Non è vero che, con la caduta del governo, l'Italia perde automaticamente i soldi del Pnrr. Ma è vero che, con la crisi e le elezioni anticipate, l'agenda dell'esecutivo si blocca in diversi punti. E che se non verranno portate a termine le riforme entro la scadenza prevista, l'Unione europea non erogherà la tranche di finanziamenti corrispondente. Il governo ha già raggiunto gli obiettivi legati al primo semestre del 2022 e ha quindi incassato la quota di fondi corrispondenti. A dicembre 2022 è previsto un altro versamento da parte di Bruxelles, di circa 21 miliardi di euro. Ma le regole parlano chiaro: i finanziamenti arrivano solo se sono stati portati a termini gli obiettivi concordati nel Piano dei singoli Paesi.
Come ha sottolineato il Carroccio, che sia il governo dimissionario o quello nuovo incaricato dopo le elezioni, il Paese avrà sempre un esecutivo in grado di portare a termine le riforme e i progetti del Recovery Plan. Ma ovviamente, come fanno intendere i progressisti, una crisi di governo e una ricomposizione del Parlamento rischiano di rallentare notevolmente il processo, senza contare che una nuova maggioranza potrebbe voler mettere mano alle riforme in cantiere, allungando ulteriormente le tempistiche.
La possibilità di modificare il Pnrr
Del resto, lo stesso regolamento del Recovery Plan prevede una certa dose di elasticità. In caso di "circostanze oggettivo", come possono appunto essere le elezioni anticipate, è possibile presentare alla Commissione europea una richiesta motivata per modificare il piano e non perdere quindi i finanziamenti. In tal senso, quindi, date le elezioni anticipate, il governo potrebbe richiedere uno slittamento delle scadenze previste. Nel regolamento si legge:
Se il piano per la ripresa e la resilienza, compresi i pertinenti traguardi e obiettivi, non può più essere realizzato, in tutto o in parte, dallo Stato membro interessato a causa di circostanze oggettive, lo Stato membro interessato può presentare alla Commissione una richiesta motivata affinché presenti una proposta intesa a modificare o sostituire le decisioni di esecuzione del Consiglio di cui all'articolo 20, paragrafi 1 e 3. A tal fine, lo Stato membro può proporre un piano per la ripresa e la resilienza modificato o un nuovo piano per la ripresa e la resilienza. Gli Stati membri possono chiedere assistenza tecnica per l'elaborazione di tale proposta nell'ambito dello strumento di sostegno tecnico.
Insomma, è plausibile che tra crisi di governo, campagna elettorale ed elezioni anticipate l'andamento del Pnrr non proceda come avrebbe dovuto e che non si riesca a rispettare la prossima scadenza, ma certamente il Paese non rischia di perdere tutti i finanziamenti europei a causa della caduta di Draghi.