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Riparte il tavolo sulla riforma del lavoro, obiettivo ammortizzatori sociali e art.18

In programma oggi un nuovo appuntamento tra Governo e parti sociali per discutere della riforma del lavoro. Molti punti restano ancora da sciogliere anche se su ammortizzatori e contratti l’accordo sembra vicino.
A cura di Antonio Palma
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In programma oggi un nuovo appuntamento tra Governo e parti sociali per discutere della riforma del lavoro. Molti punti restano ancora da sciogliere anche se su ammortizzatori e contratti l'accordo sembra vicino.

Dopo lo stop imposto dal Ministro Fornero per reperire i due miliardi di fondi utili alla riforma degli ammortizzatori sociali, riparte oggi il tavolo di trattativa tra Governo e parti sociali sulla riforma del lavoro. Questo mese sarà decisivo per sciogliere tutti i nodi dell'accordo anche perché l'Esecutivo è sempre convinto di dover arrivare ad una conclusione entro la fine di marzo. Molti i punti al centro della discussione, dalla cassa integrazione, alle forme di contratto, all'art.18 dello statuto dei lavoratori.

Elsa Fornero avrebbe incassato l'assenso di Monti a recuperare i fondi necessari per gli ammortizzatori sociali attraverso i risparmi derivanti dalla riforma delle pensioni, dunque è probabile che vengano accolte buona parte delle richieste dei sindacati sul tema. Si parla, infatti, di lasciare in vigore oltre alla cassa integrazione ordinaria anche quella in deroga, che però sarà concessa solo in caso di ristrutturazioni e non più in caso di fallimento, mentre dovrebbe durare ancora qualche anno la mobilità per poi lasciare spazio solo all'assegno di disoccupazione. Sul tema degli ammortizzatori, molto complesso e al centro delle trattative più intense, si discuterà ancora, anche se con il superamento dell'idea di riforma a costo zero l'accordo sembra vicino.

Ancora meglio sembra andare la trattativa sulle forme di contratto di lavoro, l'obiettivo è di fare ordine sulla selva di contratti atipici che con il tempo e con le varie riforme sulla flessibilità, hanno preso il sopravvento sui contratti standard. Su questo punto le posizioni delle parti sembrano molto vicine soprattutto per quanto riguarda le finte forme di collaborazione che nascondo invece un rapporto subordinato. Il Ministro Fornero più volte ha ribadito che a regime l'apprendistato dovrà essere la forma di contratto prevalente per l'ingresso nel mercato del lavoro anche attraverso disincentivi che scoraggeranno l'impiego di altre forme se non strettamente necessarie. Sul modello di questi disincentivi ovviamente resta ancora da lavorare visto l'opposizione di Confindustria a qualsiasi costo extra sui contratti.

La questione principale su cui però il dibattito resta più acceso è la riforma dell'articolo 18 dello statuto dei lavoratori, tanto che la Fornero ha deciso di procedere con incontri bilaterali nei prossimi giorni per tirare le fila del discorso. L'intenzione del Governo è di lasciare inalterata la norma solo per i licenziamenti discriminatori e di rendere possibile, invece, i licenziamenti per motivi economici e organizzativi. In questo secondo caso la procedura di verifica dell'effettivo motivo resta al giudice, ma in ogni modo il lavoratore avrebbe diritto solo ad un risarcimento economico e non ad un reintegro. Se su questi due punti i sindacati si sono spaccati con la Cisl e Uil più possibilisti e la Cgil che non ha intenzione di cedere, su un altro punto i sindacati sono compatti per il no, il licenziamento per motivi disciplinari. La proposta di Confindustria è quella di consentire il licenziamento che poi il giudice potrebbe avvallare o meno e decidere di volta in volta per il reintegro o l'indennizzo fino a 18 mensilità.

Resta ancora aperto il dibattito anche sui soggetti interessati alle nuove norme che sicuramente varranno per i nuovi assunti, ma al Governo non piace un doppio regime e si fa avanti l'ipotesi di una fase di transizione in cui le due procedure coesistano, per poi passare tra qualche anno al nuovo sistema per tutti. La tensione soprattutto con la Cgil resta alta e la Camusso più volte ha minacciato di lasciare il tavolo della riforma del lavoro anche se in questo modo il più grande sindacato italiano rischierebbe di essere escluso da ogni decisione.

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