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Rimborsi Lega Nord, i giudici della Cassazione: “Bossi dica dove sono i 49 milioni di euro”

“Sarebbe onere dell’imputato indicare al pm dove indirizzare le ricerche per rinvenire i fondi allo stato non rinvenuti in disponibilità della Lega Nord, ma, secondo il ricorrente, esistenti”, scrive la Cassazione sottolineando la piena legittimità dell’azione intentata contro l’ex leader della Lega Nord, Umberto Bossi.
A cura di Charlotte Matteini
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In merito alla vicenda dei rimborsi della Lega Nord, la Cassazione chiede al fondatore ed ex segretario del partito di indicare dove questi fondi scomparsi, di cui i giudici richiedono il sequestro, si trovano. "Sarebbe onere dell'imputato indicare al pm dove indirizzare le ricerche per rinvenire i fondi allo stato non rinvenuti in disponibilità della Lega Nord, ma, secondo il ricorrente, esistenti", scrive la Cassazione nelle motivazioni della sentenza con cui ha confermato il sequestro disposto dai magistrati di Genova nei confronti di Umberto Bossi. Nel suo ricorso, l'ex leader del Carroccio metteva in evidenza che "era senz'altro consentita l'aggressione del patrimonio dell'ente Lega Nord per un valore corrispondente al profitto del reato non recuperabile attraverso la confisca diretta, previa effettuazione delle necessarie ricerche" ma secondo i giudici "le affermazioni del ricorrente appaiono allo stato del tutto prive della benchè minima specificità".

Il sequestro di somme disposto a carico dell'ex leader della Lega Umberto Bossi, condannato in primo grado a 2 anni e mezzo per il reato di truffa allo Stato, secondo i giudici è "legittimo e anzi doveroso data la parziale infruttuosità dell'esecuzione del decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca, emesso nei confronti della Lega Nord". La sentenza dunque conferma "il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente di somme di denaro fino a concorrenza dell'importo di 40.086.726 euro" nei confronti dell'ex segretario del Carroccio. Nella sentenza, in linea con quella del Riesame, il tribunale rileva che "l'adozione del sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente nei confronti dell'imputato Bossi (e degli altri imputati) è legittimata dalla constatata infruttuosità dell'esecuzione del decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta emanato nei confronti della persona giuridica Lega Nord. Nel caso in cui l'apprensione diretta delle somme di denaro in disponibilità della Lega Nord non risulti fruttuosa fino a concorrenza dell'indicato importo, come è accaduto nel caso di specie, è legittimo e anzi doveroso aggredire anche per equivalente i beni personali dell'imputato (fino a concorrenza del medesimo importo, e non oltre, naturalmente) sul presupposto della sua intervenuta condanna, pur allo stato non esecutiva, in ordine ai reati contestati".

I giudici, infine, osservano che "nel caso in cui il pm dovesse conseguire l'emissione del decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta nei confronti della Lega Nord, avente ad oggetto anche somme di denaro eventualmente disponibili in futuro, e se l'esecuzione di detto titolo dovesse comportare l'apprensione di somme di denaro fino a concorrenza dell'importo confiscabile, in quel momento, non prima, andrebbe chiesta al giudice procedente la caducazione della misura cautelare reale emessa nei confronti dell'odierno ricorrente". 

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