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Rifugiati, Corte Ue: “No ai rimpatri se rischiano la vita in patria”. Salvini: “Non cambio idea”

Chi arriva in Europa, in fuga da violenza e discriminazione, non può essere rimpatriato nel Paese di origine dove la sua incolumità e libertà sono minacciate, anche se manca lo status giuridico di rifugiato: lo stabilisce la Corte Ue, per cui questioni di ordine e sicurezza nei Paesi ospitanti non possono risultare in una cancellazione di diritti umani. Salvini: “Non cambio idea e non cambio la Legge: i richiedenti asilo che violentano, rubano e spacciano, tornano tutti a casa loro”.
A cura di Annalisa Girardi
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Un profugo che arriva in Europa per fuggire dalla violenza e dai trattamenti inumani, contro cui si batte la Convenzione di Ginevra, non può essere rimpatriato nel suo Paese, anche se gli viene negato o revocato lo status di rifugiato dal Paese ospitante. Lo stabilisce la Corte di giustizia dell'Unione europea, in una sentenza pubblicata oggi. Secondo la normativa, "fintanto che il cittadino di un Paese extra-Ue o un apolide abbia fondato timore di essere perseguitato nel suo Paese d'origine o di residenza, questa persona deve essere qualificata come rifugiato indipendentemente dal fatto che lo status di rifugiato sia stato formalmente riconosciuto".

Pertanto, le direttive europee in materia vanno interpretate e applicate in base a quanto garantito dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Ue, in cui vengono vietati trattamenti degradanti e tortura, a prescindere dal comportamento dell'interessato: rimpatriare un rifugiato in uno Stato dove esiste il rischio che si verifichino tali condizioni è quindi proibito. Bisogna quindi riconoscere ai rifugiati una protezione più ampia di quella connessa al loro status giuridico: anche se questo dovesse venire revocato, pure per motivi gravi, non possono essere rimandati al loro Paese di origine, in cui potrebbero correre il rischio di persecuzione e dove l'incolumità o la libertà personale potrebbero essere minacciate. Sarà poi compito della magistratura nazionale capire se il soggetto interessato sia da considerare come un clandestino, con tutto ciò che implica tale status. La Corte si è espressa in seguito ad un ricorso presentato da alcuni rifugiati a cui era stata revocata la condizione giuridica in seguito ad un reato. Ma la questione sicurezza per la comunità ospitante non può tradursi in una cancellazione dei diritti, hanno stabilito i giudici del Lussemburgo.

La risposta di Matteo Salvini

Subito è arrivata la risposta del ministro dell'Interno, Matteo Salvini, che ha affermato di non fermarsi di fronte alla sentenza: "Ecco perché è importante cambiare questa Europa, con il voto alla Lega del 26 maggio. Comunque io non cambio idea e non cambio la Legge: i richiedenti asilo che violentano, rubano e spacciano, tornano tutti a casa loro. E nel Decreto Sicurezza Bis norme ancora più severe contro scafisti e trafficanti". Proprio ieri sera il Viminale ha comunicato la proposta di creare un fondo ad hoc, istituito presso la Farnesina, per incentivare i Paesi particolarmente collaborativi in materia di rimpatri. La notizia arriva in seguito al botta e risposta del leader del Carroccio con l'alleato di governo, Luigi Di Maio, che nei giorni scorsi aveva accusato la Lega non di non fare nulla per quanto riguarda i rimpatri. Dopo le aperture del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, e del ministro degli Esteri, Enzo Moavero Milanesi, si è quindi concretizzato il progetto di lavorare di più sugli accordi bilaterali con i Paesi da cui partono i migranti. Tuttavia, considerando le recenti flessioni fra i consensi della Lega, c'è chi ha ipotizzato che si tratti di una manovra di campagna elettorale in vista delle prossime elezioni del 26 maggio.

Le accuse di Luigi Di Maio

"Ognuno pensi al suo e lo faccia col massimo dell’impegno. Non può essere colpa sempre degli altri, suvvia. E mi riferisco ai rimpatri. Questa è un po’ la scusa dell’alunno che non ha fatto i compiti a casa. Se c’è uno stallo, il Movimento 5 Stelle è felice di dare il suo contributo e di aiutare": così il vicepresidente del Consiglio pentastellato aveva fatto le sue considerazioni su Facebook riguardo ai mancati rimpatri, cavallo di battaglia della propaganda leghista in tema di immigrazione. Di Maio aveva commentato anche con la stampa la sua insoddisfazione in merito, dicendosi deluso del decreto sicurezza "perché non dice nulla sui rimpatri". Il capo politico dei Cinque Stelle aveva poi dichiarato: "Il tema ora non sono gli arrivi, quelli li abbiamo fermati, grazie alle politiche migratorie fatte dal ministero dell'Interno e dal governo. Ora, quando arriva una nave con persone a bordo, la maggior parte di queste persone va negli altri Paesi europei. Il tema vero è sui rimpatri, sui quali siamo pronti a dare una mano al ministro dell'Interno. Io non faccio il ministro dell'Interno, ma non può essere sempre colpa degli altri. Scrivere una lettera al presidente del Consiglio, al ministro degli Esteri dicendo che sui rimpatri dobbiamo fare di più mi sembra una iniziativa ingiusta".

I numeri sui rimpatri

I numeri in tema di arrivi e rimpatri sono stati oggetto di discussione fin dagli inizi dell'esperienza di governo. Secondo Salvini, da inizio gennaio 2019 sarebbero sbarcate in Italia 1.009 persone e ne sarebbero state rimpatriate 2.301. Sarebbe quindi, sempre a quanto riportato dal Viminale, la prima volta in cui i rimpatri sono superiori agli arrivi. Per il ministro dell'Interno, inoltre, il numero stimabile di irregolari dal 2015 ad oggi in Italia, si aggirerebbe intorno ai 90mila, non ai 500-600mila come sostenuto in precedenza. Dato con cui non concorda Di Maio, ritenendo che i clandestini presenti nel territorio italiano siano molti di più e che Salvini abbia fatto dietrofront riguardo alle cifre precedentemente comunicate nel contratto di governo per rimediare all'inefficienza in materia di rimpatri. Analizzando i dati e tenendo conto della tendenza nei primi mesi di governo giallo-verde, i rimpatri sono stati effettivamente inferiori rispetto allo stesso periodo di un anno prima.

Il punto cruciale della campagna elettorale di Salvini, che prometteva mezzo milione di immigrati rimpatriati, si è fin da subito rivelato distante dalla realtà. Inoltre, fino ad ora non sono stati stipulati ulteriori accordi bilaterali con i Paesi d'origine, fondamentali per procedere al rimpatrio. Secondo le stime, per rimpatriare 500mila persone ci vorrebbero comunque circa 1194 mesi, cioè 99 anni e mezzo. Anche ammesso che in futuro non si verificasse più nemmeno uno sbarco, i numeri sono distanti dalla fotografia che Salvini preannuncia durante il suo mandato. Inoltre, da uno studio pubblicato dal ricercatore dell'ISPI, Matteo Villa, emerge che gli irregolari che il Carroccio programma di allontanare siano destinati a salire, arrivando fino a 670mila. Con il Decreto sicurezza, infatti, si stima che ci siano circa 70mila clandestini in più in quanto i richiedenti asilo non possono più ricevere la protezione umanitaria mentre aspettano l'esito della loro domanda, un'attesa che può durare per anni.

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