Riforme, il governo Meloni ha deciso di puntare sull’elezione diretta del presidente del Consiglio
Un passo indietro dalla proposta di presidenzialismo, e un passo avanti verso il ‘premierato', cioè l'elezione diretta del presidente del Consiglio, che metterebbe insieme la maggioranza e i renziani di Italia viva. Questo è l'ultimo sviluppo di un dibattito, quello sulle riforme istituzionali, che sembra destinato a durare ancora a lungo – considerando che nei prossimi mesi la priorità andrà alla legge di bilancio – ma che comunque è tornato a tenere banco.
Sono passati alcuni mesi dall'ultimo confronto sulle riforme. A maggio, il governo Meloni aveva convocato gli esponenti delle opposizioni per un incontro che doveva portare a una proposta definitiva, che mettesse d'accordo tutti (o perlomeno tutto il centrodestra). Le posizioni erano state distanti, con il Pd contrario a tutte le forme di elezione diretta mentre da Italia viva c'era stata una certa soddisfazione. Poi il tema è sparito per mesi, superato da altri argomenti più pressanti. Ora, con il rientro dalla pausa estiva, sembra che qualcosa si muova. Una proposta dalla maggioranza dovrebbe arrivare "entro fine estate, inizio autunno", ha detto Tommaso Foti, capogruppo di Fratelli d'Italia alla Camera, a Repubblica.
Foti ha ammesso che FdI avrebbe preferito "una riforma presidenziale o semi-presidenziale", ma "sull’elezione diretta del Capo dello Stato abbiamo notato più alzate di scudi. Il Pd credeva nel premierato, quindi sarà più difficile per loro prendere le distanze", ha affermato, anche se dai dem è già arrivato un ‘no' in più occasioni a questa forma di governo.
Una sponda certa arriverà da Italia viva. A inizio agosto, Matteo Renzi ha firmato un ddl per l'elezione diretta del presidente del Consiglio. "Il ddl depositato da Renzi un premierato di elezione diretta lo prevede. Però il presidente del consiglio avrebbe il potere di sciogliere le Camere. E se non ho compreso male l’idea, nella nostra riforma non è così", ha chiarito Foti, sottolineando che delle distanze ci sono. Ma nella sostanza, la proposta è fondamentalmente la stessa.
Probabilmente, però, quello di Italia viva sarebbe l'unico sostegno nella maggioranza. Pd e M5s si sono già tirati fuori, e anche Carlo Calenda ha detto al Corriere della Sera che non voterebbe la riforma. "L’elezione diretta del premier non c’è in nessun Paese", ha dichiarato. "E c’è una ragione precisa: se eleggi il premier direttamente, di conseguenza depotenzi il presidente della Repubblica. E in Italia la funzione del capo dello Stato è sempre stata vitale per la salvaguardia dell’unità nazionale. Inoltre, finisci per non poter neppure cambiare premier nell’ambito della stessa coalizione".
Questo però non sembra essere una preoccupazione. Dopo gli incontri di confronto a maggio, non è detto che il centrodestra farà ulteriori sforzi per venire incontro alle richieste delle minoranze. Le riforme "si possono fare bipartisan se tutte le parti rinunciano a qualcosa, e noi l’abbiamo fatto. Ma non è che chi perde le elezioni può decidere le riforme al posto di chi ha vinto" ha detto Foti.
Se non ci fossero numeri schiaccianti in Parlamento, la riforma della Costituzione dovrebbe poi andare a referendum. La paura è quella di ripetere il flop di Matteo Renzi nel 2016: "Renzi personalizzò troppo, facendo un referendum su sé stesso. Credo che una proposta come la nostra, che non è amplissima, sia più facile da spiegare agli italiani", ha concluso Foti.