Riforma fiscale, come vuole cambiare le tasse il governo di Giorgia Meloni
Nelle prossime settimane, il governo Meloni dovrebbe rendere noto il suo piano di intervento sulle tasse. Il testo della riforma fiscale, infatti, sarà oggetto dei lavori dell'esecutivo a "febbraio e marzo", secondo il viceministro all'Economia Maurizio Leo, che ha proprio la delega al fisco.
Ci sono già delle ipotesi su come sarà strutturata questa riforma, soprattutto perché lo stesso Leo ne ha parlato. Ci dovrebbero essere quattro parti. Due più tecniche – per far quadrare la legge con le normative nazionali e internazionali, e per raccogliere tutte le norme che regolano la tassazione in un unico Codice tributario – e due più sostanziali.
Di queste ultime due, una riguarderà i procedimenti. Dovrebbero arrivare una "semplificazione" delle scadenze da rispettare e del meccanismo di versamento, un nuovo modello di accertamento per verificare chi non ha versato quanto deve, e una serie di interventi sulla riscossione. Infine, ci saranno modifiche sul funzionamento del contenzioso tributario, cioè i ricorsi contro le decisioni dell'Agenzia delle Entrate. La parte più sostanziale della riforma fiscale, però, riguarderà la revisione delle imposte.
Meno scaglioni Irpef e via al quoziente familiare
Per quanto riguarda gli scaglioni dell'Irpef e la divisione in aliquote, il viceministro ha parlato di un "addolcimento". Lo scopo sarebbe quello di ridurre le aliquote dalle quattro attuali a tre, probabilmente con una divisione di questo tipo: alla fascia più bassa far pagare il 23%, a quella intermedia il 27% e alla più alta il 43%. Questo cambiamento dovrebbe comunque "tenere conto delle necessarie coperture", ha specificato Leo. Cioè, una riduzione delle tasse per alcune fasce si farà, ma non potranno esserci perdite troppo grandi per le casse dello Stato.
Al momento, gli scaglioni sono: fino a 15mila euro di reddito si paga il 23%, da 15mila a 28mila euro si paga il 25%, da 28mila a 50mila euro bisogna versare il 35% e oltre il 50mila scatta l'aliquota del 43%. Queste cifre sono quelle di base, prima di applicare esenzioni o agevolazioni varie – ad esempio la flat tax che permette alle partite Iva che fatturano fino a 85mila euro di pagare solo il 15%.
Un altro dei temi menzionati dal viceministro è il quoziente familiare, un sistema per calcolare le tasse tenendo conto della composizione del nucleo familiare, quindi anche del numero di figli. La misura vuole fare in modo che, a parità di reddito, chi ha una famiglia a carico e chi non ce l'ha non paghino la stessa quantità di tasse.
D'altra parte, il quoziente familiare è stato criticato perché potrebbe rendere svantaggioso economicamente il lavoro delle donne. Una coppia, infatti, pagherebbe meno tasse se solo uno dei due lavorasse. Il vantaggio maggiore andrebbe alle famiglie in cui uno dei due lavora e ha un reddito alto, mentre l'altra persona non lavora affatto. Questo in molti casi spingerebbe le donne a lasciare il mondo del lavoro, invece di lavorare part time o comunque con una paga inferiore al proprio compagno, come in media accade spesso.
Il governo Meloni vuole ampliare ancora la flat tax
Un altro obiettivo sarebbe allargare ulteriormente la flat tax. Per adesso, come detto, possono aderire al regime di tassa piatta – un'aliquota sola, fissata al 15% – tutti gli autonomi e le partite Iva che fatturano fino a 85mila euro. Ma il governo Meloni vorrebbe espandere di più la portata della misura.
Come primo intervento, l'aliquota del 15% potrebbe essere inserita tra gli scaglioni Irpef, come quota più bassa. L'esecutivo, poi, dovrebbe iniziare a ‘livellare' i contributi versati. Da una parte, si vorrebbe fare in modo che tutti i redditi siano tassati nello stesso modo, che si tratti di autonomi, dipendenti o anche pensionati.
Per continuare andrebbe eliminata la no tax area: oggi non pagano l'Irpef i lavoratori che percepisono fino a 8174 euro all'anno, gli autonomi fino a 5500 euro all'anno e i pensionati fino a 8500 euro annuali. Queste soglie andrebbero in qualche modo ‘armonizzate' tra loro.
Potrebbero esserci più esenzioni per i redditi alti
Altro punto che dovrebbe essere inserito nella riforma fiscale è un cambiamento sulle esenzioni e agevolazioni fiscali, le cosiddette ‘tax expenditures‘. Al momento, chi ha un reddito tra i 120mila e i 140mila euro riceve progressivamente sempre meno esenzioni, fino all'azzeramento – escluse quelle sanitarie e per le ristrutturazioni edilizie. Questo potrebbe cambiare, ma su questo punto il governo non ha ancora chiarito come intenda procedere.
Infine, sarebbe intenzione dell'esecutivo di Giorgia Meloni eliminare l'Irap – tassa regionale sulle attività produttive – e ‘razionalizzare' l'Iva, intervenendo specialmente sui beni con Iva agevolata al 4%, al 5% o al 10%. I cambiamenti andranno apportati con cautela, dato che l'Iva porta circa 150 miliardi di euro ogni anno nel bilancio dello Stato.