Ricalcolo spese e no a nuovo deficit: così Giorgetti vuole alzare i fondi della difesa senza scassare i conti

Davanti alle Commissione di Bilancio di Camera e Senato, il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha annunciato che l’Italia ha raggiungerà nel 2025 il target del 2 percento del pil in spese per la difesa, richiesto dalla Nato. E ha detto che il governo per ora non farà maggiore deficit, per aumentare le risorse del settore militare. Se ne riparlerà nel caso più avanti, dopo il vertice Nato di giugno. Una scelta dietro cui si nascondono motivi politici, ma anche timori per la tenuta dei conti pubblici. E che rischia però di creare nuove tensioni dentro la maggioranza.
A cura di Marco Billeci
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In un clima caratterizzato dalla totale incertezza economica a causa dei dazi di Trump, nel giorno dell'incontro tra la premier Meloni e il presidente Usa, il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti prova a mettere un paio di punti fermi sull'altro tema centrale nel rapporto tra Stati Uniti e Europa, quello delle spese per la difesa. Lo fa parlando in audizione al Senato sul Documento di finanza pubblica, appena varato dal governo per tracciare le previsioni economiche del Paese dei prossimi mesi.

A chi lo ascolta, Giorgetti consegna almeno due notizie. La prima è che l'Italia ha già raggiunto il traguardo del 2 percento di spese militari, chiesto ai Paesi Nato. Un traguardo certificato dalla ricognizione dei tecnici del Mef che tiene conto sia dei nuovi esborsi sia della revisione e riconsiderazione di alcune poste, che avrebbe fatto lievitare il totale fino appunto a raggiungere l'asticella richiesta. Il tutto, assicura il ministro, utilizzando "la metodologia Nato", rispondendo  così indirettamente a chi sostiene che per gonfiare il totale, si vogliano includere anche voci non considerate valide dall'Alleanza Atlantica.

Il governo non farà più deficit per la Difesa

Anche per questo – e arriviamo alla seconda notizia – Giorgetti ritiene che non sia necessario al momento utilizzare l'opportunità offerta dall'Unione europea  per scorporare le spese per la difesa dal calcolo del deficit, superando così i vincoli imposti dal patto di stabilità. Il ministro annuncia che il governo non attiverà questa clausola entro la scadenza del 30 aprile fissata dalla Commissione Ue per la scelta degli Stati sul tema, un termine comunque non perentorio e che probabilmente sarà prorogato.

Giorgetti punta a rimanere fermo almeno fino a fine giugno, quando nel corso del vertice Nato all'Aja saranno più chiari i nuovi impegni che l'Alleanza Atlantica (e gli Stati Uniti) chiederanno di assumere agli Stati Membri. Il segretario generale Rutte ha già parlato di un nuovo traguardo di spesa oltre il 3 percento e Trump preme perché  i partner occidentali raggiungano il 5 percento. È chiaro che di fronte a obiettivi così ambiziosi, anche le considerazioni sulla necessità di fare più deficit per la difesa si potrebbero riaprire.

Davanti ai senatori, Giorgetti avverte che comunque "calibrare la spesa militare, significherà fare delle scelte, perché mettere le spese militari significa magari non metterle per la sanità o qualcos'altro". Una posizione più vicina a quella del suo capo partito, il segretario della Lega Matteo Salvini, che a quella della premier Meloni e del ministro Crosetto, per cui invece dare più soldi alla difesa non significherebbe spendere meno in altri settori. Secondo Giorgetti: "La deroga per spese militari e non per altre cose non la trovo politicamente molto sensata".

I dubbi del ministro dell'Economia

Anche per questo,  parlando pochi giorni fa a Cernobbio, il titolare dell'Economia aveva paventato la possibilità di richiedere la sospensione completa del patto di stabilità, qualora non si trovasse una soluzione alla crisi dei dazi e la situazione precipitasse.  E in ogni caso – spiegano fonti del ministero dell'Economia – sarebbero preferibili azioni che mettano tutti gli Stati europei nelle stesse condizioni di muoversi e non una clausola che ogni Paese deve scegliere di attivare, considerando la propria situazione economica e lo spazio di manovra fiscale.

Dal Mef si sottolinea anche come la scelta di fare nuovo debito per la difesa avrebbe comunque delle ricadute sul bilancio dell'Italia, anche se nell'immediato le spese non sarebbero conteggiate nel calcolo del deficit. Innanzitutto, andrebbe comunque ricalcolata la traiettoria di aggiustamento dei conti  in sette anni, concordata dal governo con l'Unione europea allo scopo di superare la procedura d'infrazione per disavanzo eccessivo.

Il nuovo debito inoltre si andrebbe ad aggiungere a quello di oltre 3mila miliardi – al 135 percento del pil – del nostro Paese, uno dei più alti al mondo. E salvo proroghe, dopo un periodo di quattro anni la sospensione delle regole sul deficit per la difesa scadrebbe. Un lasso tempo che viene considerato troppo breve nei corridoi del ministero dell'Economia e che costringerebbe poi il nostro Paese a un nuovo rapido e forte sacrificio per le finanze pubbliche, così da rientrare nei ranghi delle norme europee.

Tutte buone ragioni, che sembrano però cozzare con l'entusiasmo del governo italiano, dopo l'annuncio di Von der Leyen a febbraio. La premier Meloni aveva sostenuto che l'Unione europea aveva accolto una "proposta italiana" e il ministro Crosetto aveva addirittura parlato della necessità di scorporare le spese per la difesa dal patto di stabilità come di una sua "personale ossessione da anni", per cui la proposta della Commissione  a suo giudizio era "una grande vittoria politica e diplomatica dell’Italia e del governo".

A margine dell'audizione in Senato, Fanpage.it ha chiesto a Giorgetti se non sia una contraddizione per il governo prima parlare di "grande vittoria" riguardo allo scorporo delle spese militari dal deficit e poi non usufruirne. "Non è un controsenso – ha risposto il ministro -, l'Europa deve ragionare con giudizio. E poi noi avevamo chiesto lo scorporo degli investimenti per difesa, non per le spese, sono due cose un po' diverse". Una spiegazione dietro la quale si nasconderebbe il timore che la Ue possa concedere lo sforamento dei vincoli per una serie di settori ben specifici e più limitati, rispetto alla concezione ampia di difesa proposta dal governo italiano.

Resta da capire se la posizione del ministro dell'Economia sia la stessa del suo collega Crosetto, che ha più volte ribadito la necessità di un ampio intervento per aumentare la spesa nel suo settore di competenza. Sul punto, dopo l'audizione di Giorgetti ha attaccato il capogruppo M5S in Senato Stefano Patuanelli: "Crosetto dice l'opposto di Giorgetti, mi fa pensare che al governo abbiano le idee molto confuse"

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