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Rete Disarmo contro l’acquisto degli F-35 statunitensi: “Potremmo risparmiare almeno 10 miliardi”

Mentre la questione dell’acquisto degli F-35 statunitensi continua ad essere un punto interrogativo, la Rete italiana per il Disarmo chiede al governo di fare chiarezza. Il suo coordinatore, Francesco Vignarca, ha raccontato a Fanpage.it come, uscendo dal piano di acquisizione dei caccia, si potrebbero risparmiare subito 10 miliardi da investire in welfare, sanità e lavoro.
A cura di Annalisa Girardi
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L'acquisto da parte del governo italiano di caccia F-35 statunitensi continua ad agitare la discussione politica e mediatica nel nostro Paese. Se in un primo momento il governo di Giuseppe Conte era sembrato deciso a mantenere il suo impegno nel progetto di acquisizione dei 90 jet di ultima generazione, ora la questione pare essere tornata sul tavolo della discussione. L'accordo iniziale con Washington, stipulato nel 1998, era già stato revisionato e ridimensionato dal governo di Mario Monti nel 2012 e gli F-35 che Roma prevedeva di comprare erano passati da 131 a 90. Secondo un articolo di Fiorenza Sarzanini, uscito ieri sul Corriere della Sera, il presidente del Consiglio Conte avrebbe confermato a Mike Pompeo, Segretario di Stato statunitense, l'adesione al programma durante la recente visita dell'ultimo in Italia, a margine delle trattative sui dazi e sul 5G. Ma dopo le reazioni del Movimento Cinque Stelle, da sempre contrario all'acquisto, fonti di palazzo Chigi avrebbero fatto sapere che il presidente Conte è "d'accordo sulla rinegoziazione".

Il capogruppo pentastellato in Commissione esteri, Gianluca Ferrara, ha affermato: "Il Movimento ha sempre criticato questo programma militare. Un progetto insostenibile che molti Paesi, Usa compresi, hanno già tagliato. Leggiamo con stupore le ricostruzioni giornalistiche riguardanti la presunta conferma del programma F-35 che il presidente Conte avrebbe dato a segretario di Stato statunitense Pompeo. Una rinegoziazione è doverosa anche da parte dell'Italia. Confidiamo che il nostro premier farà la scelta giusta".

"Non si capisce più niente, il governo faccia chiarezza"

Fanpage.it ha commentato la vicenda con Francesco Vignarca, il coordinatore della Rete italiana per il Disarmo, che ha sottolineato come la mancanza di trasparenza sulla questione renda il dibattito sia pubblico che politico pressoché impossibile. "Si incorrono le voci, il presidente Conte sembrerebbe favorevole a una rinegoziazione ma non c’è chiarezza. Noi chiediamo chiarezza", ha dichiarato. "Se il governo li vuole comprare e pensa che siano utili lo dica almeno chiarendo a quale prezzo, su che tempi, di che tipologia. Perché non si capisce più nemmeno quali caccia dovrebbero andare alla Marina, quali all’Aereonautica, o di che tipologia si stia parlando", ha poi aggiunto Vignarca.

Per il coordinatore della Rete per il Disarmo il problema della trasparenza sulla questione si è aggravato di continuo nel tempo: "Non si capisce più niente perché mano a mano che negli anni anche l’analisi della situazione nei dati e nei documenti è stata sempre più opaca su tutto", ha commentato. "Inoltre si tratta di documenti che non si trovano più. Come Rete Disarmo più volte abbiamo dato voce ad acquisti fatti perché ne venivamo a conoscenza tramite comunicati, ma l’acquisto va chiarito, va dichiarato ed esplicitato. Anche se non siamo d’accordo come organizzazione, è legittimo che un governo possa procedere all’acquisto, ma non lo può fare di nascosto o togliendo informazioni", ha poi aggiunto Vignarca.

I dati, le analisi e i documenti

Durante il primo governo di Giuseppe Conte, l'allora ministra della Difesa, Elisabetta Trenta, aveva fatto stilare un'analisi contenente dati e proiezioni in tema di costi economici che era poi giunta al capo del governo. "Almeno venga rivelato al Parlamento quali sono i contenuti di questa analisi, così che tutti le abbiano a disposizione per farsi un proprio parere e poi chiaramente il governo potrà prendere la propria decisione", ha considerato Vignarca, commentando poi il peso politico delle ultime informazioni diffuse dalla stampa. "Messa in questo modo, come è uscita la notizia ieri mattina, sembra quasi che si tratti del pizzo da pagare agli Stati Uniti per evitare l'imposizione dei dazi: anche questa è una cosa inaccettabile. Si è sempre parlato dell’importanza della partnership con gli Stati Uniti, per cui sembra che senza caccia-bombardieri non saremmo considerati alleati di un certo peso, ma comunque il fatto che basti che Washington decida di alzare i dazi e il governo italiano vada a ruota su questa richiesta è quantomeno discutibile. Allora tutta una serie di motivazioni che per molti anni ci sono state raccontante sul motivo di questa scelta cadono sul traguardo", ha proseguito.

Un comunicato stampa, pubblicato questa mattina dal sito della Rete per il Disarmo ha sottolineato come la campagna che sta promuovendo, "Stop F-35, Taglia le Ali alle Armi", si concentri esattamente su questi punti, commentati dal suo coordinatore a Fanpage.it: "La Campagna “Stop F-35 – Taglia le Ali alle Armi” (promossa da Sbilanciamoci, Rete della pace e Rete Disarmo) esprime la propria forte preoccupazione per le notizie di queste ore, del tutto frammentarie e diffuse senza che le Istituzioni competenti dicano una parola chiara e formale, e chiede dunque a Governo e Parlamento italiano di evitare di cedere alle pressioni statunitensi. È invece necessario andare a ridiscutere la partecipazione del nostro Paese a questo programma di armamento dal costo miliardario e con gravi problematiche tecniche, strategiche e produttive. Chiediamo al Presidente del Consiglio Giuseppe Conte di esprimere chiaramente e definitivamente la posizione del Governo, considerando che ormai da tempo dovrebbe essere arrivato sulla sua scrivania un dossier con costi, prospettive e possibili decisioni sul futuro degli F-35 elaborato dall’ex-Ministra della Difesa Elisabetta Trenta.

Costi e proiezioni

Proprio per questa assenza di chiarezza, ha continuato Vignarca, è impossibile fare delle stime e valutazioni accurate sui costi che comporterebbe la continuata adesione al progetto: "Chiediamo chiarezza sui dati, chiarezza sugli elementi di base: noi facciamo una serie di valutazioni anche sulla base di un incrocio di documenti internazionali per cui abbiamo anche delle stime su costi e su tempi, che in parte derivavamo anche da documentazioni ufficiali che poi piano piano sono sparite. Per gli elementi ora a disposizione possiamo dire che quegli aerei costeranno di media 130 milioni di euro ciascuno e quindi circa 15 miliardi sarà il costo complessivo dell’acquisto, e almeno 50 miliardi sarà il costo complessivo del mantenimento. Queste però sono stime che possiamo fare sulla base di ciò che troviamo: magari il governo ha altri elementi. Che li faccia conoscere al Parlamento e all’opinione pubblica. Questa la prima cosa, poi se ne potrà discutere. In questo senso noi chiederemo un incontro con i gruppi parlamentari, con le varie commissioni e con il governo stesso. E poi ovviamente, una volta discusso tutto questo, chiediamo chiarezza sulla decisione. Volete firmare i contratti conclusivi e finali per cui poi non si potrà più uscire dal programma? Ditelo e facciamo trasparenza".

La campagna per il disarmo

Oltre a fare chiarezza, la campagna della Rete per il Disarmo ha anche un fine di pressione politica affinché si riduca la spesa pubblica sulle armi. "Ovviamente noi come Rete Disarmo non siamo al governo e non possiamo decidere, ma fossimo noi il governo, quello che faremo è sicuramente un blocco o quantomeno una forte riduzione, perché potrebbero anche esserci cose già in corso di cui non sappiamo nulla. Noi abbiamo la sicurezza di 28 F-35 acquistati, il resto non lo sappiamo. Ma per tutto quello che fosse possibile cancellare, questi miliardi che al momento sarebbero ancora 10 sull’acquisto se venissero confermati i 62 velivoli che mancano (che andrebbero poi moltiplicati per quanto riguarda la gestione del progetto) noi nei prossimi anni li potremmo risparmiare. Per poi investire in welfare, istruzione, sanità, lavoro, eccetera. Peraltro, in un momento in cui l’Italia sta chiedendo sacrifici ai propri cittadini e all’Europa indulgenza sui suoi conti. Forse già partendo da qui si potrebbero recuperare un po’ di soldi", ha concluso Vignarca.

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