"Se vincono loro vorrà dire che l'Italia ha scelto l'usato sicuro, se vinciamo noi vanno tutti a casa". Se qualcuno aveva ancora qualche dubbio sulle intenzioni di Matteo Renzi e sul come avrebbe impostato la sua campagna d'autunno per le primarie del centrosinistra, ecco l'ennesimo tassello del mosaico. L'ex rottamatore in effetti non arretra di un centimetro, anzi, sembra intenzionato a proseguire. A gamba tesa, per giunta. L'obiettivo dichiarato è ovviamente quello di sfidare in campo aperto l'ala maggioritaria del Partito Democratico che, seppur tra qualche distinguo e più di qualche perplessità, intende sostenere la candidatura di Pierluigi Bersani. Per portare a termine la sua mission impossible (al di là dell'ottimismo dispensato dal suo entourage) Renzi sceglie una strada già solcata in passato dallo stesso Bersani: il tour "promozionale", stavolta a bordo di un camper, con una "gioiosa macchina da guerra", composta in gran parte da esperti di comunicazione (con la presenza di Giorgio Gori, Luigi de Siervo e del sondaggista Fabrizio Masia).
A differenza di Bersani però, Renzi deve immediatamente trovare una risposta coerente ad una perplessità legittima: può un Sindaco di una città come Firenze dedicarsi per ben 75 giorni alla propria campagna elettorale, delegando ad altri la gestione amministrativa? A chiederselo non è solo Beppe Grillo (che ha dedicato il post odierno sul suo blog ai Sindaci multicolor, bacchettando anche Pisapia e de Magistris, il quale resta in pista col suo "Movimento arancione"), ma anche parte dei sostenitori dell'ex Presidente della Provincia di Firenze e degli stessi cittadini fiorentini. Un primo passo falso solo in parte compensato dall'annuncio di non voler necessariamente un posto al sole in quel di Montecitorio: "Se perdo, non mi accomoderò in Parlamento. Resterò a fare il sindaco. Ma non rinuncerò a un riequilibrio interno".
Quello che è certo è che saranno mesi delicatissimi per il popolo democratico, chiamato a scegliere il "condottiero" per le elezioni politiche del 2013 e allo stesso tempo costretto a confrontarsi con la complessa partita delle alleanze politico – elettorali. Già, perché quella che inizialmente sembrava semplicemente un'ipotesi di basso profilo, un compromesso mortificante per l'elettorato democratico, è ora diventata la prospettiva politica più plausibile e concreta al tempo stesso. In buona sostanza assumono sempre maggiore concretezza le voci che vogliono un "listone" PD – SEL, in grado di conquistare il premio di maggioranza (ovviamente se dovesse passare la legge elettorale caldeggiata dai democratici), per poi dar vita ad un patto di legislatura con i centristi dell'Unione di Centro e con gli esponenti di spicco del governo Monti. Il senso è ovviamente quello della continuità con l'attuale esecutivo (risollevato dagli elogi della Merkel): insomma, il famoso "fare come Monti, senza Monti" che pure fa storcere il naso a molti all'interno del centrosinistra. In quest'ottica la sfida Bersani – Renzi assume finanche un valore marginale: certo, la curiosità nel vedere un camper sfidare una corazzata è un bel diversivo (per le cose "più serie" bisognerà attendere ancora…).