Torna a parlare, ai microfoni di Radio 24, Matteo Renzi, nel giorno delle attesissime elezioni presidenziali statunitensi e a meno di una settimana dal confronto diretto con gli altri 4 candidati alle primarie del centrosinistra. Un dibattito che si terrà su SkyTG24 lunedì 12 novembre e al quale oltre al Sindaco di Firenze, ovviamente parteciperanno anche Pierluigi Bersani, Laura Puppato, Bruno Tabacci e Nichi Vendola. Un incontro che si preannuncia estremamente interessante, anche considerando che Renzi sembra voler premere sull'acceleratore e sfidare i suoi avversari su di un campo particolarmente controverso: il futuro della loro carriera politica dopo l'esito delle primarie del centrosinistra. In tal senso Renzi non potrebbe essere più chiaro:
"Se perdo le primarie rimango a fare il sindaco e non vado in Parlamento, non vado a fare il ministro. Dopo di che vorrei lo stesso atteggiamento da parte di altri. Chi perde dà una mano, ma senza legare i propri contenuti a una sistemazione personale. Niente sgabelli".
Ovviamente, Renzi non fa cenno al fatto che "tecnicamente" la sua candidatura al Parlamento sarebbe incompatibile con il suo ruolo di Sindaco: anzi, per essere precisi il suo ruolo istituzionale è una delle più discusse (e disattese) cause di ineleggibilità alla carica di parlamentare. Una circostanza che già in passato aveva fatto discutere, con lo staff del Sindaco di Firenze che aveva notato come la candidatura alla Presidenza del Consiglio non fosse necessariamente legata alla presenza in Parlamento. E' chiaro però che la cosa suona particolarmente strana nel momento in cui Renzi spinge il dibattito in questa direzione. Molto più sensata è invece la risposta che Renzi dà in merito alla possibilità di guidare il Partito Democratico nel dopo elezioni, in relazione anche all'annuncio di Bersani di non ricandidarsi alla guida del partito:
Ci sono persone molto più brave di me per farlo, credo di essere quello meno adatto. Non è nelle mie corde, mi piace fare le cose e vedere i risultati […] Sogno un Paese dove il capo del governo non abbia bisogno di parlare col segretario del partito di maggioranza per sapere cosa deve fare.