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Renzi: “Pd sopra il 40% nella stragrande maggioranza dei comuni”. Ma i dati lo smentiscono

Un Partito Democratico sofferente, ma comunque in grado di raccogliere oltre il 40% dei consensi nella stragrande maggioranza delle città italiane. Così, Matteo Renzi, durante la conferenza stampa di analisi del voto delle amministrative ha descritto l’andamento del Pd in questa tornata elettorale. Andando però a verificare, numeri alla mano, si evince che non è esattamente vero che il Pd in tutta Italia ha comunque raccolto consensi bulgari, anzi.
A cura di Charlotte Matteini
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Matteo Renzi e Roberto Giachetti all'Auditorium della Conciliazione
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Un Partito Democratico deludente, lo stesso Renzi in conferenza stampa ha dichiarato di non essere contento del risultato ottenuto dal Pd nei comuni italiani, specie quelli più importanti come Napoli, Roma e Torino. Nonostante i ballottaggi evitabili e la debacle di Valeria Valente a Napoli, il presidente del Consiglio durante la conferenza stampa di analisi del voto delle amministrative ha comunque sostenuto che il Pd in tutta Italia non sarebbe poi andato così male, mantenendo oltre il 40% dei consensi "nella stragrande maggioranza dei comuni" e sottolineando che no, il voto delle amministrative non può in alcun modo essere indicativo di un giudizio sull'operato del governo a livello nazionale. Se è vero che nei capoluoghi più piccoli, nei paesini e nei comuni con meno abitanti il candidato è conosciuto e viene votato in quanto "persona" degna di stima e di sostegno e non è il livello meramente politico ad aver presa sul potenziale elettorato, è anche vero che lo stesso tipo di ragionamento non può applicarsi ai candidati chiaramente espressione del presidente del Consiglio e della dirigenza del Partito Democratico come Sala, Fassino e Valente.

Andando a verificare nel dettaglio i dati definitivi sul sito del Ministero dell'Interno sembra che Matteo Renzi abbia in realtà confuso i risultati conseguiti dalle coalizioni a sostegno dei candidati sindaci in area centrosinistra, con i reali voti raccolti dal solo Partito Democratico. Andando a spulciare i risultati finali raggiunti non dalla coalizione di centrosinistra, ma dal Partito Democratica nei più importanti comuni italiani, al netto quindi dei voti presi da Sel, liste civiche e alleati vari, è evidente come il Pd non sia affatto "sopra il 40%" in buona parte dell'Italia.

A Milano, per esempio, il Partito Democratico ha raccolto 145.933 voti, totalizzando il 28,97% dei consensi. Il restante 12% abbondante che manca al raggiungimento del 41, 16% totalizzato da Beppe Sala al primo turno è da imputarsi a due liste civiche, Noi Milano e Sinistra x Milano, e allo 0,68% raggranellato da Italia dei Valori. A Bologna il sindaco uscente Virginio Merola andrà al ballottaggio con la candidata del centrodestra Lucia Borgonzoni, ma anche in questo caso il risultato del Partito Democratico, nella roccaforte rossa per eccellenza, non è esaltante: il Pd si ferma al 35,44% dei consensi, un risultato ben al di sotto delle aspettative, che vedevano Merola riconfermato al primo turno. Sia a Milano che a Bologna, inoltre, rispetto alle scorse elezioni amministrative, il crollo dell'affluenza complessiva è piuttosto significativo: a Bologna si passa dal 71% del 2011 al 59,8% del 2016, mentre a Milano si registra un calo di 13 punti percentuali rispetto alla scorsa tornata elettorale, con l'affluenza che si stabilizza al 54, 7%.

Anche a Torino la performance di Piero Fassino non è stata all'altezza delle previsioni. Il sindaco uscente di Torino, che sfiderà al ballottaggio la grillina Chiara Appendino, ha mancato la riconferma al primo turno e si è fermato al 41,83%, il Partito Democratico a Torino raccoglie il 29,78 dei consensi. Anche a Ravenna il candidato sindaco della coalizione di centrosinistra non viene eletto al ballottaggio e il Partito Democratico si ferma al 35,14%. Per non parlare di Roma e Napoli dove, nel primo caso, Roberto Giachetti per un soffio rientra nel ballottaggio che lo vedrà sfidare la candidata del Movimento 5 Stelle Virginia Raggi e, nel secondo caso, a Napoli Valeria Valente viene sonoramente sconfitta dalla sinistra arancione dell'uscente sindaco De Magistris e dal candidato del centrodestra, Gianni Lettieri. E poi, ancora: a Varese il Pd si ferma al 24%, a Pordenone al 17%, a Grosseto al 19%, a Savona al 21%, Olbia 14%, Cagliari 19%, Benevento 17%, Brindisi 11% e di esempi potremmo continuare a farne. Una vera e propria emorragia di voti rispetto alle scorse amministrative, con risultati che si attestano ben al di sotto del 40% prospettato dal segretario del Partito Democratico. All'obiezione, pervenuta da più parti, la quale sostiene che "molti candidati sindaco sostenuti dal Partito Democratico hanno sorpassato il 40% dei consensi, questo intendeva Matteo Renzi", si potrebbe rispondere che quei voti, quelle decine di punti percentuali che mancano all'appello, non possono in alcun modo essere confusi con voti del Pd. Sarebbe scorretto, soprattutto a livello politico: le liste civiche, molto spesso, raccolgono consensi che determinati pariti non raccoglierebbero mai se scendessero in campo da soli. Piuttosto sleale far passare il messaggio che il voto delle intere coalizioni possa in qualche modo essere "ereditato" – o meglio, cannibalizzato, dal Pd solo in quanto partito più strutturato, più importante e più conosciuto all'interno della coalizione.

Insomma, nel dettaglio i risultati raggiunti dal Pd sono ben al di sotto delle aspettative in molti capoluoghi d'italia, soprattutto nelle città cardine che fino alla pubblicazione delle prime proiezioni di voto, venivano considerate non solo inespugnabili da parte degli avversari politici, ma anche praticamente già riconfermate al primo turno, senza alcun dubbio. Al ballottaggio si scopriranno definitivamente carte e strategie, ma i risultati parziali di questo primo turno, per il Partito Democratico, di certo non possono definirsi incoraggianti.

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Milanese, classe 1987, da sempre appassionata di politica. Il mio morboso interesse per la materia affonda le sue radici nel lontano 1993, in piena Tangentopoli, grazie a (o per colpa di) mio padre, che al posto di farmi vedere i cartoni animati, mi iniziò al magico mondo delle meraviglie costringendomi a seguire estenuanti maratone politiche. Dopo un'adolescenza turbolenta da pasionaria di sinistra, a 19 anni circa ho cominciato a mettere in discussione le mie idee e con il tempo sono diventata una liberale, liberista e libertaria convinta.
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