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Renzi: “Meloni scappa dal caso Paragon, vuole farla pagare a Fanpage dopo l’inchiesta su FdI?”

Pubblichiamo un estratto da L’influencer, il nuovo libro di Matteo Renzi. Sono pagine dedicate al caso Paragon, che ha coinvolto anche il direttore di Fanpage.it Francesco Cancellato. Renzi ripercorre la risposta del governo Meloni e i silenzi della premier, e ricorda la sua reazione all’inchiesta Gioventù meloniana. Pubblicato per Piemme da Mondadori, il libro uscirà il 18 marzo.
A cura di Luca Pons
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Da quando è scoppiato il caso Paragon, il governo Meloni ha dato poche risposte e ha fatto sollevare moltissimi dubbi. La vicenda, che resta ancora da chiarire, è stata trattata anche dal leader di Italia viva Matteo Renzi nel suo nuovo libro L'influencer (Piemme-Mondadori, 2025), in uscita il 18 marzo. L'ex presidente del Consiglio ha ricostruito i passaggi salienti del caso fino a oggi, sottolineando il silenzio di Giorgia Meloni: la premier ha sempre rifiutato di apparire in Parlamento, o anche davanti al Copasir, per discutere il caso.

E – Renzi ha ricordato – dopo l'inchiesta di Fanpage.it su Gioventù nazionale proprio Meloni aveva detto che quel metodo avrebbe potuto essere usato come "strumento politico". "Ovviamente mi auguro che le due vicende siano slegate. Ma vi rendete conto che può sembrare strano se dopo qualche mese dall’inchiesta all’improvviso viene intercettato proprio il direttore della testata autrice dello scoop?", ha chiesto Renzi.

Un estratto dal libro di Matteo Renzi

"Un’azienda basata in America ma con tecnologia israeliana, Paragon, sviluppa un trojan zero click chiamato Graphite. Che cosa è un trojan? Un malware che ti entra nel cellulare e lo trasforma in un registratore permettendo a chi ascolta di sapere tutto non solo del contenuto del tuo telefono (foto, messaggi, documenti, ricerche, dati) ma anche di quello che avviene nella stanza in cui è situato il telefonino stesso. Zero click significa che non ha bisogno di essere attivato da un’azione della «vittima», ma viene introdotto attraverso WhatsApp e inizia a fare il suo lavoro. Questo strumento è molto invasivo. E pertanto Paragon decide di venderlo solo a governi democratici dell’Occidente. Non lo può comprare un’azienda per controllare i manager di un’altra. Non lo può comprare una dittatura per usarlo contro gli avversari. Non lo può prendere un ricco signore preoccupato dell’infedeltà della moglie. No. Solo governi democratici occidentali che possono usarlo – questa è la policy fondativa – solo per reati gravissimi. Tra i quali non rientrano la corruzione o un atto di violenza. Si parla di terrorismo internazionale, mafia, quel livello lì insomma. Tutto chiaro? Ok, procediamo.

Il 31 gennaio 2025 un giornalista italiano, Francesco Cancellato, direttore di Fanpage, e alcuni attivisti politici in prima linea per l’accoglienza dei migranti, tra i quali Luca Casarini, storico leader no global ai tempi delle manifestazioni di inizio secolo, ricevono uno strano messaggio da parte di Meta, la società che possiede Facebook, Instagram e soprattutto WhatsApp. Cosa dice questo messaggio? In soldoni: occhio, qualcuno ti è entrato nel telefonino. Ha utilizzato un trojan potentissimo. Ti mettiamo in contatto con una struttura terza, autonoma e indipendente, canadese, perché tu possa far valere i tuoi diritti.

Nelle stesse ore due giornali, Haaretz in Israele e il Guardian a Londra, scrivono che ci sono almeno novanta casi di utilizzo scorretto del malware di Paragon e che la stessa Paragon, indignata per l’utilizzo illegittimo, ha stoppato il contratto con un Paese europeo che aveva acquistato Graphite. E indovina indovinello qual è il Paese europeo? Ma certo: l’Italia. Che ammetterà lo stop – consensuale, dicono – al rapporto con Paragon solo dieci giorni dopo in un imbarazzato (e imbarazzante) comunicato stampa di Mantovano. La cosa più ridicola è che questo comunicato arriva alle agenzie dopo le 21.30 di venerdì 14 febbraio. Gli italiani che non sono a festeggiare San Valentino stanno guardando la serata delle cover, cioè la gara dei duetti. E figuriamoci se uno che segue Giorgia e Annalisa o Elodie e Achille Lauro ha voglia di leggere un contorto comunicato stampa in cui il governo ammette che il servizio è sospeso. Dunque l’Italia ha acquistato Paragon. Pare per darlo ai servizi segreti. I servizi segreti confermano di averlo utilizzato ma loro hanno la legge 124 come guida e dunque non possono intercettare giornalisti, attivisti politici e religiosi. O, se lo fanno, devono essere autorizzati dal procuratore generale della Corte d’appello di Roma. Ma soprattutto la richiesta deve arrivare dal governo, o Meloni o Mantovano. Entrambi, Meloni e Mantovano, smentiscono nel modo più categorico di aver richiesto l’autorizzazione a spiare un giornalista. Ma sicuramente un giornalista, Cancellato, è stato spiato con Paragon. Un attivista, Casarini, è stato spiato con Paragon. All’appello ne mancano altri ottantotto, secondo i giornali inglese e israeliano. Ma la cosa enorme è questa: davvero l’Italia ha utilizzato lo strumento di Paragon senza rispettare le regole che prevedono a livello istituzionale di non intercettare giornalisti, attivisti e religiosi e senza rispettare il contratto che prevede di utilizzare Graphite solo per reati gravissimi? Tutto ciò significa che siamo in presenza di uno scandalo senza precedenti.

In questi casi chi vuol bene al Paese spera sempre che non sia vero nulla. Io non faccio mai il tifo per il caos. Spero che sia tutta una bufala, un’incomprensione. Per questo chiediamo a Giorgia Meloni di metterci la faccia. E di venire in Parlamento. O, se vuole riservatezza, di andare al Copasir. E invece anche stavolta ci scontriamo con un muro di gomma. Quando è in ballo la sicurezza nazionale Meloni sparisce. Diventa un ologramma. Si impaurisce. Le personalità che vogliono apparire forti spesso mascherano un’insicurezza di fondo per cui vivono di fantasmi. Mentre chiediamo a Giorgia Meloni di non scappare anche stavolta, la cornice di questa spy story diventa sempre più fumosa. Facebook segnala un attacco ai dispositivi di Casarini e di don Mattia Ferrari, giovane sacerdote cattolico, cappellano della nave Mediterranea che si occupa di salvare vite nel Mediterraneo. Mi sembra folle che qualcuno spii un sacerdote solo perché prova a salvare migranti. Fanpage, la testata diretta da Cancellato, ricorda a tutti di essere stata la prima a fare un’inchiesta dall’interno sull’organizzazione giovanile di Fratelli d’Italia. Un’inchiesta durissima, che manderà su tutte le furie il partito della premier. Ma certo sarebbe assurdo che qualche settimana dopo che Fanpage ha introdotto dei giornalisti nell’organizzazione giovanile di Fratelli d’Italia, il governo guidato da Fratelli d’Italia chieda di introdurre un trojan sul direttore di quella testata. Sarebbe uno scandalo planetario. Mantovano intanto prova a impedire a Nordio di rispondere in aula ai nostri question time per fare chiarezza sul ruolo di magistrati e polizia penitenziaria: Nordio si rifiuta di assecondare il sottosegretario. Viene in aula. E dice chiaramente che il ministero della Giustizia in questa storia non c’entra niente: non sono state le procure a spiare con Paragon, non è stata la polizia penitenziaria. Si chiamano fuori anche polizia, carabinieri e guardia di finanza. Appare chiaro che le risposte che sta dando il sottosegretario alla presidente non sono esaustive. La maggioranza continua a dire: ma che c’entra il governo? Non sanno, o fingono di non sapere, che la richiesta di intercettare preventivamente qualsiasi utenza deve essere firmata personalmente o da Meloni o da Mantovano. Per poi andare al vaglio del procuratore generale presso la Corte d’appello di Roma. Chi ha firmato la richiesta di intercettare un giornalista, contravvenendo alle leggi dello Stato? E perché proprio il direttore della testata che ha fatto uno scoop contro Fratelli d’Italia? Al quale Giorgia Meloni ha risposto con una frase durissima, che forse non tutti ricordano. Ma che giova riprendere.

Dobbiamo risalire al 28 giugno 2024. In uno dei rari momenti di incontro con la stampa, i giornalisti chiedono a Meloni cosa ne pensi dello scoop di Fanpage che ha svelato come nel movimento giovanile di Fratelli d’Italia ci siano richiami al Ventennio, inni al razzismo, omofobia diffusa e insulti antisemiti. Meloni prende le distanze da certe espressioni ma difende i suoi ragazzi che sono «bellissimi». E fin qui tutto in linea con l’atteggiamento standard di Giorgia Meloni sempre pronta a giustificare i suoi e condannare gli altri. Ma non è questa la cosa più grave, rileggendo dopo mesi quelle dichiarazioni. La vera frase che fa sobbalzare sulla sedia è un’altra. Giorgia Meloni tira in ballo anche il presidente della Repubblica (sic!) e si esprime così: «Nella storia della Repubblica italiana non è mai accaduto quello che Fanpage ha fatto con Fratelli d’Italia, con nessun partito politico, con nessuna organizzazione giovanile, con nessuna organizzazione sindacale… In altri tempi questi sono i metodi che usavano i regimi». Addirittura. E sapete perché? Perché due giornalisti di Fanpage si sono finti militanti di Fdi. Invece che cacciare gli antisemiti, Giorgia attacca l’informazione. E passi. Ma la frase che da giorni leggo e rileggo è questa: «Prendo atto che questa è una nuova frontiera dello scontro politico anche per come chiaramente la politica l’ha utilizzato. Quindi è uno strumento che sicuramente si potrà utilizzare come strumento politico».

Cosa significa questa frase criptica, «si potrà utilizzare come uno strumento politico»? A cosa allude la premier? È una sorta di «bomba libero tutti», come dire: mi avete messo giornalisti dentro l’organizzazione giovanile, adesso ve la faccio pagare? E quali strumenti ha la premier per «utilizzare come uno strumento politico». Perché ovviamente mi auguro che le due vicende siano slegate. Ma vi rendete conto che può sembrare strano se dopo qualche mese dall’inchiesta all’improvviso viene intercettato proprio il direttore della testata autrice dello scoop? Forse la Meloni avrebbe fatto meglio a fare una telefonata a Francesco Cancellato. E dirgli: caro direttore, collega iscritto all’albo dei giornalisti come me, so che hai ricevuto un messaggio da WhatsApp, sappi che faremo di tutto per capire che cosa è successo. Non consentiremo che ti spiino e difenderemo la tua libertà di fare il giornalista. Perché dalla qualità dell’informazione dipende la democrazia del Paese. Nulla. Cancellato sa di essere spiato dall’informazione che gli arriva da Meta. I diritti del cittadino italiano sono garantiti da Zuckerberg, non da Meloni. E Meloni si rifiuta di rispondere, non a Fanpage, ma alle opposizioni del Paese".

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