"Un'operazione di portata storica", "un cambiamento incredibile", "la svolta buona". Sono solo alcune delle locuzioni usate da Matteo Renzi nel presentare il pacchetto di riforme ed interventi frutto del risultato del primo vero Consiglio dei ministri della sua reggenza. Il tutto a poche ore dall'approvazione dell'Italicum e con una conferenza stampa nel solco della "narrazione renziana": quella della velocità di pensiero e azione, della concretezza ma con il "respiro ampio del sognatore", della leggerezza che non perde l'efficacia. Una gigantesca rappresentazione dell'ego di Renzi, come hanno sostanzialmente notato in tanti, ma che ad essere onesti si è mossa nel solco di un percorso già tracciato a livello di comunicazione politica (le slide alla Monti, la solennità del momento di Letta e ovviamente la "unicità" berlusconiana).
La vera questione è capire cosa c'è dietro la mitopoiesi renziana, quanta consistenza abbia il progetto dell'ex Sindaco di Firenze e cosa ci sia oltre gli annunci, le promesse (vi consigliamo di tenere d'occhio il counter realizzato da Valigia Blu), le scelte stilistiche e comunicative. Risposte che arriveranno fra pochi giorni, si spera, visto che per il momento il prodotto concreto del Consiglio dei ministri ricorda i brodini caldi del duo Saccomanni – Letta per quel che concerne il lavoro (parliamo ovviamente del decreto legge), consta di un piano casa la cui efficacia è tutta da valutare e di un pacchetto di riforme istituzionali su cui pende la spada di Damocle del Vietnam parlamentare.
È indubbio però che il complesso di misure annunciate da Renzi rappresenterebbe un enorme passo in avanti per il Paese. Sblocco debiti della pubblica amministrazione, taglio del cuneo fiscale, sforbiciata all'Irap, assegno di disoccupazione universale, sperimentazione del compenso minimo orario, adeguamento a livelli europei della tassazione delle rendite finanziarie, credito d'imposta sulla ricerca e via discorrendo: provvedimenti che il Paese attende da tempo e che vanno nella direzione dell'ampliamento delle tutele e della restituzione del potere d'acquisto ai cittadini. Il punto è però sempre lo stesso: la distanza che c'è, non solo in termini temporali, fra promesse e fatti, fra propaganda e azione politica. E dovrebbe essere questo il dibattito, che invece si riduce alla speculazione sul paragone con Silvio Berlusconi, il grande comunicatore, il piazzista di Arcore in grado di vendere sogni e bugie. Il Cavaliere veniva dalla televisione, dalla creazione del bisogno, dalla manipolazione dei dati e dalla interpretazione dei numeri. Renzi viene dalla pratica amministrativa e punta a riproporre il modello della gestione da Sindaco: quello dei tempi certi e della concretezza dell'azione politica, che sottende anche un diverso rapporto con i cittadini. Una differenza sostanziale.
Certo è che il Presidente del Consiglio ha fissato in alto l'asticella, consapevole probabilmente, ma per nulla intimorito di una partenza con l'handicap dell'assenza di una maggioranza solida (vedremo se la manina dell'amico Silvio sarà pronta a soccorrerlo come sull'Italicum) e della mancanza della legittimazione popolare. Ed è una sfida ad una sola condizione: che il giudizio sia sui fatti. E proprio sui fatti va "sfidato" Renzi, riducendo il carrozzone mediatico e quel misto di arroganza, sfrontatezza e presunzione che lo accompagna a caratteri non essenziali, a mero contorno. Intendiamoci, non si tratta di disconoscere l'importanza della forma, della rappresentazione del potere o della stessa comunicazione istituzionale, né di affermare che il modello vincente sia quello del pragmatismo dell'agire che derubrica a futilità le riflessioni concettuali ed ideologiche. Nel caso di Renzi si tratta però di scoprire finalmente cosa si celi dietro la maschera del "nuovismo" e quanta consistenza abbia il #cambiaverso renziano. Non si tratta cioè di piegare il giudizio al risultato, ma di far piazza pulita degli orpelli, delle ricostruzioni interessate, del fumo mediatico e "capire" Matteo Renzi. Citando, a sproposito e ci perdonerete, Etty Hillesum diremmo: "Non sono i fatti che contano nella vita, conta solo ciò che grazie ai fatti si diventa". Certo, il compromesso cencelliano e democristiano che si nascondeva dietro la rottamazione non è un precedente incoraggiante…