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Elezioni politiche 2018

Renzi: “Il mio ciclo alla guida del Pd si è chiuso ma resto nel partito”

Matteo Renzi, nel giorno della direzione del Pd, ribadisce che le sue dimissioni da segretario sono reali e che il suo ciclo alla guida del partito si è chiuso. “Io sto nel Pd in mezzo alla mia gente. Me ne vado dalla segreteria, non dal partito”, afferma assicurando che non fonderà un nuovo movimento.
A cura di Stefano Rizzuti
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Il segretario (dimissionario) del Pd Matteo Renzi chiude la sua esperienza alla guida del partito: “Il mio ciclo alla guida del Pd si è chiuso”, afferma in un’intervista al Corriere della Sera nel giorno in cui la direzione dem si riunirà e riceverà le dimissioni di Renzi. “Abbiamo fatto uscire l’Italia dalla crisi. Quando finirà la campagna di odio tanti riconosceranno i risultati. Ma la sconfitta impone di voltare pagina. Tocca ad altri. Io darò una mano”, afferma il segretario assicurando che non uscirà dal Pd per fondare un nuovo partito o movimento: “Di partiti in Italia ce ne sono anche troppi. Io sto nel Pd in mezzo alla mia gente. Me ne vado dalla segreteria, non dal partito”.

Renzi parla delle sue dimissioni: “Le mie dimissioni non sono un fake. Ho seguito le indicazioni dello Statuto e dunque sul nuovo segretario deciderà l’assemblea. Rispetteremo la volontà di quel consesso. Sui nomi non mi esprimo; anche perché sono tutte persone con cui ho lavorato per anni. Io non parlo male di loro; li rispetto, li difendo. E se qualcuno ha cambiato idea su di me, è libero di farlo”. Alle consultazioni al Quirinale, assicura il segretario del Pd, andranno i due capigruppo, il presidente e il reggente del partito.

Allo stesso tempo Renzi garantisce che non è rimasto solo: “Mai come in queste ore il Pd riceve email e richieste di iscrizione. Nel popolo Pd la stragrande maggioranza sta sulla nostra linea: nessuno vuole fare l’accordo con gli estremisti. Altro che Giglio magico isolato. Qualche dirigente medita il trasformismo? Forse. Del resto la viltà di oggi fa il paio con la piaggeria di ieri. E se per caso in futuro dovessimo tornare, sarebbe accompagnata dall’opportunismo di domani. I mediocri fanno sempre così: hanno scarsa fantasia, i mediocri. Ma il nodo non è il dibattito interno. Capisco sia importante il nome del nuovo segretario; ma è più importante il nome del nuovo premier. Tutti parlano di noi, nessuno parla della crisi istituzionale in cui ci troviamo”.

Renzi parla poi dei voti persi dal Pd rispetto al passato:

Siamo passati da 13 milioni di voti del referendum ai 6 milioni di domenica scorsa. Abbiamo dimezzato i voti assoluti rispetto a quindici mesi fa. Allora eravamo chiari nella proposta e nelle idee. Stavolta — e mi prendo la responsabilità — la linea era confusa, né carne né pesce: così prudenti e moderati da sembrare timidi e rinunciatari. Dopo un dibattito interno logorante, alcuni nostri candidati non hanno neanche proposto il voto sul simbolo del Pd, ma solo sulla loro persona. Ci attende una lunga traversata nel deserto. Ma ripartire da zero, dall’opposizione, può essere una grande occasione. La politica è fatta di veloci cambi. La sconfitta è una battuta d’arresto netta, ma non è la fine di tutto.

Secondo il segretario del Pd se si fosse votato prima del 2018 sarebbe andata meglio per il suo partito: “Sarebbe cambiata l’agenda politica. L’agenda sarebbe stata l’Europa, non altro. Come è stato per Macron o per Merkel. E prima ancora come è stato in Olanda per Rutte. Sull’Europa non avrebbero vinto le forze sovraniste. Ma poiché avevo visto per tempo questo rischio e l’ho illustrato più volte invano, mi sento io il responsabile delle mancate elezioni anticipate. Nessuna polemica con nessuno”. Ma la colpa del crollo non è da imputare agli scissionisti andati dentro Liberi e Uguali: “Per mesi abbiamo parlato solo degli scissionisti, e loro hanno preso meno consensi che Vendola 5 anni fa o Bertinotti 10 anni fa? Hanno avuto più articoli sui giornali che voti nei seggi. E ne parliamo ancora?”.

Il Pd e lo stallo per formare il governo

Quella che Renzi definisce una crisi istituzionale non ha nulla a che vedere con il Pd, secondo il suo segretario: “Ci sono due vincitori ma non c’è maggioranza. Qualcuno ammetterà che con il No al referendum è difficile dare un governo stabile al Paese? Scommetto che tra qualche mese il tema della riforma costituzionale tornerà centrale. Forse qualche settimana”. Renzi assicura che non ci potrà essere alcun “governo guidato dai 5 Stelle che possa ottenere il via libera del Pd. Non è un problema di odio che i grillini hanno seminato. E non è solo un problema di matematica, visto che i numeri non ci sono o sarebbero risicatissimi. I grillini sono un’esperienza politica radicalmente diversa da noi. Lo sono sui valori, sulla democrazia interna, sui vaccini, sull’Europa, sul concetto di lavoro e assistenzialismo, di giustizia e giustizialismo. Abbiamo detto che non avremmo mai fatto il governo con gli estremisti, e per noi sono estremisti sia i 5 Stelle che la Lega. L’unico modo che hanno per fare un governo è mettersi insieme, se vogliono”.

Di Maio e Salvini hanno “il diritto e forse il dovere di provarci”, dice Renzi riferendosi alla possibilità che i due formino un governo insieme: “Noi non faremo da stampella a nessuno e staremo dove ci hanno messo i cittadini: all’opposizione”. Renzi esclude anche la possibilità di far nascere un governo di centrodestra con un presidente del Consiglio meno estremista di Salvini grazie all’astensione del Pd. E sostiene che l’appello al senso di responsabilità di Sergio Mattarella e Mario Draghi si rivolge “soprattutto ai gruppi più grandi: la palla oggi è in mano alle destre e ai 5 Stelle”. Il segretario del Pd aggiunge: “Secondo me nessuno dei due schieramenti vincenti vuole tornare a votare. Prenderebbero la metà dei parlamentari che hanno adesso. Leghisti e grillini sono i più convinti che questa legislatura debba durare 5 anni. Umanamente comprensibile, sia chiaro”.

Il passato e il futuro di Renzi

Renzi afferma di non aver rimpianti, neanche in merito al fatto di essere andato a Palazzo Chigi senza passare per un’elezione diretta: “Abbiamo fatto bene a fare quell’operazione nel 2014, altrimenti lo tsunami populista sarebbe arrivato con le Europee anziché con le politiche. Oggi il Paese può reggere anche mesi di discussioni tra Di Maio e Salvini, perché l’economia sta molto meglio”.

E sul suo futuro, Renzi spiega cosa farà ora: “Il senatore. Sono tra i pochi nel Pd ad aver vinto nel proprio collegio. Chi mi conosce davvero non ha di me un’immagine sporcata dalle polemiche. La mia gente sa chi sono; intendo onorare il loro affetto”.

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