Renzi: “Franchi tiratori al Senato sul Jobs Act? Non credo”
Matteo Renzi, all’indomani dello scontro in direzione Pd sull’articolo 18, è apparso sereno. E, rispondendo ai giornalisti prima della segreteria Pd odierna, ha commentato brevemente quanto accaduto esprimendo il suo pensiero. “Franchi tiratori al Senato sul Jobs Act? No, non credo perché ieri c’è stata una discussione seria, lunga, al termine della quale il partito si è espresso. Ora si tratta di definire il documento nelle varie fattispecie”, così il premier. Facendo riferimento al dibattito sul Jobs Act Renzi ha detto che “va bene, bene così”. Il presidente del Consiglio ha risposto anche a una domanda relativa alla Consulta e in particolare a chi gli ha chiesto se per arrivare all’elezione dei due giudici della corte costituzionale sarà necessario virare su due nomi diversi da quelli di Donato Bruno e Luciano Violante ha detto che la valutazione rimane di competenza del Parlamento. Il premier ha percorso a piedi il tratto che separa Palazzo Chigi dalla sede del Nazareno, dove questa mattina si è riunita la segreteria dem, e nel tragitto si è lasciato andare a qualche stretta di mano e qualche saluto veloce.
Articolo 18, il Pd si spacca
Nella serata di ieri Matteo Renzi ha portato a casa il sì della direzione del Pd a un documento che modifica la delega lavoro accogliendo alcuni rilievi delle minoranze, ma la mediazione che si era cercata fino all'ultimo è fallita. La minoranza del partito si è divisa tra 20 voti contrari e 11 astenuti. Centotrenta, invece, i voti a favore. La mozione, sottolineano fonti dem, è passata con l’86% dei consensi. Tra i venti esponenti della direzione Pd ad aver votato contro la relazione del segretario ci sono Massimo D’Alema, Pierluigi Bersani e Pippo Civati. Durante la lunga discussione Renzi ha spronato la direzione a “superare i tabù del passato” e ha aperto ai sindacati “sfidandoli”: “Sono disponibile a riaprire la sala verde di palazzo Chigi la prossima settimana a Cgil-Cisl-Uil, ma li sfido sulla rappresentanza sindacale, il salario minimo, la contrattazione di secondo livello”.