Renzi dice che Meloni sul decreto Lavoro ha mentito due volte
"La presidente del Consiglio ha detto il falso, non è il taglio delle tasse più alto degli ultimi decenni". Matteo Renzi convoca una conferenza stampa di Italia Viva per parlare del decreto Lavoro e ribadire un concetto già espresso in un tweet qualche giorno fa. La spiegazione è affidata a Luigi Marattin, seduto accanto a Renzi. Dall'altro lato Raffaella Paita. "Vai Gigi", dice il leader. Marattin illustra le due bugie del governo Meloni: non c'è un aumento di stipendio medio di 100 euro e non è il taglio delle tasse più importante degli ultimi decenni. Ma non solo: il governo si è messo nella condizione di partire già con venti miliardi in meno nella scrittura della prossima manovra di bilancio, viste tutte le misure temporanee da confermare con il rischio di replicare il caso accise.
"In una sinistra che sogna la patrimoniale, in una destra che sogna la flat tax, siamo gli unici pronti a lavorare seriamente sul fisco – dice Renzi – Chiediamo al governo una sessione parlamentare sulle tasse, venga in aula anziché stare su Youtube. Meloni ci venga a dire perché in campagna elettorale parlavano di flat tax e ora c'è un taglietto del cuneo fiscale". E attacca: "Su questo tema finisce la luna di miele dell'esecutivo, perché parlano bene in campagna elettorale e razzolano male governando". Ma gli spunti non mancano, anche per colpire le altre opposizioni: "La prima proposta di Elly Schlein va nella direzione della patrimoniale, e noi siamo diversi da questa sinistra perché loro vogliono alzare le tasse – insiste Renzi – Il Pd più dice patrimoniale più perde le elezioni come dimostrato da Enrico Letta".
Intanto "Meloni la storia l'ha fatta su Instagram – insiste Renzi – Cara Giorgia, lascia Youtube e vieni in Parlamento". Quanto al decreto in sé, al di là della questione della linea comunicativa del governo, il leader di Italia Viva insiste: "Tornano alle misure del Jobs act e al Rei, ma vale tutto visto che oggi Salvini esulta per aver abolito il reddito di cittadinanza che lui stesso aveva approvato".