Regolarizzazione migranti a singhiozzo, troppi ritardi: per concludere le pratiche servono decenni
Il dossier realizzato da Ero Straniero con i dati aggiornati del Viminale sulle regolarizzazioni mostra un quadro preoccupante. Il provvedimento del decreto Rilancio, varato a maggio dal governo Conte bis per far emergere il lavoro nero nel Paese, rischia di essere un flop e di finire stritolato dalla burocrazia e soprattutto dalla pandemia, che sta rallentando l'espletamento delle pratiche. Per motivi di sicurezza infatti le convocazioni nelle prefetture procedono a singhiozzo, visto che per le norme anti Covid i contatti con il pubblico sono stati ridotti drasticamente.
Il problema non è però solo di chi è vittima diretta delle lungaggini e del sistema paralizzato, perché non è possibile assicurare la riuscita della campagna vaccinale se non si coinvolgono anche gli irregolari: c'è una fetta di popolazione invisibile che non avrà modo di immunizzarsi se prima non viene regolarizzata.
I dati sulla regolarizzazione
La sanatoria si rivolgeva a migranti e lavoratori italiani impiegati come braccianti, colf e badanti, e prevedeva due binari: il primo riguarda la possibilità di regolarizzare chi è già presente sul territorio italiano, su richiesta dei datori di lavoro; il secondo binario riguarda il rilascio da parte della questura di un permesso di soggiorno temporaneo di sei mesi, per chi è in possesso di un permesso scaduto dal 31 ottobre 2019 e ha già avuto un contratto nei settori agricoltura, zootecnia, assistenza alla persona e assistenza domestica: prima della scadenza dei sei mesi, dietro esibizione di contratto di lavoro subordinato, lo straniero può convertire il permesso di soggiorno temporaneo in permesso per motivi di lavoro.
Ero Straniero, campagna che nasce dalla raccolta firme del 2017 a favore della proposta di legge di iniziativa popolare per modificare le politiche sull’immigrazione e superare la Bossi-Fini, ha messo in luce come, a sei mesi dalla chiusura della finestra per accedere alla regolarizzazione, in quasi tutti i territori presi in esame ci siano ritardi gravissimi, che rischiano di compromettere l'efficacia della misura. Si calcola che in alcuni casi per portare a termine la procedura potrebbero servire anche decenni.
Al 31 dicembre 2020, delle oltre 207.000 domande presentate dal datore di lavoro per l’emersione di un rapporto di lavoro irregolare o l’instaurazione di un nuovo rapporto con un cittadino straniero (articolo 103, comma 1, del decreto legge n. 34 del 19 maggio 2020), in tutt'Italia erano stati rilasciati soltanto 1.480 permessi di soggiorno, cioè lo 0,71% del totale. Numeri sconfortanti, se si pensa che in principio l'obiettivo era regolarizzare 400mila migranti.
Inoltre al 16 febbraio 2021 risulta che solo il 5% delle domande è giunto nella fase finale della procedura, mentre il 6% è nella fase precedente della convocazione di datore di lavoro e lavoratore per la firma del contratto in prefettura e il successivo rilascio del permesso di soggiorno.
In circa 40 prefetture, distribuite su tutto il territorio, non sono state avviate nemmeno le convocazioni, denuncia Ero Straniero, e le pratiche sono ancora nella fase iniziale di istruttoria. Questo significa che ci sono in questo momento 200mila in attesa di risposta e che vivono in una condizione di precarietà.
I dati sullo stato di avanzamento delle istanze forniti da ministero dell'Interno, prefetture e questure, sono emersi attraverso una serie di accessi agli atti fatti dalla Campagna Ero Straniero (di cui fanno parte Radicali Italiani, Fondazione Casa della carità “Angelo Abriani”, ARCI, ASGI, Centro Astalli, CNCA, A Buon Diritto, Oxfam Italia, ActionAid Italia, Fcei – Federazione Chiese Evangeliche in Italia, CILD, ACLI, Legambiente Onlus, ASCS – Agenzia Scalabriniana per la Cooperazione allo Sviluppo, AOI) che sta raccogliendo diverse segnalazioni di criticità.
Per concludere le pratiche servono anni
Per fare qualche esempio a Roma, al 31 gennaio, su un totale di 16.187 domande ricevute, lo sportello unico della prefettura aveva 900 domande in trattazione, ma nessuna pratica era arrivata alla fase conclusiva della firma del contratto di soggiorno. La prefettura stima di poter effettuare in sicurezza nei propri locali 60 convocazioni alla settimana. Ma con questi ritmi ci vorranno oltre 5 anni per concludere le procedure di emersione in corso.
A Milano, a metà febbraio su oltre 26.000 istanze ricevute in totale, 289 pratiche risultano in istruttoria e non c’è stata ancora nessuna convocazione in prefettura. Per rispettare le regole di sicurezza, si sta procedendo con 16 convocazioni a settimana: secondo il dossier servirebbero più di 30 anni per portare a termine tutte le domande. Altre Prefetture interpellate hanno confermato che non potranno ricevere nei propri locali più di 4-5 persone al giorno, e di conseguenza di prevedono tempi ancora più lunghi.
Migliore la situazione per il secondo binario previsto dal provvedimento (comma 2 dell’art. 103 del decreto rilancio), quello percorribile da chi aveva avuto precedenti esperienze lavorative nei settori interessati dalla misura, e che permetteva allo stesso lavoratore, e non al datore di lavoro, di chiedere direttamente alla questura un permesso di soggiorno temporaneo: 8.887 permessi di soggiorno sono stati rilasciati al 31 dicembre su 12.986 domande presentate, il 68%, e di questi permessi temporanei, 346 sono stati successivamente convertiti in permessi di soggiorno per lavoro. Ma Arci ha già sottolineato in passato il vulnus rappresentato da questa misura: troppo restrittivo il criterio di esclusione, perché la data limite per il permesso di soggiorno, che doveva risultare scaduto a partire dal 31 ottobre 2019, ha lasciato fuori decine di migliaia di persone. E infatti le richieste sono state pochissime.
La proposta di legge di iniziativa popolare della campagna Ero Straniero
Secondo Ero straniero non è sufficiente un provvedimento straordinario per affrontare l’irregolarità (dal 1986 a oggi ci sono state ben sette sanatorie come questa). Ma serve uno strumento che risolva a lungo termine la questione, una regolarizzazione su base individuale degli stranieri "radicati" nel territorio, e cioè una procedura di emersione sempre accessibile che dia la possibilità a chi è senza documenti di mettersi in regola, lavorare alla luce del sole, pagare tasse e contributi come qualsiasi altro cittadino, che potrebbero rappresentare un apporto fondamentale per la crisi economica e sanitaria che stiamo attraversando.
Va in questa direzione la proposta di legge di iniziativa popolare promossa dalla campagna Ero straniero, depositata in Parlamento il 27 ottobre 2017 con oltre 90.000 firme, e che ora è all’esame della Commissione affari costituzionali della Camera.
Il testo, in 8 articoli, ha due obiettivi principali: vuole introdurre canali di ingresso per lavoro che facilitino l'incontro dei datori di lavoro italiani con i lavoratori dei Paesi terzi, in modo da governare anche i flussi migratori; e prevedere appunto la possibilità di regolarizzare gli stranieri in Italia che si trovino in situazione di soggiorno irregolare a fronte della disponibilità di un lavoro o di legami familiari, sul modello di quanto già avviene in Spagna e Germania.