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Regioni, tutti contro un nuovo lockdown: le posizioni dei presidenti tra chiusure e restrizioni

Da chi minaccia un nuovo lockdown a chi cerca di evitare a ogni costo la chiusura di qualsiasi attività, la posizione dei presidenti di Regione non è uniforme. Ma è, forse, meno eterogenea che in passato. Ed è anche più in linea con l’atteggiamento del governo. L’obiettivo è evitare nuovi lockdown, ma sulle restrizioni le visioni restano tutt’altro che identiche.
A cura di Stefano Rizzuti
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Dal più moderato al più estremista, quasi tutti i presidenti di Regione sono contrari a un nuovo lockdown. Una misura estrema, che tutti vogliono evitare, a partire dal governo, come più volte detto anche dal presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. Ma qualche restrizione ci sarà, più o meno limitante e potrebbe arrivare già nelle prossime ore con il dpcm annunciato dallo stesso Conte. In questo caso le posizioni tra i presidenti di Regione diventano meno sfumate e si nota maggiormente la differenza tra chi ritiene indispensabile introdurre qualche restrizione e chi, invece, crede che si debbano evitare a ogni costo.

Il partito dei governatori stavolta sembra avere una linea non poi così dissimile a quella del governo. L’obiettivo comune è evitare un lockdown generalizzato e cercare di optare per meno chiusure possibili. Ma se il governo vuole limitare maggiormente alcune attività (basti pensare alle feste, le cerimonie o alla movida), non tutti i presidenti di Regione sembrano essere d’accordo. Per esempio Attilio Fontana, presidente della Regione Lombardia, chiede misure “che non vadano a incidere sull’economia: non possiamo permetterci di creare altre chiusure”. Anche Giovanni Toti, in Liguria, vuole evitare restrizioni eccessive, ma non esclude mini-lockdown per alcuni quartieri, soprattutto a Genova: l’obiettivo è comunque “cercare di danneggiare il meno possibile un’economia che fa molta fatica”. E per bar e ristoranti bisogna “prendere le misure minime senza determinare chiusure penalizzanti”.

Più soft sembra essere la posizione di Luca Zaia: il presidente della Regione Veneto si dice favorevole a “ragionevoli misure di contenimento ma senza fughe in avanti”. Quindi sì restrizioni, ma no lockdown e chiusure, che al momento si sente di poter escludere per la sua regione. Linea simile a quella espressa da Stefano Bonaccini, che è anche presidente della Conferenza delle Regioni, oltre che dell’Emilia-Romagna. Bonaccini chiede misure mirate “per evitare il lockdown”. Obiettivo comune a tutti i presidenti.

C’è anche chi, però, l’ipotesi di un lockdown, quantomeno locale, non la esclude. È il caso di Vincenzo De Luca, che ha già annunciato di essere pronto a chiudere la Campania nel caso in cui ci siano mille contagi giornalieri e 200 guariti. La linea che va per la maggiore è comunque quella morbida, con interventi minimi e mirati. Per Nello Musumeci, governatore della Sicilia, “la linea più dura non la decide la politica ma i numeri” del contagio. Nessuna preoccupazione per Michele Emiliano, secondo cui in Puglia non c’è una saturazione degli ospedali e non c’è, quindi, “nessuna attuale preoccupazione". C’è poi chi, come Massimiliano Fedriga (Friuli-Venezia Giulia) lamenta la scarsa autonomia lasciata dal governo alle Regioni nell’adottare misure meno restrittive.

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