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Referendum costituzionale 20 e 21 settembre 2020

Regionali e Referendum, Matteo Salvini “viola” anche oggi il silenzio elettorale

Ormai è diventata quasi una tradizione: nei giorni del voto, quando è in vigore il cosiddetto silenzio elettorale, il leader della Lega Matteo Salvini fa propaganda senza sosta sui propri canali social, sfruttando le lacune di una legge che risale al 1956 ed è stata modificata nel 1984, dunque non si occupa di internet e social.
A cura di Redazione
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Ormai è una tradizione consolidata: nei giorni del silenzio elettorale, ma soprattutto in quelli in cui si vota, il leader della Lega Matteo Salvini intensifica la propria attività sui social network e fa propaganda diretta per i suoi candidati, contrariamente a ciò che fa la stragrande maggioranza degli altri leader politici. Dopo aver postato appelli al voto per le Regionali e indicazioni chiare verso i candidati sostenuti dalla Lega già nella giornata di ieri, questa mattina Salvini ha utilizzato i suoi profili su Facebook, Twitter e Instagram per rilanciare manifesti elettorali, slogan e inviti al voto, supportati dall'hashtag #OggiVotoLega, coniato proprio per la giornata odierna, in cui si vota dalle 7 alle 23. Su Facebook ha addirittura cambiato l'immagine di copertina della propria pagina, invitando a votare per la Lega domenica e lunedì. Poco spazio, finora, per il referendum sul taglio dei parlamentari, su cui la Lega ha comunque una posizione più defilata.

Una strategia che di solito prosegue per l'intera periodo della consultazione e che già in passato ha suscitato non poche critiche nei confronti del leader leghista, accusato di aver rotto quel "patto fra gentiluomini" che regola implicitamente le situazioni in cui non è possibile fare direttamente riferimento a una normativa.

Il silenzio elettorale e il vuoto normativo

Tecnicamente, infatti, non si tratta di una vera e propria violazione di norme di legge, perché l'ex ministro dell'Interno sfrutta un vuoto normativo e si muove in un terreno su cui esistono solo linee guida non vincolanti dell'AGCOM. La legge che disciplina il silenzio elettorale è la 212 del 1956, che all'articolo 9 commi 1 e 2 recita: "Nel giorno precedente ed in quelli stabiliti per le elezioni sono vietati i comizi e le riunioni di propaganda elettorale diretta o indiretta, in luoghi pubblici o aperti al pubblico, nonché la nuova affissione di stampati, giornali murali od altri o manifesti di propaganda o l’applicazione di striscioni, drappi o impianti luminosi. Nei giorni destinati alla votazione è vietata, altresì, ogni propaganda elettorale entro il raggio di 200 metri dall’ingresso delle sezioni elettorali". Il testo è stato poi modificato nel 1971 e nel 1984, per includere nelle violazioni anche la propaganda trasmessa dalle emittenti radiotelevisive private, ma ovviamente non contempla la propaganda su Internet e men che meno quella sui social network.

Un'area grigia su cui ha provato a fare luce l'AGCOM, con delle linee guida per le piattaforme digitali che però non hanno valore di legge, ma rappresentano esclusivamente delle indicazioni cui sarebbe opportuno attenersi. La prassi, in effetti, è anche quella del fair play fra i candidati e i partiti, che evitano di speculare su lacune normative o sull'esiguità della multa prevista in caso di violazioni accertate (fino a un massimo di mille euro) proprio per non influenzare il voto dei cittadini. Salvini e il suo staff, evidentemente, la pensano diversamente.

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