Regina Sluszny è una dei seimila bambini che, in Belgio, scamparono al campo di sterminio di Auschwitz grazie a una straordinaria rete clandestina di famiglie non ebree che scelsero di dare rifugio a migliaia di bambini, rischiando loro stessi la vita, pur di salvarli dai rastrellamenti e dalla deportazione.
In accordo con i genitori naturali, le nuove famiglie accolsero questi bambini come fossero figli loro, per anni, fingendo e mentendo di fronte alle autorità pur di preservarli dai rastrellamenti. I bambini furono nascosti in famiglie cosiddette normali, che però avevano scelto di compiere un gesto eccezionale, quello di stare dalla parte giusta, di non voltare lo sguardo di fronte all'orrore.
Sono riuscito a intervistare Regina Sluszny, salva perché bionda e accolta da Ana e Charles; sono riuscito a incontrarla grazie al Festival della Memoria living memory, ideato da Terra del Fuoco Trentino, e a Paolo Paticchio fondatore e presidente dell'associazione Treno della Memoria. A loro va il mio ringraziamento, perché la memoria è davvero "una questione collettiva".
Regina Sluszny, prima di iniziare l'intervista le chiedo di chiudere gli occhi e dirmi la prima riflessione che le viene in mente.
La mia riflessione è questa: perché c'è bisogno di fare la guerra? Facendo la guerra avrai morti da entrambe le parti, nulla di buono può uscire dalla guerra. E' lo stesso in Israele e Gaza. Non dovrebbe importare se sei cristiano, o musulmano, o non credente, o ebreo, conta la persona che sei! Niente di buono può uscire dalle guerre, ogni persona che muore è una persona di troppo.
Ora facciamo un passo indietro. Quando è nata?
Sono nata nel mese di settembre, era il 1939.
Non era una buona data per nascere.
Non era il tempo migliore per nascere, certamente no. Perché nel 1940 i tedeschi arrivarono in Belgio, dove vivevo con i miei genitori e i miei due fratelli.
Qual era la situazione generale, per le persone ebree?
Hitler voleva che tutti gli ebrei scomparissero dalla Terra. Così fece delle leggi, iniziando però con lo spedire delle lettere, in cui era scritto di recarsi in Municipio e mettere il proprio nome in un archivio, insieme a quello dei figli e a un indirizzo di residenza. Poi loro mettevano sul documento un francobollo con sopra disegnata la stella di David, e in quel momento tu ricevevi un piccolo pezzo di stoffa a forma anch'esso di stella di David. Quel pezzo di stoffa dovevi metterlo obbligatoriamente sul tuo cappotto, oppure sul tuo vestito, quando uscivi in strada. In questo modo i tedeschi avrebbero potuto riconoscerti più facilmente.
Poi una copia di quell'archivio, con tutti i nomi e gli indirizzi delle persone ebree, fu consegnato ai nazisti. E quello fu l'inizio di quella che lei chiama "razia".
Sì, "razia" è quando mettevano un'auto in cima alla strada e un'altra alla fine della strada, e poi andavano da un appartamento all'altro e sapevano esattamente quante persone dovevano portare fuori dall'appartamento.
Ed è in questo momento che per la prima volta proverete a fuggire, scappando da Antwerp in Belgio, dove vivevate, provando a raggiungere l'Inghilterra.
Dal Belgio si può raggiungere l'Inghilterra in barca, ma quando siamo arrivati l'ultima barca era appena partita, e siamo rimasti a dormire in una casa diroccata per colpa dei bombardamenti. La mattina, quando ci siamo svegliati, non c'erano più barche perché i tedeschi erano arrivati fino al mare.
Questa storia mi fa tornare in mente quella degli immigrati che scappano dal loro Paese per raggiungere l'Europa. Penso anche agli immigrati che arrivano in Italia con i barconi. Lei che cosa pensa?
Oggi le persone che vogliono salvarsi, e partono da altri Paesi per arrivare in Italia, o in Francia, o in Belgio, prima di tutto possono incontrare persone buone, che vogliono aiutarli a mettersi in salvo. Ma incontrano anche persone cattive, proprio come quelle che hanno consegnato le persone ebree ai tedeschi per soldi. Oggi viviamo la stessa situazione.
Torniamo al racconto. Ho capito che quando i tedeschi deportavano gli ebrei con i treni, loro pensavano davvero di andare a lavorare.
Sì, le persone ebree veramente pensavano che sarebbero andate a lavorare, non che li stessero portando in un campo dove uccidevano le persone. Soltanto due anni dopo l'inizio di tutto questo, compresero che le persone in quei luoghi venivano uccise. Così iniziarono a creare un'organizzazione per salvare i bambini. In Belgio ci furono fra i cinquemila e i seimila bambini e bambine salvati. Venivano nascosti in famiglie, oppure venivano nascosti tramite la Chiesa. Dicevano alle famiglie ebree: "Potete darci il vostro bambino, quando tornerete dal lavoro (cioè quello che loro pensavano fosse davvero un lavoro nei campi) ve lo ridaremo".
Erano famiglie non ebree che si offrivano di accudire i più piccoli fra i bambini ebrei, come se fossero i loro figli, nascondendoli clandestinamente e rischiando moltissimo, pur di salvarli.
Lei, Regina Sluszny, è stata una di quelle "bambine nascoste".
Sì, avevo due anni e mezzo quando capimmo che se non fossimo andati via, i tedeschi sarebbero venuti a prenderci per portarci ad Auschwitz.
Come si spiega Auschwitz?
Era un campo di sterminio. Significa che all'arrivo c'era subito una selezione. Quando arrivavano c'era un ufficiale con il pollice alzato, e la tua vita veniva decisa dalla direzione di quel pollice. Se puntava a destra, significava che saresti andato a lavorare per i tedeschi, considera che si trattava comunque di un lavoro finalizzato allo sterminio tramite una costante debilitazione fisica. Se invece l'ufficiale metteva il pollice dalla parte sinistra, significava che le donne con i bambini, gli anziani e le persone malate, dovevano essere caricate su un camion, che poi li avrebbe portati direttamente nelle camere a gas.
Regina Sluszny, la sua famiglia però non viene deportata ad Auschwitz, perché riesce a trovare rifugio presso una famiglia non ebrea. Era una famiglia composta da una coppia, Ana e Charles, che accettò di aiutarvi, nascondendovi.
Sì, Ana e Charles, erano persone meravigliose. Ti racconto questo episodio: loro non avevano figli, però lei aveva due gatti, e quando preparava il cibo per il pranzo, per lei e per il marito, preparava lo stesso cibo anche per il gatto, come se fosse un figlio.
Un giorno noi non avevamo abbastanza cibo e io avevo fame, però Ana e Charles non lo sapevano. Io avevo due anni e mezzo e vidi il cibo del gatto, poco distante, così mi infilai in un buco per rubarglielo. Ana era dietro una tenda e mi vide. A quel punto capì subito che se una bambina di due anni e mezzo cerca di rubare il cibo del gatto, significa che ha davvero molta fame. E da quel giorno Ana e Charles procurarono sempre il cibo per me, per i miei fratelli e per i miei genitori.
Voi lì eravate al sicuro.
Lo pensavamo, sì. Credevamo di essere in salvo. Ma qualcuno si era accorto che c'erano delle persone che vivevano nella "casa del Caffè". Quest'uomo, questo qualcuno, andò dai tedeschi e disse loro: "Io so dove sono degli ebrei". E ci denunciò, sicuramente, per la ricompensa economica in palio. Infatti, chi consegnava degli ebrei alle autorità naziste, riceveva una ricompensa.
I soldati andarono così a prenderli, ma Charles aveva ricevuto una soffiata dieci minuti prima e fece in tempo ad avvertirli, dicendo alla famiglia di Regina di scappare. In quei minuti Charles guardò Regina, aveva due anni e mezzo ed era bionda, dunque facilmente indistinguibile dall'aspetto tipico delle persone belghe e non ebree di quel tempo. E fece una proposta ai genitori di Regina, cioè ai tuoi genitori. Cos'è che disse loro?
"Se volete lasciare la più piccola a noi, potete farlo. Poi, se troverete un posto sicuro, potrete riprenderla". E i miei genitori, semplicemente, mi affidarono a loro.
Dove andarono i tuoi genitori e i tuoi fratelli?
Non sapevano dove se ne sarebbero andati, se ne andarono e basta. Si spostarono per tre anni, in quindici posti diversi. In ognuno di questi nascondigli, per tutti e tre gli anni, fu Charles a portare loro il cibo necessario, perché sapeva che senza cibo non sarebbero sopravvissuti. Poi, quando tornava a casa, a me diceva: "Tua madre ti manda tanti baci, tuo padre dice che ti ama". Io non penso di aver avuto la sicurezza che fossero vivi, però dentro il mio cuore lo sentivo, ci speravo.
Posso dire che lei ha avuto quattro genitori?
Sì, ho vissuto tutta la mia vita con quattro genitori, perché Ana e Charles per me erano come due genitori. Li amavo tutti e quattro allo stesso modo.
Sai, normalmente le persone hanno due genitori, e quando un giorno muoiono, devono seppellirne due. Siccome io avevo due coppie di genitori, ho dovuto seppellire quattro genitori, è stata veramente dura.
Quando vado a trovare Ana e Charles al cimitero porto loro dei fiori, perché erano cristiani, e porto anche delle piccole pietre, perché nella fede ebraica non si mettono fiori ma pietre, perché si viene dalla terra e si torna alla terra. Quindi con loro mi comporto come se fossero i miei veri genitori.
Anche suo marito fu un "bambino nascosto".
Mio marito perse tutta la sua famiglia, e per lui è stato molto difficile pensare a cosa gli era successo, perciò non riusciva mai a parlare di questa storia.
Io però conosco la storia di mio marito, perché ogni notte lui aveva gli incubi che tornavano a ricordargli cosa era accaduto. Lui per tutta la sua vita odiò i tedeschi per quello che era successo.
Lei ha una frase che porta sempre con sé?
Il mio mantra è: "Se tu dimentichi quello che è successo, non hai futuro. Se non hai memoria, non c'è futuro".
Grazie Regina Sluszny.
Grazie a te.