Referendum taglio parlamentari, Taverna: “Elettori non saranno influenzati dai giochetti della Lega”
Il 20 e 21 settembre i cittadini sono chiamati a votare per il referendum popolare confermativo sul testo di legge costituzionale pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 12 ottobre del 2019. Il testo intende dare una ‘sforbiciata' agli attuali 945 parlamentari portandoli a 600. In pratica si tratta di un taglio degli eletti complessivi pari al 36,5% che, stando ai detrattori della riforma, porterebbe a una riduzione dei costi dello 0,007%. Padre della riforma è il M5s, secondo cui si risparmierebbero 500 milioni di euro a legislatura, cioè 100 milioni annui. In un'intervista a Fanpage.it la vicepresidente di Palazzo Madama, la pentastellata Paola Taverna, spiega perché la riforma costituzionale che taglia 345 parlamentari portarà dei miglioramenti alla macchina legislativa e perché è importante andare a votare.
Ci spiega concretamente perché con il taglio del numero dei parlamentari le Camere funzionerebbero meglio?
Partirei da una riflessione: questa è una modifica della Costituzione su cui si ragiona da oltre 40 anni. Hanno presentato delle proposte di modifica simili, se non uguali, praticamente tutte le forze politiche. Noi siamo convinti che questa riduzione nel 2020, mantenendo il bicameralismo paritario, riducendo esclusivamente il numero dei parlamentari, e senza stravolgere la Carta costituzionale, possa portare a una gestione dell'Aula e dell'attività legislativa, più agile. Farà in modo che l'assemblea legislativa non sia più pletorica, ma diventi davvero un luogo di dibattito, con numeri adatti, che ne garantiscano finalmente l'efficienza.
I risparmi, dicono i detrattori, sono irrisori, circa 100 milioni all'anno. Cosa risponde ai sostenitori del no?
Io sono convinta che sia la somma a fare il totale. Detto questo per me il risparmio è solo un motivo in più per votare sì al referendum, che si aggiunge a tutti gli altri. Non ne faccio insomma la bandiera di questa riforma. È ovvio che le decurtazioni anche minime poi devono essere inserite in un contesto più ampio, reinvestendo quanto risparmiato in servizi per il cittadino.
Se vincesse il sì serviranno a breve una nuova legge elettorale, nuovi collegi, nuovi regolamenti. Non c'è il rischio che le Camere si ingolfino o peggio si paralizzino? Non era meglio inserire la riforma in un disegno complessivo?
Le Camere sono già al lavoro per modificare tutto quello che assicurerà i giusti contrappesi. L'iter della legge elettorale è già partito, il testo base della legge è stato adottato pochi giorni fa dalla commissione Affari Costituzionali. È stato approvato in seconda lettura al Senato la riduzione dell'elettorato attivo, che abbassa a 18 anni l'età per poter eleggere i senatori (oggi bisogna averne 25 ndr). E poi l'accordo con il Partito Democratico per far partire questo governo, e quindi il loro assenso sulla riduzione del numero di parlamentari, nasceva anche sulla possibilità di mettere mano anche ai regolamenti. Noi ci siamo dati come punto di partenza chiaro questa riforma. Dopodiché stiamo già lavorando sulla legge elettorale, sui regolamenti e su tutti quei contrappesi che faranno sì che questa riduzione non intacchi la democraticità e la rappresentatività.
Come si assicura che non vi sia uno scollamento eccessivo tra parlamentari e territorio?
Sorrido sempre quando sento quest'obiezione alla riforma. Come se oggi non ci fosse già un grande problema di rappresentatività, che dipende proprio dalla modalità con cui sono fatte le liste. Noi fino a oggi abbiamo votato su liste di nominati, molti dei cittadini con i quali io parlo e mi confronto tutti i giorni non conoscono minimamente i parlamentari dei loro territori. Insieme al Parlamento oggi c'è una lunga lista di luoghi dove la rappresentatività è garantita: dal 1963, da quando è stata fatta questa prima riforma della Costituzione che ha stabilito il numero di 945 parlamentari, noi abbiamo le Regioni, il Parlamento europeo, i Comuni, le Province, le Città Metropolitane. Ci sono insomma più livelli, non vedo nessun pericolo per la rappresentatività.
Sembra che la Lega, nonostante Salvini abbia dichiarato che voterà sì, a livello locale sia orientata per il ‘no', proprio per dare una spallata al governo e al M5s. Pensa che la volontà popolare possa essere influenzata dalle bordate dell'opposizione?
L'atteggiamento della Lega non è altro che un gioco politico, fatto sulla pelle dei cittadini, che sono chiamati a votare su una modifica della Costituzione. La Lega dovrebbe fare un po' pace con il cervello perché il voto che ha sancito la quarta lettura alla Camera è stato un voto al 98% dell'Aula. Questi sotterfugi servono a poco. Io mi affido al giudizio dei cittadini che credo confermeranno le indicazioni del Parlamento. Questo è un governo che sta lavorando bene, e merita un grande rispetto.
Siete disposti ad avviare una stagione di riforme con un patto con il Pd il giorno dopo le elezioni? Credete in quest'alleanza?
L'origine di questo governo è un fatto noto. Abbiamo dato avvio al Conte bis con un accordo di programma, il che significa che abbiamo stabilito che potevamo fare delle cose insieme. Oltre alla riduzione del numero dei parlamentari c'è necessità in questo momento di pensare al Paese. Arriveranno dei fondi importanti dall'Europa grazie al Recovery fund. Nel piano per ottenere i fondi Ue c'è anche il salario minimo, che è una nostra battaglia, e io sono stata molto contenta di ascoltare le parole della presidente della Commissione Ursula von der Leyen, si vede che l'Europa finalmente si è orientata verso progetti sociali, così come ci aspettavamo. Credo sia un atteggiamento responsabile e consapevole quello di continuare a lavorare per fare ciò di cui il Paese ha bisogno. Oggi siamo al governo con il Pd quindi si continuerà a farlo con il Pd.
Con il Pd diviso, Renzi che considera la riforma "uno spot elettorale", state sostenendo il peso della campagna elettorale per il sì. Vi aspettavate una maggiore partecipazione da parte dei vostri alleati?
Mi aspettavo coerenza, ma vista anche la nostra storia siamo abituati da sempre a fare battaglie per i cittadini, a prescindere da chi combatte con noi. I singoli politici risponderanno delle loro azioni anche in questa circostanza.
Il mancato accordo sul candidato comune della coalizione di governo rischia di favorire il centrodestra. Perché non è stato possibile trovare un accordo con il Pd?
Noi come sa abbiamo consultato i nostri iscritti sulla piattaforma Rousseau, in vista delle elezioni, e la maggioranza ha espresso parere favorevole all'alleanza con i partiti tradizionali per le amministrative. Tuttavia, soprattutto in alcune Regioni, non è stato possibile trovare una convergenza sui temi. Sarebbe stato difficile allearci con chi abbiamo combattuto strenuamente negli ultimi anni, e penso in particolare alla Campania e alla Puglia. Piuttosto sarebbe stato preferibile che appoggiassero gli altri le nostre bravissime Antonella Laricchia e Valeria Ciarambino.
Lei pensa che una sconfitta in Toscana peserebbe su tutta la coalizione di governo? Anche il ministro Speranza ha ricordato che lì il testa a testa è tra Giani e Ceccardi…
Apprezzo di più Roberto Speranza quando si occupa di questioni che riguardano il suo ministero. Siamo in un Paese in cui si vota ogni sei mesi, non è che ogni consultazione elettorale si può trasformare in un test per il governo…
Quale risultato riterreste soddisfacente per voi e per la maggioranza a questa tornata elettorale?
Questi calcoli non mi interessano, il ‘7 a zero' lo lascio dire a Salvini. Sarei molto soddisfatta se ci fosse una buona risposta al referendum costituzionale. Per quanto riguarda le elezioni regionali saranno sicuramente uno spunto di riflessione per il Movimento Cinque Stelle per riorganizzarsi, per capire quale deve essere la sua direzione.
Le chiedo un breve appello agli elettori, perché questa volta è importante recarsi alle urne?
È una riforma che dice finalmente ai politici che non sono intoccabili, e che soprattutto renderà il Paese più veloce, con le leggi approvate celermente, in un Parlamento finalmente in linea con gli standard internazionali.